Le strane mosse del governo sulla Banda Ultralarga

intervento di Andrea Cioffi, M5S Senato

“La situazione delle infrastrutture di telecomunicazione in Italia è critica. Siamo la penultima nazione europea per copertura a banda ultralarga, come emerge dai dati della Commissione Europea.
Il 6 agosto il “putto fiorentino“, da buon democristiano sbriga gli impicci quando l’attenzione è bassa, che fa? Fa sbloccare dal Cipe i primi 2,2 miliardi del piano per la banda ultralarga. Proprio nel giorno del primo incontro con Vincent Bolloré, il nuovo azionista di riferimento di Telecom Italia, per avviare la realizzazione della nuova rete in fibra nelle aree a fallimento di mercato (mezzogiorno). All’incontro era presente anche Andrea Guerra (consigliere del Presidente del Consiglio anche sul dossier banda ultralarga).
Lo schema è quindi quello che denunciamo da tempo: favorire indirettamente l’ex monopolista Telecom Italia. Questo è lo strano europeismo a intermittenza del Governo. Non si possono aiutare i comuni, le piccole aziende travolte dalla crisi, non si possono favorire le compagnie di trasporto locale ma si può fare un bel regalo agli azionisti di Telecom Italia! Alla faccia del rispetto della libera concorrenza.
A giugno doveva andare in Consiglio dei Ministri il decreto legge “Comunicazioni” (una legge no, eh?… non ce la fanno proprio a seguire la strada maestra) che riprendeva molti dei nostri temi sul tema della banda ultralarga ma all’ultimo momento è tutto saltato. Da allora niente si è mosso. Nella bozza di decreto erano presenti due punti qualificanti:
a) simmetria tra download e upload con velocità superiore ai 100 Mbps;
b) i finanziamenti per la costruzione concessi ad operatori non verticalmente integrati (dividendo la proprietà dell’infrastruttura da chi offre i servizi sul mercato).
Questi due aspetti spingono verso il superamento della rete in rame (100 Mbps simmetrici) e verso la costituzione di un soggetto che fa la rete ma non offre i servizi (non verticalmente integrato).
Sul modello da adottare [Fiber to the cabinet (FTTC) oppure Fiber to the home (FTTH)] si è recentemente espressa la UE che in merito al caso tedesco di Deutsche Telekom ha ribadito che il vectoring (ovvero il sistema FTTC che ha sviluppato anche Telecom Italia) è limitativo della concorrenza (ultimo tratto in rame) e non può essere oggetto di finanziamenti pubblici. La fibra deve essere portata fino a casa degli utenti!
Anche l’Antitrust ha recentemente ribadito che il controllo, da parte di un operatore verticalmente integrato, dell’infrastruttura di rete fissa è limitativo della concorrenza. Basta ricordare la multa di 103 milioni di euro fatta a Telecom Italia per abuso di posizione dominante.
Il “putto fiorentino” nel 2012 dichiarava (programma primarie PD): “Realizzazione di un Next Generation Network (NGN) messo a disposizione di tutti gli operatori di telecomunicazioni a parità di condizioni tecniche ed economiche e di proprietà di un soggetto esclusivamente pubblico senza fine di lucro e non scalabile promosso da Cassa Depositi e Prestiti“.
Oggi il Governo tentenna e non sceglie: infrastruttura pubblica o privata? Nella proposta governativa si citano tre modelli ma quello che più ci convince, per tutelare davvero gli utenti e superare finalmente il paradosso di Telecom Italia (quando abbiamo dato a un privato la rete in rame), è quello di una infrastruttura per la fibra ottica di proprietà pubblica (modello A del decreto). Il modello B (pubblico-privato) potrebbe andar bene solo se la maggioranza sia pubblica. Il modello C è quello più deleterio in quanto gran parte delle risorse sono pubbliche ma l’opera resta di proprietà privata.
Per superare l’arretratezza infrastrutturale italiana lo Stato utilizza Infratel (società pubblica) per fare delle gare e individuare gli operatori che realizzano pezzi di infrastruttura secondo il modello C suddetto. In totale con il modello C lo Stato ci mette il 64% ed il privato il 33%. Ebbene succede che a vincere sia praticamente sempre Telecom italia: avviene in Calabria, in Campania, in Puglia, in Sicilia, nel Lazio, in Basilicata, nel Molise. Verrebbe quasi da chiedersi: ma come li scrivono i bandi di gara? Cosa ne pensano l’Autorità per la concorrenza e l’ANAC? Nelle zone dove viene attuato il modello A, Infratel interviene direttamente. Ad oggi 92 milioni spesi per fare una rete pubblica (mod A) e 390 dati a Telecom Italia per fare una rete privata (mod C).
Insomma da giugno niente si è mosso se non lo sblocco dei fondi che potrebbero portare alla situazione irreversibile di una Telecom Italia che possiede gran parte della rete e non sarebbe più ipotizzabile una infrastruttura pubblica. La finta inerzia del Governo produrrà un vantaggio ad una società privata oltretutto quotata in borsa.
Recentemente è sono stati cambiati i vertici di uno dei player cioè Cassa Depositi e Prestiti. Intorno a Metroweb (controllata da CdP) si dovrebbe costruire la società pubblica della rete. L’ex presidente della Cassa stava lavorando intorno a questo e si era opposta ad entrare nel capitale di Telecom. Forse quella posizione era scomoda? Per questo Claudio Costamagna è il nuovo presidente? Quel Costamagna ex banchiere Goldman Sachs, componente del CdA di Luxottica all’epoca in cui era AD Andrea Guerra (ora consigliere del Presidente del Consiglio sul dossier banda ultralarga) e attuale presidente di Salini-Impregilo. Cos’ha Costamagna che non aveva Bassanini (il cui mandato scadeva tra un anno)? Serve per “aumentare la flessibilità della CDP”? Aumentare la flessibilità per usare i risparmi postali ad uso dei desiderata di un governo incapace? Serve per entrare nel capitale di Telecom Italia?
Il Governo non ha la forza di combattere i lobbisti, gli oligopoli, lo strapotere dell’ex monopolista? Oppure non ha la reale volontà di fare l’ultima grande opera realmente utile per questo paese!” Andrea Cioffi, M5S Senato