Fico risponde a Lucia Annunziata sulla riforma #RAI

la risposta di Roberto Fico a Lucia Annunziata

L’intervista a Lucia Annunziata tocca profili di notevole interesse rispetto alla riforma del servizio pubblico radiotelevisivo, e inevitabilmente sollecita alcune considerazioni.
Anzitutto vedo un minimo comune denominatore tra le sue considerazioni e quelle di Carlo Freccero, pubblicate qualche settimana fa: indipendenza dei vertici aziendali e qualità del prodotto sono interconnessi. Il servizio pubblico radiotelevisivo è giunto a un bivio. La sua sopravvivenza è legata all’originalità dei contenuti e alla capacità di agire come contropotere. Un obiettivo realizzabile solo se impediamo alla politica la possibilità di ingerirsi nel governo della Rai attraverso il potere di nomina dei consiglieri – che è soltanto la cima di questa pianta velenosa, di un’interferenza che a cascata si estende alle nomine dei direttori di reti e testate, e poi ancora fino alle radici della programmazione e dell’informazione.
Siamo d’accordo con l’Annunziata quando dice che “qualunque riforma porti la politica fuori dalla Rai va benissimo“, ma non condividiamo l’affermazione secondo cui un sistema per recidere i legami tra politica e Rai non è stato ancora trovato. La nostra proposta, che nasce con il duplice obiettivo dell’indipendenza del servizio pubblico e della qualità dei contenuti, segna una radicale discontinuità con tutte i progetti di riforma presentati in questi ultimi anni.

VIDEO Roberto Fico presenta la Riforma RAI del M5S

Abbiamo svincolato i vertici della concessionaria dal potere dei partiti e del governo, senza dimenticarci della giurisprudenza costituzionale che riconosce al Parlamento la sua funzione democratica anche rispetto al servizio pubblico radiotelevisivo. Per avere nei prossimi anni dirigenti che “difendono il prodotto che fanno rispetto alla politica“, la nostra procedura prepone in cima alla pianta dell’azienda persone che non provengono dalla politica e che hanno maturato competenze manageriali specifiche nel settore audiovisivo. Ci è stato rimproverato che il sorteggio significa sottrarsi alla scelta. Noi invece la scelta l’abbiamo fatta: requisiti puntuali che ci consegnano una rosa di persone di per sé già idonee a ricoprire la carica. E, ad ulteriore garanzia della qualità dei consiglieri, una forma di forte controllo democratico a valle: l’audizione pubblica davanti alle commissioni parlamentari.
Della proposta del Movimento la giornalista apprezza il valore dei curricula e l’ispirazione alla BBC, allo stesso tempo dice che l’emittente pubblica britannica “è ancorata intorno ad una fondazione“, e il modello della fondazione significa a sua volta “la politicizzazione della politicizzazione“. Voglio soffermarmi su questo punto per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco. Se ci sono analogie tra la proposta del Movimento e il modello BBC, queste non riguardano in alcun modo l’esistenza di “organismi intermedi“. Anzi, come abbiamo specificato anche nella relazione che accompagna la proposta di legge, molte riforme della Rai presentate negli ultimi anni non ci piacciono proprio perché introducono, con denominazioni diverse, nuovi organismi di governo/indirizzo del servizio pubblico. Che sia un Consiglio degli utenti o una Fondazione, la sostanza non cambia: questi organi, pensati, anche in buona fede, come “diaframmi” tra politica e RAI, finiscono per riprodurre le stesse identiche distorsioni del presente, per giunta con un aggravio dei costi.
La giornalista ricorda poi che quando era Presidente della Rai, la legge Gasparri aveva regalato al Governo Berlusconi la maggioranza nel CdA, con il beneplacito del centrosinistra. Perciò sostiene che occorre una governance che “scavalla i governi“. Ed è davvero triste constatare che, in termini di indipendenza, la riforma del Governo riesce nell’impresa di fare peggio della legge Gasparri. Quattro consiglieri su sei matematicamente del blocco maggioranza-Governo, ma con un’attenta distribuzione dei voti si potrebbe arrivare addirittura a 6 su 7. E tutto questo senza uno straccio di requisito concreto, né meritocratico né a garanzia dell’indipendenza. Una riforma vergognosa, non esistono altre parole. Una riforma che concepisce il servizio pubblico radiotelevisivo come territorio del potere esecutivo e quindi ne umilia la missione pluralistica e di sviluppo del senso critico, civile ed etico dei cittadini.” Roberto Fico, Presidente Vigilanza RAI, M5S