Le ultraballe del Governo sull’occupazione #jobsact

L’Istat a marzo registrava un aumento della disoccupazione al 13%, quella giovanile oltre il 43% e un calo degli occupati di oltre 110mila unità. Altro che magnifiche sorti e progressive del Jobs act e le ultraballe del governo.
Lo stesso Def prevede una disoccupazione ancora al 12,3% per il 2015 e oltre l’11%, ancora nel 2018.Si sono verificate soprattutto trasformazioni da contratti precari in rapporti a tempo indeterminato.Peccato che le tutele crescenti non abbiano più le garanzie dell’articolo 18. Si tratta di contratti stabili solo nel nome, visto che l’imprenditore può sempre mandarti via con un piatto di lenticchie
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“Il governo sta facendo la solita propaganda da quattro soldi sugli ultimi dati Inps che parlano di un boom dei contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti (+24% nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2014).
Palazzo Chigi ha subito sventolato la bandiera del Jobs act, ma in realtà sulle cifre agisce la “droga” dell’incentivo previdenziale contenuto nella legge di Stabilità che azzera i contributi fino a 8.060 euro l’anno a carico degli imprenditori che ricorrono alle tutele crescenti.
Si tratta di un’agevolazione che costerà almeno 1,9 miliardi quest’anno, vale per tre anni e soltanto per gli assunti nel 2015.

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E l’anno prossimo? Prolungare l’incentivo e stabilizzarlo costerebbe cinque miliardi annui, però il governo non vuole tagliare gli sprechi, non fa quadrare i conti e, persino per il 2015, i soldi potrebbero essere insufficienti. Non a caso, gli imprenditori si stanno affrettando a fare assunzioni entro l’anno, per cui si teme una sorta di bolla e un contraccolpo occupazionale già nel 2016, quando la “droga” dello sconto contributivo sarà esaurita.
Il vero imbroglio, però, sta nello spacciare i dati Inps per quello che non sono: ossia un aumento effettivo dell’occupazione. L’Osservatorio dell’Istituto di previdenza non fotografa l’andamento dei posti di lavoro, ma dei contratti. Sono dati amministrativi che vengono da “comunicazioni obbligatorie” delle aziende e che, peraltro, escludono il pubblico impiego, il lavoro domestico e gli operai agricoli.
L’Istat, invece, fa indagini a campione su tutto il mondo del lavoro, includendo anche gli autonomi e gli atipici, coloro che Inps non “vede“. L’Inps registra poi le prenotazioni dell’incentivo che non è detto corrispondano a contratti perfezionati.
In altre parole, l’Inps guarda ai contratti attivati o cessati, l’Istat alle persone. Una persona può avere tre contratti in un anno, ma non si tratta di tre nuovi posti di lavoro.
Un autonomo che passa a subordinato è un nuovo contratto per l’ Inps, ma non un nuovo posto di lavoro per l’ Istat.
Infatti l’Istat a marzo registrava un aumento della disoccupazione al 13%, quella giovanile oltre il 43% e un calo degli occupati di oltre 110mila unità. Altro che magnifiche sorti e progressive del Jobs act e le ultraballe del governo.
Lo stesso Def non induce all’ottimismo, visto che prevede una disoccupazione ancora al 12,3% per il 2015 e oltre l’11%, tra tre anni, addirittura nel 2018.

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Il segnale è chiaro: si sono verificate soprattutto trasformazioni da contratti precari in rapporti a tempo indeterminato. Il ministro Poletti ha fiutato la trappola e ha replicato: “Ridurre la precarietà è già un gran risultato”. Peccato che le tutele crescenti non abbiano più le garanzie dell’articolo 18. Si tratta di contratti stabili solo nel nome, visto che l’imprenditore può sempre mandarti via con un piatto di lenticchie.
Basta chiacchiere, il M5S vuole il Reddito di cittadinanza come manovra economica che farà ripartire la domanda e creerà davvero nuovi posti di lavoro. Nessuno deve rimanere indietro e nessuno deve prendere in giro gli italiani.” M5S Parlamento