#SiamoTuttiDiMatteo

“Siamo tutti Nino Di Matteo, perché nessuno può trovarsi in pericolo di vita solo perché sta facendo il suo dovere. E invece di venire isolato dovrebbe essere sostenuto da tutte le più alte cariche dello Stato, perché Di Matteo può considerarsi un uomo di Stato. Rappresenta quello Stato che cerca di far luce su episodi oscuri, quello Stato che cerca la verità. E, a prescindere dalla condivisione o meno dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, dall’esito dei processi e delle indagini, dalla considerazione che si può avere dei personaggi coinvolti nella vicenda, Di Matteo e gli altri pm che indagano sulla trattativa andrebbero sostenuti. Senza entrare nel merito della questione ma per il solo motivo che – fra mille difficoltà e inquinamenti, con la contrapposizione di poteri forti, non ultimo il presidente Napolitano – continuano nella ricerca, almeno, di una verità giudiziaria. E se poi il finale non è da film, se il colpevole non si dovesse trovare, questo, paradossalmente, non dovrebbe avere importanza quanto il sostenere un uomo che per il solo motivo di compiere il suo dovere con la schiena dritta ha ingabbiato la propria vita. Dovremmo essergli riconoscenti, tutti, dai sostenitori ai detrattori.
A maggior ragione in un momento in cui gli italiani si sono svegliati e hanno scoperto che l’Italia è una nazione mafiosa. La Sicilia è Cosa nostra, già da prima dell’unità d’Italia. La Calabria è la sede ufficiale della ‘ndrangheta, la Puglia della Sacra corona unita. In Campania imperversa la Camorra. A Roma c’è la “Mafia Capitale“. In Umbria 61 arresti lo scorso dicembre ci hanno rivelato che la ‘ndrangheta c’è. Così come in Emilia Romagna, dove l’operazione “Aemilia” è solo l’ultima di una serie che parte dal 2010. Liguria e Piemonte sono state colonizzate dalla mafia di origine calabrese, come accertato in diverse inchieste che, oltre ai consueti racket, hanno rivelato una pervasività nelle amministrazioni locali pari a quelle delle regioni meridionali (primarie del Pd comprese). Milano e la Lombardia sono un’altra diramazione della ‘ndrangheta: resta impressa nella mente delle persone la riunione della cupola lombarda al centro Falcone-Borsellino a Paderno Dugnano. Ora, dalle ultime notizie, anche il Veneto si scopre infiltrato.
Questo per dire che non bastano le politiche repressive, arrestato un capo ce n’è sempre un altro pronto a prendere il suo posto. Serve una nuova politica di contrasto alla mafia italiana che vive in osmosi con la corruzione. Serve un’idea, come quella che ebbero Giovanni Falcone e Rocco Chinnici nei primi anni ’80. Cosa nostra è divisa in famiglie e mandamenti? Dividiamo l’ufficio istruttorio in una struttura speculare. E per aggredire il fenomeno a livello nazionale? Una procura nazionale antimafia e una forza dedicata, che prenda il meglio dai diversi corpi e che si dedichi solo alla lotta alla mafia. Sappiamo com’è finita: Falcone e Chinnici sono morti, insieme a tanti altre persone sacrificatesi per quello stesso Stato che oggi non sostiene Nino Di Matteo. Alla Dia, dopo un iniziale ampia delega, è rimasto solo il sequestro dei beni, stessa materia trattata da tutte gli altri corpi.
Il M5S, che tanto ha già fatto, proporrà di eliminare il vitalizio ai politici condannati per mafia. È una disciplina che già esiste per i condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Basta poco, quasi niente. Un articolo che estende la legge. Non più di una settimana di lavoro in commissione in sede deliberante. Basta poco, se c’è volontà.

Ps: una delegazione di parlamentari del M5S lunedì mattina incontrerà il pm Nino Di Matteo a Palermo