CARA di Mineo: un caso di Stato

Dentro il CARA di Mineo oggi sono ospitati (detenuti?) circa 4.000 richiedenti asilo. Ognuno di loro frutta al centro 36 euro quotidiani, per un totale di circa 140.000 euro al giorno, quindi più di 40 milioni ogni anno. Una rendita sicura garantita da una gestione opaca su cui nessuno mette bocca. A parte Buzzi che ha dichiarato “se comincio a parlare del CARA di Mineo cade il Governo”.

intervento di Ignazio Corrao, portavoce M5S in Europa

Lo ha definito così, “Caso di Stato“, il procuratore di Caltagirone Giuseppe Verzera, lo stesso pm che sta indagando sul sistema di truffe, parentopoli, turbative d’asta e corruzione che gira intorno al più grande centro per richiedenti asilo d’Europa. Si, perché quello di Mineo, piccolo comune della provincia di Catania, è il più grande centro d’accoglienza in Europa. Anche se questo centro in realtà è molto altro, molto di più. Infatti è anche e soprattutto una grandissima occasione per “certa politica” per fare soldi e controllare consenso.

VIDEO Il procuratore Verzera: gli affari sugli sbarchi sono un caso di Stato

Quella stessa politica che volutamente considera la parola emergenza sinonimo della parola affare, e che affare!

L’affare del CARA di Mineo

Il CARA di Mineo è nato in fretta e furia e nel generale silenzio (ancora è difficile trovare i decreti autorizzativi) il 18 marzo del 2011 quando nel corso della Primavera Araba venne dichiarato lo stato d’emergenza dal governo Berlusconi.
In quella area della piana di Catania, in una distesa infinita di agrumeti, sorgeva una serie di appartamenti a schiera costruiti quattordici anni prima dalla Pizzarotti e Co. di Parma per i militari statunitensi di base nella vicina Sigonella. Un perfetto villaggio all’americana con strade ordinate e campi da basket e da baseball.
Accade però che nel 2010 i militari americani decidono di lasciare le villette di Mineo per spostarsi in un nuovo villaggio adiacente alla base di Sigonella, annullando così il ricco affitto delle villette alla Pizzarotti. Cosa si decide di fare allora con il residence degli aranci? Farà la fine dello smilitarizzato centro gemello di Comiso? No. Ci pensa il Ministero dell’interno a salvare la Pizzarotti con un apprezzato indennizzo da sei milioni di euro all’anno, creando di fatto il centro per richiedenti asilo più grande d’Europa, in quel villaggio americano che a pieno regime ospitava circa 1600 marines (meno della metà dei circa 4000 richiedenti asilo che oggi popolano il CARA).

L’immigrazione business srl

Con la Sicilia terra di confine e di sbarchi Mineo diventava quindi il luogo ideale dove mettere in mostra la solidarietà italiana più volte sbandierata dal ministro Angelino Alfano e dal Governo in generale. Oppure, a seconda dei punti di vista, l’emergenza immigrazione diveniva una grande occasione per attivare ancora la già oleata solidarietà politica o solidarietà verso la costituenda “immigrazione business srl“, una potentissima e spietata società d’affari che coinvolge in via trasversale esponenti del partito unico e le cooperative dei diversi colori. Lo stesso Salvatore Buzzi, ras delle cooperative romane implicato nello scandalo “mafia capitale“, incalzato dai pm è arrivato a dichiarare che “se comincio a parlare del CARA di Mineo cade il Governo” chiedendo ai giudici Prestipino e Cascini di staccare il registratore se volevano sapere come funzionasse il meccanismo di gestione del grande centro di Mineo. Rafforzando così la teoria portata avanti dagli inquirenti per cui il centro del catanese rappresenta l’emblema di questo perverso sistema di corruzione.

