Libertà è partecipazione, l’intervista di Casaleggio a La Stampa

di Massimo Russo per La Stampa

“Il nuovo simbolo, con la scomparsa del nome di Beppe Grillo, «è un pit-stop. Noi abbiamo fatto il cambio gomme, gli altri resteranno presto senza benzina». Quel che sta accadendo con il terrorismo è il «ritorno degli imperi centrali. Abbiamo preteso di tracciare i confini con il righello e ora la storia ci presenta il conto». In Vaticano «è in corso la notte dei lunghi coltelli». Tra cinque anni si vede a «trascorrere più tempo in famiglia e a curare un bosco abbandonato». Si dice soddisfatto del sistema di scelta dei candidati alle amministrative, e alla richiesta di un pronostico risponde «miglioreremo ovunque il risultato». Il capo futuro del Movimento? Né Di Maio né Di Battista, perché «il leader del Movimento Cinque Stelle è il M5S stesso». Gianroberto Casaleggio è più Casaleggio che mai. Cita Gaber, alla domanda come sta? risponde con decisione «Bene», conferma la sua fede nella rete. Se Grillo sceglie di fare un passo indietro dalla prima linea mediatica del Movimento, lui ne fa uno avanti, confermando di essere il regista della vita della formazione politica. Se fossimo al tavolo del casinò (situazione che non gradirebbe), sarebbe il banco. Un banco che dà le carte con le lunghe pause che conosciamo, ma dirige il gioco, e vuol controllare anche la punteggiatura. Tanto che il nostro colloquio – giunto come sempre al termine di lunghe trattative e avvenuto in parte al telefono, in parte per iscritto – inizia con lui che fa le domande all’intervistatore: «Che gliene pare del nuovo logo?».

È normale che se un movimento vuole pensare al lungo periodo si affranchi dal fondatore, no?
«Sì, altrimenti si rischia di non sopravvivere. Guardi cosa è successo a Berlusconi».

Perché questa mossa adesso?
«Sarebbe potuta capitare fra tre mesi. Era nelle cose. Abbiamo fatto un pit-stop per il cambio gomme, mentre gli altri presto rimarranno senza benzina».

Come funziona operativamente il lavoro con Beppe Grillo?
«Ci sentiamo spesso e ci vediamo qualche volta durante il mese, a Milano o a Genova. Non c’è un metodo, se non quello di condividere le idee e quando necessario prendere delle decisioni».

Una volta Bruce Sterling paragonò Beppe Grillo a Garibaldi e lei a Mazzini. Poi aggiunse che il problema del M5S era di non avere un Cavour in parlamento o pronto a governare. Potrebbero essere Luigi Di Maio o Alessandro Di Battista?
«Sterling faceva riferimento a un’altra epoca storica, i suoi accostamenti possono essere interessanti, ma nel M5S non esistono né Garibaldi, né Mazzini, né tantomeno un Cavour. Il leader del M5S è il M5S stesso, non sono importanti i nomi, ma i programmi e la partecipazione. Non è una partita di tennis o di calcio in cui si vince o si perde. Come cantava Gaber Libertà è partecipazione. Il nostro obiettivo è la partecipazione diretta dei cittadini alla cosa pubblica, la democrazia diretta senza leader».

In primavera si vota in alcune città chiave, tra le quali Milano, Roma, Torino, Napoli, Bologna. Dove avete la possibilità di vincere?
«Il mio pronostico è che miglioreremo ovunque il risultato delle precedenti elezioni comunali. Cercheremo di arrivare comunque al ballottaggio e vincere. Sono già state fatte ottime scelte come Chiara Appendino a Torino, Patrizia Bedori a Milano e Massimo Bugani a Bologna. In futuro verrà votato online il candidato sindaco di Roma. Nel 2016 andranno al voto 1283 comuni grandi e piccoli, il Movimento 5 Stelle cercherà di essere presente in ogni comune con una lista».

Appendino è una scelta eccentrica rispetto ad altri vostri profili, no?
«Il Movimento non è fatto solo di persone alternative, è un mito da sfatare. Appendino ha un’estrazione che un tempo si sarebbe detta borghese, ha studiato in Bocconi, ha mostrato di sapere lavorare in azienda. Farà bene».

