#InfoTerrorismo: La Jihad in Europa

intervento della Commissione Esteri M5S

Nella prima puntata abbiamo spiegato cos’è e come nasce l’ISIS. Nel secondo video abbiamo illustrato i motivi e le cause della nascita dell’Isis e abbiamo chiuso il nostro intervento parlando del controverso ruolo di un Paese della Nato, accusato di fare affari con il Califfato e di chiudere un occhio sul transito dei terroristi in Europa: la Turchia.

Il ruolo della Turchia
Perché, il ruolo della Turchia, diventa fondamentale nello scenario europeo? Quali rischi corre l’Europa dopo gli attentati di Parigi?
L’obiettivo del primo ministro turco Erdogan è molto chiaro: usare i terroristi dell’Isis come deterrente del popolo curdo, che da decenni rivendica la nascita di un proprio Stato, autonomo e indipendente.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto una testimonianza diretta della diffusione di milizie jihadiste in Turchia. In uno dei quartieri turistici più importanti di Istanbul, Sultanahmet, un kamikaze si è infatti fatto saltare in aria uccidendo decine di persone.
Questa notizia e le ultime tensioni registrate sul territorio turco sono molto importanti. Per due motivi:
1) Il primo perché la Turchia è un membro Nato, l’unico membro che la Nato vanta in Medio oriente.
2) Il secondo perché la Turchia ambisce ad entrare nell’Unione Europea, anche se i negoziati al momento sono sospesi.

Il Jihadismo in Europa
Ma l’importanza di Ankara per quanto riguarda l’ingresso dei terroristi in Europa va pesata insieme ad altre numerose variabili. La diffusione del jihadismo nei Paesi che aderiscono alla comunità europea va letta, prima di tutto, analizzando la natura degli stessi attentatori.
Facciamo alcuni esempi:
Negli attentati di Charlie Hebdo agì una cellula finanziata da al Qaeda i cui componenti erano stati addestrati in Yemen.
Al Bataclan, durante i terribili attacchi di Parigi del 13 novembre, entrò in azione una cellula finanziata dall’Isis.
In entrambi i casi si è trattato di gruppi operativi che si muovevano dietro uno specifico coordinamento di un quartier generale e sui quali è dunque possibile tracciare un identikit e comprendere le cause del loro gesto.

I lupi solitari
Altre volte però siamo venuti a conoscenza di casi singolari, come ad esempio l’uomo che a inizio dicembre compì un attacco a una delle fermate periferiche della metro di Londra gridando “questo e’ per la Siria“. Si trattò di un’azione individuale, mai rivendicata da alcuna organizzazione terroristica. Ebbene in questi ultimi casi è corretto parlare di ” lupi solitari“, ovvero soggetti nati e cresciuti in un Paese europeo e avvicinatisi all’Islam radicale fino a poi a compiere un attacco ricorrendo solo alle proprie risorse e alle proprie energie.

I foreign fighters
Tuttavia, la diffusione del jihad in Europa ha una storia e delle radici specifiche. Ovviamente la guerra in Siria e in Iraq, così come il caos in Libia, hanno contribuito ad alimentare il cosiddetto fenomeno del “jihadismo di ritorno“, vale a dire quando un cittadino, nel nostro caso europeo, parte per unirsi al fronte dei terroristi in Siria e dopo qualche anno fa rientro nel proprio Paese di origine.
Quando siamo di fronte a questa dinamica parliamo invece dei cosiddetti “foreign fighters“. Dati alla mano finora si stima che tra i 3mila ai 4mila cittadini europei siano partiti per andare a combattere in Siria e in Iraq al fianco di organizzazioni terroristiche. Secondo i dati la Francia resta il paese con più partenze: oltre 1.200. La seconda fabbrica di jihadisti è la Gran Bretagna, la terza la Germania. In Italia ne sono stati stimati circa un’ottantina.
Anche il Belgio è un Paese europeo ad alto potenziale jihadista. La prima kamikaze europea fu infatti una convertita belga figlia di un panettiere che si fece saltare in Iraq nel 2005. In Belgio è stato compiuto il primo attacco dell’Isis in Europa avvenuto al museo ebraico di Bruxelles. Nel Paese il link è storico: i salafiti iniziarono ad insediarsi negli anni ’90, dal Belgio poi è passata la rete propagandistica qaedista e gli estremisti marocchini.
Le ragioni? Sono Diverse. Innanzitutto la posizione geografica tra Francia, Germania e Regno Unito. Il Paese si può attraversare in due ore con una semplice utilitaria, fa parte di Schengen e i suoi confini sono aperti.

Jihadismo in Nord Europa
Infine c’è il Nord Europa, ovvero la Scandinavia, un’area di cui abbiamo sentito parlare negli ultimi giorni dopo le chiusure delle frontiere da parte di Svezia e Danimarca, che mostra un alto grado di permeabilità per i terroristi. In particolare per i miliziani somali di al Shabaab, che da mesi mettono in scena prove di Califfato ispirandosi allo Stato islamico e agli integralisti nigeriani di Boko Haram.
Proprio in Svezia, Danimarca e Norvegia, che non fa parte dell’Unione europea ma dello spazio Schengen, hanno vissuto numerose figure di spicco di al Shabaab, in arabo “gioventù”, come il pensatore dei terribili attentati di Naoribi nel 2013, o come Mohamed Geele, arrestato qualche anno fa per aver tentato, armato di un’ascia e di un coltello, di uccidere un vignettista diventato famoso per essere stato il primo a raffigurare in una caricatura satirica il profeta Maometto con una bomba al posto del turbante.

Conclusioni
Questa è in sintesi la mappa del terrorismo di matrice islamica in Europa: la Francia può considerarsi la culla dei foreign fighters e il primo bersaglio dei terroristi, poi la Gran Bretagna, la Germania, ma anche il Belgio e l’Europa del Nord, mentre l’Italia continua a mostrarsi come una passerella utile per i jihadisti, una comoda retrovia per pianificare attacchi.
Nel merito la domanda da porsi è se l’Europa oggi sia in grado di prevenire l’insorgenza e la proliferazione di milizie jihadiste. I fatti di Parigi, purtroppo, dicono tutto il contrario.
Noi del Movimento 5 Stelle, alcune proposte le abbiamo portate avanti. Nel quarto e ultimo video le ribadiremo.” Commissione Esteri M5S

PS: le liste per le comunali non ancora certificate non possono usare il simbolo del M5S e non possono presentarsi come tali, altrimenti saranno formalmente diffidate dal farlo.