Arabia Saudita e Iran: #guerra per il potere

 

di Manlio Di Stefano, portavoce M5S Camera

“La situazione internazionale è peggiorata con la strage di Parigi e il riacutizzarsi della tensione tra Iran e Arabia Saudita per via della decisione di Riad di condannare a morte, insieme ad altre 46 persone accusate di terrorismo, il leader religioso sciita Nimr al-Nimr con la conseguente reazione di Teheran.
Si continua col mantra del “guerra tra sciiti e sunniti” come se fosse un fenomeno indipendente, per carità, è un punto di vista, ma non il mio. Io credo che questa non sia semplicemente un crisi di religione, esattamente come non lo è il terrorismo, credo sia una guerra, per lo più, d’affari.
Iran e Arabia Saudita sono troppo grandi e potenti per convivere e non parlo certo di demografia. Parlo di interessi, di soldi, d’oro nero. I sauditi vogliono intensificare il loro predominio territoriale, avere pieno controllo sui paesi del golfo fino allo Yemen e piazzarsi come unici attori mediorientali d’interscambio economico con l’Occidente e l’Africa, non sono un caso infatti i recenti scambi di favori col Presidente nigeriano Muhammadu Buhari che hanno portato alla strage sciita di Zaria. Per raggiungere questo scopo sono disposti a tutto incluso finanziare direttamente l’ISIS (insieme agli altri paesi del Golfo) e sedare nel sangue qualsiasi idea di rivolta interna al paese (mai forte come oggi). Insomma, un vero stato canaglia i cui interessi vanno bel oltre la religione, la stessa morte dello sceicco Nimr al-Nimr, infatti, si era resa necessaria per via della sua influenza sulla minoranza sciita nella provincia del Qatif, affacciata sul Golfo Persico, ricca di riserve petrolifere (500 mila barili al giorno dal 2004) e vicina al Bahrein.

VIDEO Il carico di morte e bombe da Cagliari verso l’Arabia Saudita

L’Iran, dal canto suo, rivendica il suo ruolo sull’area e la storica difesa della minoranza sciita, vede il Bahrain come terra di conflitto coi sauditi e si è visto, negli ultimi 15 anni, sempre più isolato per via delle sanzioni economiche internazionali.
Distanti ma sempre presenti USA-UE, Russia, Turchia e Israele giocano la loro parte ognuno coi suoi interessi specifici.
Gli USA hanno tutto l’interesse a spingere i confini della NATO sempre più verso la Russia, non a caso questo viene visto da Putin come il problema principale del momento e, soprattutto, non vogliono mollare l’osso da una zona storicamente sotto il loro controllo militare.
La Russia, dopo aver perso l’appoggio logistico libico e con gli enormi problemi in Crimea, ha in Siria l’ultima base disponibile sul mediterraneo, quella di Tartus e nell’Iran l’unico alleato possibile in termini energetici.
La Turchia non vuole perdere la sua influenza sull’Europa come mediatore tra Occidente e Oriente e non vuole essere scalzata come paese di transito di gran parte dei gasdotti che giungono nel vecchio continente.
Israele ha tutto l’interesse a circondarsi di paesi amici degli Stati Uniti, e quindi suoi, o deboli e frammentati. Non a caso la sua influenza economica o di intelligence è accostata a tutti gli scenari più complicati del Medio Oriente.
L’Unione Europea, dal canto suo, fa il suo solito vecchio sporco gioco, con una mano condanna le violazioni dei diritti umani e con l’altra vende armi a tutti i paesi in crisi (nell’ultimo quinquennio solo l’Italia ha venduto un miliardo e 200 milioni di euro di armi all’Arabia Saudita) e consente, addirittura, l’elezione del saudita Faisal bin Hassan Trad a capo del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, nonostante nel suo paese si applichino la Sharia, la pena di morte e la lapidazione.
Insomma, alla secolare ostilità tra i due blocchi islamici si somma oggi la smania di potere e denaro che non conosce geografia, etica, fede e nemmeno pietà.
Non a caso infatti gli Stati Uniti d’America, storici alleati dei sauditi, hanno esteso il dialogo all’Iran con lo sblocco del programma nucleare, dando parecchio fastidio anche ad Israele, e non a caso la Russia ha alzato la voce rivendicando il suo ruolo anti terrorismo e in aiuto a Bashar al-Assad.
Ma quello che preoccupa più di tutto, in questo immenso caos, è che il solo che ne sta giovando si chiama terrorismo, ieri Al-Qaeda oggi ISIS, domani chissà.
Un terrorismo strumentale al sistema, alimentato dal sistema e per questo pericolosissimo.
Che fare allora? La risposta è molteplice, occorre fermare subito ogni forma di collaborazione economica e persino istituzionale coi paesi che giocano sulle nostre vite, premere diplomaticamente e a livello sanzionatorio affinché cambino rotta, ridiscutere le condizioni della nostra partecipazione alla NATO, non vendere più armi e interrompere gradualmente l’importazione di energia estera riconvertendo la produzione interna a fonti alternative per una vera indipendenza energetica.” Manlio Di Stefano, portavoce M5S Camera