Pensa ancora che la Rete sia uno strumento efficace per selezionare i candidati?
«Certo, non ho mai cambiato idea. Penso alla Rete come a un’intelligenza collettiva. Oggi sono iscritte al Movimento 5 Stelle circa 130mila persone, in continua crescita. Finora ci sono stati percentualmente pochi casi di candidati, sui 1600 eletti nelle istituzioni, rivelatisi inadatti in seguito alle votazioni on line».

E per decidere le priorità dell’agenda politica?
«Vale lo stesso discorso fatto per i candidati, se possibile rafforzato. I cittadini devono scegliere priorità e metodi di intervento. Non possono essere calati dall’alto dal politico di turno».

Che fine ha fatto Rousseau, il sistema operativo digitale per la gestione del movimento?
«È in ritardo, lo so, ma in arrivo».

Dove si vede tra cinque anni? Ancora alla testa del Movimento (anche se lei preferisce definirsi garante), oppure a dedicare il suo tempo ad altro?
«I miei interessi principali sono la Rete e i cambiamenti che può portare nella realtà quotidiana. Tra cinque anni, come ora, mi occuperò di questo, anche in termini professionali come consulente per le organizzazioni. Passerò più tempo con la mia famiglia e i miei amici. Potrò anche curare un piccolo bosco abbandonato che ho comprato negli anni in Canavese».

Supponiamo le concedano un superpotere per risolvere il problema più urgente di questo Paese. Che farebbe?
«Darei agli italiani la consapevolezza di essere cittadini e di decidere in prima persona della loro vita senza delegare ad altri».

Come si affronta il terrorismo?
«Come abbiamo detto in parlamento. Più spesa per l’intelligence, no agli affari con i paesi collusi come l’Arabia Saudita, no alla possibilità per l’Isis di continuare a vendere il petrolio, con un ricavo annuo di 500 milioni».

Allargando la visuale, secondo lei cosa sta accadendo?
«È il ritorno degli imperi centrali: allora la Germania, oggi l’Europa; l’impero Ottomano, la Russia. Cambiano le alleanze ma il punto vero è che in Medio Oriente abbiamo tracciato i confini con il righello. E ora la storia ci presenta il conto».

Il tema delle migrazioni è un’emergenza globale. Come lo affronterebbe?
«Le migrazioni sono un effetto. Bisogna eliminare le cause. Quindi le guerre, la spoliazione delle materie prime e dello stesso territorio dei Paesi da cui arrivano, bloccare la vendita di armi e incentivare gli investimenti nei Paesi coinvolti. Per i migranti vanno poi accelerate le procedure di riconoscimento, che superano spesso i due anni. Ci dovrebbe essere il riconoscimento dell’asilo entro i 30 giorni dalla presentazione della domanda, con una decisione nei successivi tre giorni su chi è profugo e chi è clandestino, e inoltre bisognerebbe eliminare il regolamento di Dublino che impone al profugo di rimanere nel Paese di prima accoglienza. Ciò gli impedisce di muoversi liberamente nell’area Ue, con il risultato che la maggior parte dei migranti arriva e rimane in Italia e in Grecia».

Nel periodo peggiore della crisi economica lei affermò: «Parliamo sempre di spread e mai di valori, i soli che ci potrebbero aiutare a superarla». Forse la crisi la stiamo archiviando. E i valori?
«La crisi non è per nulla archiviata, bisognerebbe chiederlo alle persone che hanno perso il lavoro, che non riescono più a pagare il mutuo o che per curarsi devono rivolgersi alla sanità privata con costi insostenibili dopo i tagli del governo. Alcuni dati: il tasso di disoccupazione italiano è dell’11,8%, il doppio dell’area Ocse a 6,7%; le famiglie italiane hanno sempre più difficoltà con il pagamento delle spese che riguardano le utenze domestiche, i mutui e gli affitti. Si tratta di ben tre milioni di italiani, vale a dire l’11,7% della popolazione; il rapporto Censis segnala che il 41,7% delle famiglie ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria per i costi troppo salati e le liste d’attesa troppo lunghe. Questo governo ha tagliato la sanità più di qualunque altro. Solo un anno fa il fondo sanitario nazionale era a quota 112 miliardi ed era previsto per il 2016 a 115,4 miliardi di euro. Nel corso del 2015 il Fondo è stato abbassato a 109,7 miliardi di euro e la previsione per il 2016, di conseguenza, a 113,1 miliardi; nella legge di Stabilità 2016 in esame al Senato, il governo ha rincarato la dose. Altri due miliardi di tagli al Fondo sanitario nazionale, che nel 2016 scenderà quindi a 111 miliardi. Quanto ai valori, la solidarietà, la conservazione dell’ambiente, il superamento del totem del denaro e dell’arricchimento a qualunque costo purtroppo non sono presi ancora in considerazione dalla politica».