La situazione odierna del CARA di Mineo

Nel centro vivono oggi circa 4.000 migranti in attesa di protezione internazionale. Ma anche e principalmente in attesa di una risposta da parte dello Stato Italiano, perché dato che sono dei “richiedenti” dovrebbero stare lì per un piccolo periodo di tempo, quello necessario ad esaminare ed evadere la richiesta di protezione internazionale. Invece la prima cosa che noti quando vai Mineo e parli con gli ospiti è che li la gente ci resta per tanti mesi, se non addirittura anni (la media delle persone che ho intervistato erano lì da 12 a 18 mesi)…

Immigrati, una rendita sicura

Partiamo da un presupposto: i migranti rappresentano una rendita fissa per chi ne amministra l’accoglienza. Un affare certo. Il numero più alto di presenze garantisce il più alto rimborso a chi gestisce il centro (la famosa quota immigrato di cui tanto si parla) ma nessuno può sapere con precisione quante persone ci sono realmente nel CARA di Mineo. Un numero così alto è impossibile da controllare sia per gli operatori che per le forze dell’ordine. Così Mineo è di fatto un centro autarchico ed ingestibile, dove all’interno si è formata una micro società autogestita con le sue regole.

140.000 euro al giorno

Proviamo a ricapitolare quanto detto finora e fare due conti: Le persone che vengono spedite a Mineo dovrebbero soggiornare poche settimane in attesa di ricevere asilo politico. Ma le lungaggini burocratiche protraggono la permanenza dei richiedenti nel centro all’infinito (creando peraltro un grosso senso di esasperazione). Di riflesso si allunga anche il contributo che lo Stato elargisce ai gestori di Mineo: 36 euro quotidiani per ogni migrante, per un totale di circa 140mila euro al giorno, quindi più di 40 milioni ogni anno. Di questi soldi al richiedente asilo, in via effettiva, va solamente un pocket-money di 2,50 euro (adesso aumentato a 3,50 euro a quanto pare) che però vengono commutate in pacchi di sigarette dal medesimo valore (anche a chi non fuma!!!) che chiaramente gli ospiti rivendono a metà prezzo alimentando un peculiare mercato nero. Il resto dei 36€, ossia quasi tutta la quota, viene gestito da coloro che si aggiudicano l’erogazione dei servizi. Quindi sono soldi che finiscono alle imprese e cooperative che gestiscono il centro.
Un vero e proprio affare per chi lo gestisce e una super mangiatoia per la politica corrotta che ne fa da regia.

Come funziona il sistema delle cooperative attorno al CARA?

La provincia regionale di Catania, che era presieduta proprio dall’attuale sottosegretario Giuseppe Castiglione di NCD (o ex provincia, dato che in Sicilia si sta trasformando in questi giorni in città metropolitana) è il soggetto attuatore per decreto del Governo ed ha affidato la gestione ad un consorzio siciliano (un raggruppamento temporaneo di imprese) di cooperative sociali, denominato “Sisifo“. La Sisifo è iscritta a Legacoop e funge da capofila di questo raggruppamento di cui fanno parte anche altre cooperative come sol.co Calatino, la “cattolicaDomus caritatis e la coop-azienda di ristorazione Cascina di Roma (coop legata a comunione e liberazione).
Sisifo oltre ad essere finita nella bufera per la gestione del centro di Lampedusa, ha vinto anche l’appalto per CARA di Foggia e amministra il CSPA (Centro di soccorso e prima accoglienza) di Cagliari. Ha sede a Catania in un immobile di proprietà di Giovanni La Via (che si è detto estraneo alla vicenda in quanto l’immobile sarebbe affidato ad una società immobiliare), eurodeputato del NCD molto vicino all’ex Presidente del consorzio Giuseppe Castiglione.

Alfano, NCD e il CARA di Mineo

Il partito di Alfano è una presenza costante nelle vicende che riguardano il Cara di Mineo, a sostituire il sottosegretario Castiglione nella presidenza oggi c’è un altro militante di NCD, Anna Aloisi, Sindaco di Mineo che fu segnalata più volte nei pressi del Centro d’accoglienza (con cui collaborava da avvocato) ai tempi della campagna elettorale. A confermare queste voci negli ultimi giorni la procura di Caltagirone ha notificato cinque avvisi di garanzia per un caso di posti di lavoro al centro dati in cambio di voti in consiglio comunale. Al Cara lavorano infatti più di 250 persone: numeri importanti in tempi di elezioni amministrative in un comune che conta cinquemila abitanti.

