Cassa integrazione colabrodo, #inps

intervento di Dario Rossi, avvocato

“Una sentenza del Tribunale di Genova (272/2015 del 3/4/2015) ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento di un dipendente di una compagnia di call center.
Il licenziamento risale al Giugno 2013 ed è avvenuto nell’ambito di un licenziamento collettivo che ha riguardato 100 operatori della sede di Genova che ha cessato la sua attività.
L’azienda in questione, la Call & Call ha molte sedi in tutta italia; la sede di Genova (s.a.s) si differenziava solo formalmente dalle altre (s.r.l.), ma non c’era alcuna distinzione in concreto, posto che collaborava strettamente con le altre sedi nella gestione degli stessi clienti.
Mentre a Genova licenziava 100 operatori la sede di Spezia ne assumeva circa 1000.
Il giudice ha ritento il licenziamento illegittimo, accertando l’unicità dell’impresa tra le varie sedi della Call & Call, e giudicando invalida la procedura di licenziamento collettivo perchè l’azienda avrebbe dovuto valutare la possibilità di assumere il personale in forza alla sede di Genova presso le altre sedi prima di procedere al licenziamento.

Cosa c’entra l’Inps? La Call & Call Genova ha messo in cassa integrazione a zero ore dal dicembre 2010 al Giugno 2013 i cento dipendenti di Genova. In totale fanno 2 anni e mezzo di CIGS. Dopo il licenziamento collettivo i dipendenti hanno percepito il trattamento di mobilità per circa due anni. Il costo complessivo dell’operazione per l’INPS credo possa essere stimato nell’ordine dei 4/5 milioni di euro.
Nel frattempo l’azienda a livello nazionale ha moltiplicato fatturato, dipendenti e sedi, ponendo a carico dello stato 100 dipendenti genovesi per assumerne altrettanti altrove a condizioni evidentemente più convenienti per il datore di lavoro.

Lo sapevano tutti, sindacati, regione (che ha approvato la cassa in deroga), il Comune di Genova, ma nessuno ha avuto nulla da obiettare, c’è una tolleranza diffusa su questi comportamenti.
In questi giorni risulta che la Call & Call stia licenziando nella sede di Milano per riassumere altro personale al sud con le agevolazioni del job act. Anche in questo caso è lo stato che finanzia le assunzioni con il Job Act.
L’inps non ha soldi, ma li utilizza senza preoccuparsi troppo per finanziare politiche commerciali spregiudicate, nel silenzio e nella tolleranza, per non dire con la collaborazione, di sindacati ed amministratori.

Non è un caso isolato, ma si tratta di prassi estremamente diffuse.
Occupandomi di diritto del lavoro, in particolare di autotrasporto, assisto frequentemente ad aziende che collocano in Cassa Integrazione gran parte del personale viaggiante assunto con contratto italiano, che viene sostituito di fatto da autisti polacchi e rumeni che vengono addirittura trasportati con dei pulmini in Italia. Ci sono aziende che da anni tengono in cassa integrazione il personale viaggiante, che viene sostituito da personale assunto formalmente all’estero, che però inizia e termina le sue prestazioni in Italia.
Altre società utilizzano il personale di società controllate fittizie che svolgono in pratica mere funzioni di gestione del personale. Gli automezzi sono di proprietà dell’azienda “madre“, la quale li noleggia senza conducente alla società controllata, che mette il suo personale alla guida dei mezzi. La società controllata dura qualche anno, poi chiude per crisi aziendale, licenzia tutti i dipendenti che entrano in mobilità; la società “madre” a questo punto apre un’altra società fittizia, che assume in blocco lo stesso personale con le agevolazioni contributive.
Ci sono autisti che hanno già cambiato formalmente tre diversi datori di lavoro, pur continuando a lavorare sui camion della medesima azienda senza soluzione di continuità.” Dario Rossi