Il presidente dell’Inps Tito Boeri ha fatto di recente una proposta molto simile al vostro reddito di cittadinanza. Che ne pensa?
«Lo considero l’ennesimo depistaggio al ribasso, come quello di Michele Emiliano, il governatore della Puglia. Il M5S ha presentato una proposta di legge sul reddito di cittadinanza che nessun apparato del sistema vuole, dal governo, ai partiti, ai sindacati. Il reddito di cittadinanza ci è stato chiesto dalla Ue da molti anni, in Europa non è presente solo in Italia e in Grecia, consente una vita dignitosa a chi è privo di reddito in attesa di trovare un’occupazione. Non è, come vorrebbe la propaganda governativa, assistenzialismo, ma un aiuto temporaneo a chi è in difficoltà, e si perde se si rifiutano tre proposte di attività. La copertura di circa 15 miliardi per un assegno mensile di 780 euro in assenza di altri redditi, è stata trovata (e certificata) dal M5S con il taglio degli sprechi ed è documentata».

Uno dei pensatori che cita spesso è David Graeber, l’ispiratore del movimento Occupy Wall Street. Ora sostiene che il cancro peggiore della nostra società è la burocrazia. Concorda?
«La burocrazia in sé non è buona o cattiva. Il problema è l’eccesso di burocrazia. La burocrazia inutile va eliminata. È un esercizio difficile perchè la burocrazia si nutre di se stessa e i burocrati non vogliono perdere i loro privilegi. Si moltiplicano uno con l’altro come le amebe. Il problema fondamentale non è la burocrazia, ma la mancanza di onestà, che nel tempo ha corroso e corrotto la nostra società».

È stato ad Expo?
«No. È un’iniziativa che poteva andare bene all’inizio del secolo scorso. Oggi per accedere all’informazione c’è la Rete. E poi lo slogan “Nutrire il Pianeta” cementificando un milione di metri quadri di terreno agricolo mi sembra una contraddizione. Vogliamo dare il cemento al posto del pane a qualche decina di milioni di affamati? Consiglio a chi voglia farsi un’idea di Expo al netto della propaganda il libro di Gianni Barbacetto: Excelsior, il gran ballo dell’Expo».

Il premier Renzi dice che il ponte sullo Stretto si farà. Che ne pensa?
«Che non è una priorità e nemmeno una necessità. La Sicilia è senz’acqua e ha enormi problemi infrastrutturali. Il ponte può aspettare, anche per i suoi costi che ammonterebbero a 8,5 miliardi di euro».

Lei una volta mi disse che non guardava mai la tv, perché il concetto di palinsesto lineare era finito. Ma che se ci fosse stato Netflix ci avrebbe ripensato e forse l’avrebbe riaccesa. Ora Netflix è arrivato. Che fa?
«Guarderò Netflix come le avevo anticipato, ma è solo l’inizio. È in atto una rivoluzione che riguarda quella che abbiamo chiamato finora televisione e che più propriamente dovrebbe essere definita “main screen” che si integrerà con il cosiddetto “second screen”, quindi con un qualunque dispositivo mobile come uno smartphone, collegato a Internet, che disponga di applicazioni per interagire sia con il programma televisivo che con i social media degli utenti collegati. Finalmente è la fusione della vecchia tv con la Rete, e siamo solo all’inizio».

Che idea si è fatto dello scandalo Vatileaks?
«In Vaticano è in atto una notte dei lunghi coltelli».