L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente

Il rallentamento cinese non può che preoccupare l’Eurozona che per ora non sembra essere corsa ai ripari per evitare un nuovo 2008 in cui però gli Stati non saranno più in grado di soccorrere le banche.

Minore crescita globale

Se la crescita in doppia cifra della Cina ha sostenuto quella mondiale, è legittimo attendersi che il rallentamento economico in atto si propaghi all’economia globale considerando ad esempio che la Cina consuma ogni anno il 10% del petrolio mondiale e più di metà del rame e del ferro.

Apprezzamento dell’Euro

E’ già in corso un apprezzamento dell’Euro che ha infatti ricoperto circa metà della svalutazione registrata da giugno dello scorso anno contro il dollaro. Questo non puo’ essere di aiuto all’economia europea anche perche’ nel caso specifico la Cina da sola assorbe il 3% dell’export italiano ed il 6% di quello tedesco.

VIDEO Il crollo della Cina

Deflazione

Il calo della domanda cinese porterà con sè le sue conseguenze deflazionistiche anche in Europa. Ciò non sarà di aiuto alla sostenibilità degli alti debiti pubblici europei e spingerà probabilmente Draghi ad aumentare la potenza di fuoco del suo QE nel 2016.

Instabilità sul mercati dei capitali

Più di metà dell’export cinese si spiega con il grande afflusso di investimenti esteri registrato dalla Cina negli ultimi anni. Lo yuan agganciato al dollaro e le forti riserve di valuta estera hanno garantito la convertibilità ed attratto capitali dall’estero che hanno finanziato l’industria dell’export. Il rinnovato rischio di cambio sta portando un deflusso di investimenti (200 miliardi di dollari hanno lasciato la Cina durante l’estate). Ciò potrebbe richiedere l’introduzione di controlli sui capitali per tutelare gli FDI in Cina rischiando pero’ un apprezzamento del cambio che renderebbe vano il rinnovato tentativo di sostegno alla crescita via export.

Cina: lezione per l’Eurozona e per la Germania

La scelta del governo cinese degli ultimi anni di pompare credito, spingere il mercato azionario e sostenere il PIL rispondeva ad una esigenza di allentare la crescita cinese dalla dipendenza dall’export attraverso un sostegno alla domanda interna. Ma le capitolazione estiva ha dimostrato quanto la Germania gia’ sapeva, ossia quanto difficile sia ottenere il passaggio da una economia mercantilista orientata all’export ad una economia sostenuta dalla domanda interna (ed infatti la Germania neanche ci pensa a sostenere la domanda interna via aumenti salariali rimanendo ancorata al suo modello mercantilista di crescita via export).
La crisi estiva cinese offre dunque molte similitudini con la situazione creatasi nell’Eurozona, essendo frutto di un eccesso di risparmio generato dall’export (vedi surplus in Germania), di una bassa domanda interna (vedi deflazione e recessione nella periferia dell’Eurozona) e di una bolla immobiliare destinata a scoppiare (vedi Spagna ed Irlanda). Russia, Svizzera, Cina hanno tutte gestito nel 2015 i loro squilibri economici attraverso la leva del cambio. Si possono discutere gli aspetti macro che hanno creato tali squilibri ma resta il fatto che la sovranità monetaria sia uno strumento di politica economica imprescindibile e di cui l’Italia si è privata con l’adozione dell’Euro.

VIDEO La Cina sta con la Russia

La Germania resta il paese vincitore in questa guerra valutaria perché può fare a meno della leva del cambio operando con una moneta molto più debole della sua economia. Non ha dunque bisogno di svalutare come è successo per la Cina perchè già opera con un Euro debole rispetto ai suoi fondamentali economici e non è al contempo obbligata a rivalutare come è successo per la Svizzera ad inizio anno.

La moneta deve essere endogena

Oltre all’importanza della sovranità monetaria la Cina conferma un’altra lezione: in un’economia sana la moneta deve essere endogena. Cio’ vuol dire che la quantità di moneta ottimale per una crescita economica sana e sostenibile non può essere decisa da un “deus ex machina“, sia esso Draghi o le banche commerciali che allargano o restingono a loro piacimento i cordoni del credito, ma dipende dalla domanda di moneta e dalla fiducia dei consumatori stessi sul loro reddito futuro. Invece pompare denaro via espansione del credito bancario e drogare i consumi ed il mercato immobiliare dopo aver ancorato il tasso di cambio rimane storicamente il modo migliore per soggiogare i popoli appropriandosi via debito privato della loro crescita futura, ipotecando il reddito delle generazioni a venire per pagare ai banchieri gli interessi sul debito presente. C’e’ chi la chiama a ragione “creditocrazia“. E’ stato così in America latina dopo l’ancoraggio al dollaro delle varie monete. E’ stato così in Grecia e nella periferia d’Europa i cui consumi sono stati alimentati a dismisura dal facile accesso al risparmio tedesco garantito dall’Euro. Sta succedendo in Cina dopo l’ancoraggio della sua moneta al dollaro.

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