L’indagato Castiglione

Ritorniamo sull’uomo di punta dell’organizzazione indagato nelle inchieste riguardanti il CARA, ossia il sottosegretario Giuseppe Castiglione, ex presidente della provincia di Catania e presidente del consorzio Calatino Terra d’Accoglienza, nonché ex portavoce siciliano del PDL. Quando il governo Berlusconi (con Ministro dell’interno Bob Maroni, della Lega, partito che tanto parla a sproposito di immigrazione) decreta l’emergenza sbarchi, il consorzio dei comuni presieduto da Castiglione diventa ente attuatore del centro richiedenti asilo. Ed è proprio Castiglione a spingere affinché il Cara di Mineo nominasse come esperto Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto di Walter Veltroni in Campidoglio, coinvolto nell’inchiesta sulla Mafia Capitale della procura di Roma e finito in manette con l’accusa di corruzione aggravata. I rapporti di Odevaine con il Cara risalgono al 2011, ed il suo incarico viene prorogato ogni anno fino al 2016. Dopo l’arresto il contratto di Odevaine verrà rescisso dal direttore generale del consorzio Calatino Terra di Accoglienza, mister Giovanni Ferrera. Secondo Castiglione Luca Odevaine era un vero esperto di immigrazione, ed infatti per gli inquirenti, l’ex vice capo di gabinetto di Veltroni era l’uomo che gestiva gli affari nel campo dell’immigrazione per Mafia Capitale.

E l’autorità anti-corruzione?

Dal 2011 le concessioni sono andate sempre state alle stesse cooperative, senza alcun bando trasparente e pubblico, in un meraviglioso sistema bipartisan che ha messo d’accordo il partito unico degli affari sia sul versante del centrosinistra (Sisifo) che su quello del centrodestra (sol.ca calatino). Insomma, un evidente business redditizio per gli imprenditori e serbatoio di voti per la certa politica. Ma tutto ciò è regolare? Durante l’ultima commissione d’inchiesta sul sistema d’accoglienza Alfano si è esposto al ridicolo tessendo le lodi dell’azione del governo sulle politiche d’immigrazione come se il suo partito non fosse invischiato fino al midollo con Mafia Capitale e Mineo.
Per comprendere la portata della corruzione in questi giochi l’ultima gara d’appalto del Cara ha ricevuto le attenzioni del presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone che l’ha definita “lesiva della concorrenza” e “senza alcuna trasparenza“. Si parlava di un affare da cento milioni, mica di briciole. Una gara d’appalto che, per l’Anticorruzione, sembra “cucita addosso” ai vecchi gestori, capaci nuovamente di aggiudicarsi quel bando a nove cifre nel giugno 2014.

Il silenzio di Alfano

Il silenzio di Alfano quando Cantone dice che la gara di assegnazione del Cara è illegittima è esemplificativo del sistema. In pratica a Mineo né il ministero dell’interno né la prefettura hanno avuto alcun ruolo nella definizione delle gare d’appalto per l’affidamento dei beni e servizi e nessun controllo è stato mai effettuato. Il consorzio infatti decide, infischiandosene, di tirare dritto per la sua strada e in una delibera di nove pagine, datata 15 maggio, il direttore generale Ferreri spiega che il parere dell’Autorità Anticorruzione “non incide direttamente sugli atti amministrativi” e “non è vincolante“.
Purtroppo (o chiaramente in un sistema come il nostro) ha ragione. Il parere dell’Autorità Anticorruzione non è vincolante per poter annullare una gara d’appalto. Ma certamente dovrebbe far riflettere, ed anche tanto, dato che i decantati principi di concorrenza, proporzionalità, trasparenza, imparzialità ed economicità rimangono lettera morta.

