Il massacro dei curdi e il silenzio dell’Europa

“Reparti militari turchi nei giorni scorsi sono entrati nel nord dell’Iraq per un’operazione contro i guerriglieri del Partito dei lavoratori curdi (Pkk). Un intervento di terra, una “incursione di breve durata” l’ha definita il governo di Ankara, per “cancellare” una volta per tutte i “ribelli”. Ci lasciano credere che la decisione di intervenire Erdogan l’abbia presa in seguito all’agguato di Igdir, compiuto martedì scorso da un commando del Pkk e costato la vita a 13 agenti della polizia locale. Ma la verità è che da diversi mesi l’esercito turco ha avviato un assedio contro l’unica forza che si è mostrata capace di arginare realmente l’avanzata dell’Isis.
E l’Europa resta in silenzio, chiusa in un guscio di ipocrisia e opportunismo. I moti di “resistenza popolare” del marzo scorso, quando diversi Stati membri inclusa l’Italia diedero il via libera all’invio di armi ai peshmerga, si sono spenti. Anche il governo tace, né una parola dal ministro Gentiloni, mentre l’aviazione turca continua a colpire ribelli e civili, indiscriminatamente. Non è una banale vergogna, bensì il doppio volto dell’Occidente, pronto a strapparsi le vesti di fronte il corpo esanime del piccolo Aylan, ma attento a tacere quando in gioco ci sono i propri interessi, o quelli dei propri alleati.

La Turchia è infatti il solo membro che la Nato vanta in Medio Oriente, una posizione strategica (ad est confinacon l’Armenia, l’Azerbaigian e l’Iran, a sud-est con l’Iraq e a sud con la Siria), che gli Usa non possono cedere e che l’Ue sente il dovere di custodire. Non importa se sul tavolo dello scambio ad essere sacrificati siano i diritti fondamentali di un popolo che, legittimamente, da decenni rivendica la propria indipendenza e autonomia.
Ecco perché il silenzio dell’Ue, anche di fronte alle intenzioni di Erdogan di voler cambiare la Costituzione per attribuirsi maggiori poteri, anche di fronte a una città, Cizre, oggi allo stremo: in blackout da più di una settimana, senza rifornimenti d’acqua e di cibo. E intanto l’Isis avanza, conquista, minaccia il nostro Paese, ma soprattutto la sopravvivenza della democrazia.
Non può essere un caso che il peggioramento delle relazioni tra le autorità turche e la minoranza curda si sia verificato dopo le elezioni dello scorso giugno, in cui il partito del presidente turco Erdogan ha perso per la prima volta in 13 anni la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento e in cui ad aver guadagnato spazio siano stati, sempre per la prima volta, alcuni deputati dell’HDP, il Partito Democratico dei Popoli, esplicitamente filo-curdo. Questo è il primo fronte di Ankara, quello interno. Poi ce ne sono altri due: il premier turco vuole eliminare definitivamente il regime di Assad (già in passato minacciò l’attuazione dell’articolo 5 del Patto Atlantico, che prevede la difesa comune nel caso di attacco contro uno dei Paesi membri della Nato), e al contempo prevenire la nascita del Rojava (il nascente Stato curdo) nel nord-est, la cui leadership è schierata al fianco del Pkk.

Infine c’è un terzo fattore, economico e determinante: il petrolio. Secondo alcuni il greggio prodotto dal Califfato starebbe arrivando in Turchia a prezzi stracciati. Non male in un momento in cui l’economia turca passa i suoi giorni peggiori, con la Lira a picco, i conti pubblici in bilico e il rischio di una maxi-bolla immobiliare. Il M5S ha presentato diversi atti parlamentari che chiedono il riconoscimento dello Stato curdo. Già ad agosto di un anno fa con una risoluzione a prima firma Carlo Sibilia e un’altra a prima firma Emanuele Scagliusi eravamo stati chiari: ai curdi non servivano fucili né kalashnikov, ma elmetti e diritti per uno stato indipendente. Invece qualcuno in Europa e nel nostro governo ha ben pensato di trattarli come carne da macello, giocando a fare gli imperatori del mondo, sulla scia degli errori commessi in Afghanistan, Iraq e Libia. Il popolo curdo è un popolo di resistenza, che merita il nostro supporto e che l’Ue ha abbandonato in forza dei propri interessi strategici. Non piangetevi addosso, cari signori, perché non saranno le lacrime versate sulla foto del piccolo Aylan a salvare le vostre coscienze”.
M5s Camera