Il ciclone Cina sulle PMI italiane

C’è un ciclone che sta per abbattersi sull’economia italiana ed europea. Se venisse riconosciuto lo status di economia di mercato alla Cina, si farà tabula rasa delle piccole e medie imprese italiane ed europee. Acciaio, legno, ceramica, alluminio, carta, vetro, componenti per auto, chimica, tecnologie ambientali: sono alcuni dei settori che verranno travolti dall’invasione cinese.

Una sfida impari
Le aziende europee devono rispettare rigidissimi protocolli, ma al contempo gareggiare nel mercato globale con l’economia cinese dopata grazie a sovvenzioni pubbliche, costi dell’energia bassissimi, sfruttamento della manodopera, anche quella minorile. Questo antagonismo è stato riequilibrato in alcuni settori produttivi grazie ai dazi antidumping, una sorta di compensazione del prezzo finale del bene a fronte di una evidente concorrenza sleale. Se la Cina sarà riconosciuta come economia di mercato, cadranno automaticamente tutti questi dazi antidumping. Sarà la fine per le piccole e medie imprese europee.

VIDEO Come la Cina ammazzerà l’economia italiana

L’incontro a porte chiuse
Oggi a Bruxelles si terrà un summit fondamentale fra i Ministri del Commercio degli Stati europei in cui si discuterà proprio della concessione del MES (Market Economy Status) alla Cina. Il MoVimento 5 Stelle chiede al governo italiano di esprimersi, di far sapere all’opinione pubblica e a tutte le imprese italiane da che parte sta. Bisogna arrivare all’incontro con una presa di posizione chiara e pubblica.

Solo le lobby a favore del riconoscimento della Cina
Alla Commissione europea che deve prendere la decisione va dato un chiaro indirizzo politico. Al Parlamento europeo c’è una maggioranza contraria a questo riconoscimento, ma il Commissario al Commercio Cecilia Malmström ha già pronto il piano B: sì alla Cina ma con qualche strumento di difesa (TDI). Gli strumenti di difesa commerciale sono l’unico mezzo di cui le imprese dispongono per fronteggiare pratiche commerciali sleali a livello internazionale, peccato però che su questo tema da anni il Consiglio europeo è spaccato e non raggiunge un accordo.

Il governo italiano teme la Cina
L’Europa rischia di calare le braghe perché nessuno ha il coraggio di ribellarsi alla Cina che detiene una parte consistente del debito pubblico degli Stati membri. Il presidente della Commissione europea Juncker vuole liquidità per finanziare il suo piano Efsi ed evitare il fiasco totale. Il governo italiano ha paura delle ritorsioni della Cina che ha investito negli ultimi anni miliardi di euro in Telecom, Fiat-Chrysler, Eni, Enel, Prysmian, Cdp Reti, Ansaldo Energia, ma anche Gruppo Ferretti, Fiorucci, Miss Sixty, Cerruti e Benelli. Hanno tutti paura della Cina e per questo stanno svendendo l’industria europea.

Perderemo 3 milioni di posti di lavoro
C’è chi ha fatto i calcoli di questo tracollo. Un autorevole studio dell’Economic Policy Institute (Epi) presentato da Aegis Europe (che raggruppa 30 associazioni industriali europee operanti nel settore manifatturiero) ha dimostrato che l’economia europea potrebbe perdere il 2% del PIL e 2,7 milioni di posti di lavoro, 700 mila solo in Italia.
Oggi c’è questa importante riunione a Bruxelles a porte chiuse. Il governo italiano dica se intende celebrare il funerale dell’impresa italiana o no!” M5S Europa