Le condizioni di vita dei richiedenti asilo

Il problema del Cara di Mineo, però, non è costituito solo da chi lo gestisce: il male originario è rappresentato anche dalla stessa idea che sta alla base del progetto dei centri per richiedenti asilo. Concentrare e detenere quattromila esuli provenienti dai luoghi più infernali dell’Africa e del medio oriente in un villaggio al centro della Sicilia non è certamente un atto di solidarietà.
Un richiedente asilo che sta lì da un anno e mezzo senza alcuna certezza vive detenuto in un limbo, in un villaggio surreale in cui i gestori, che dispongono della quota, provvedono a 3 pasti al giorno, assistenza medica e sanitaria e attività di sostegno alla persona e formativa. Da qualche tempo agli ospiti viene data una carta magnetica che dovrebbe registrarne entrate ed uscite e consentire di usare il “pocket-money“, salito a quanto pare a 3,5 euro, non solo per ricevere sigarette nello spaccio interno ed alimentare il mercato nero, ma per poter comprare beni alimentari nei supermercati della zona. Bisogna aggiungere che dato che gli ospiti di Mineo non possono fare niente all’interno del centro (“fanno tutto gli operatori bianchi, i neri non devono fare niente, neanche a volerlo“), spesso vanno a lavorare nelle campagne vicine a cifre irrisorie favorendo fenomeni di caporalato, o ancor peggio, danno vita a fenomeni di prostituzione all’interno o all’esterno del centro, più volte segnalati.
All’interno del CARA vige il divieto di cucinare per ragioni di sicurezza, ed a tal fine sono state smantellate tutte le cucine all’interno delle abitazioni, anche se molti continuano ad arrangiarsi cucinando per terra, un po’ per non volersi omologare è un po’ perché non gradiscono il cibo della mensa, e sanno benissimo che per le cifre che vengono stanziate (e che percepiscono i gestori) avrebbero diritto a dei pasti decenti e differenziati.

Un diabolico sistema

La politica aziendale del CARA di Mineo con il tempo è cambiata, si è aperta, vuole dimostrare che il centro funziona bene ed è un esempio positivo di accoglienza, si organizzano tornei sportivi e presepi, si fanno corsi di formazione e di italiano. Tutti si vogliono dichiarare indipendenti alla politica, anche se tutti sanno che quel centro è meravigliosamente bipartisan.
I lavoratori sono anch’essi delle vittime, seppur consapevoli e compiacenti, di questo diabolico sistema. Come delle vittime non compiacenti sono gli ospiti. I dipendenti hanno famiglia, hanno bisogno di lavorare, così come tanti altri in una terra in cui il ricatto lavorativo-clientelare è una regola storicamente affermata ed incisa nella testa delle persone. Loro devono il loro posto di lavoro a questo sistema che abbiamo descritto. Ed è del tutto naturale che essi cerchino di preservare il loro posto di lavoro, proteggendo e fiancheggiando anche quelli che sulle loro spalle ci fanno la “cresta” e facendo apparire il centro come un meraviglioso parco giochi rappresentativo della fantastica accoglienza all’italiana. Ma tutti sanno benissimo che non è così. Il reddito di cittadinanza che propone il M5S renderebbe liberi da questo genere di ricatto lavorativo anche tutti i dipendenti.

Segui i soldi e troverai la mafia

Segui i soldi e troverai la mafia” diceva Giovanni Falcone, e visto che l’immigrazione è una rendita per la criminalità che va oltre le generiche attività illegali, seguendo i soldi troveremo la mafia a braccetto con la politica ed un giro d’affari che fa si che il Cara di Mineo possa essere definito come un vero e proprio Caso di Stato.
Concludo citando quella massima per cui la corruzione è come una palla di neve che nel momento in cui comincia a rotolare non può far altro che ingrossarsi. Il M5S è l’unica componente politica che può sciogliere quella palla di neve e creare le condizioni per pensare ad un futuro in Italia

Ignazio Corrao, portavoce M5S in Europa