Lo spread è raddoppiato #doppiospread

Il calo dello spread rispetto ai livelli del 2011 è l’argomento più forte con cui governo, Germania e BCE tagliano la testa al toro a chi critica le manovre di austerità. Certo, ci viene detto, avremo pure sofferto un aumento della disoccupazione, delle tasse e dell’austerità, ma vuoi mettere il miglioramento dello spread che si è verificato a seguito di questo? Come ci ha recentemente ricordato Monti, abbiamo evitato la catastrofe, sistemato i conti pubblici ed avviato un processo riformista che si è appunto riflesso nel calo dello spread. Questo ci dicono i media di regime. Di questo si sono convinti gli italiani. Questa è la strada da seguire se non vogliamo ricadere nella trappola dello spread, ci dicono. Peccato che si tratti di un’ennesima bufala, forse la più mastodontica che gli italiani abbiano dovuto digerire nei tre anni dei governi di Re Giorgio.
In effetti, ma non è così, i numeri sembrano confermare la lettura filo governativa degli eventi dato l’apparente miglioramento dello spread che Monti e Letta prima e Renzi poi non hanno perso occasione di attribuirsi. Guardiamoli questi numeri allora:

Nel giugno 2011, prima della famosa estate dello spread che portò alle dimissioni di Berlusconi, l‘Italia emetteva BTP a dieci anni ad un tasso di 4.8% contro il 3% della Germania, ergo uno spread di 1.8%. Oggi l’Italia si finanzia a dieci anni con un tasso di 1.8% contro la Germania a 0.4%. Il risultato è uno spread a 1.4%, inferiore appunto a 1.8% di giugno 2011. Ancor più evidente sembra essere il calo dl novembre dello stesso anno, cioè dal picco dello spread in Italia.
A novembre 2011 l’Italia si finanziava a dieci anni ad un tasso del 7.1% rispetto al 2.1% della Germania, con uno spread quindi di 5%. I numeri dunque sembrano chiari: osserviamo un calo dello spread di 0.4% oggi rispetto a giugno 2011 (1.8% allora contro 1.4% oggi appunto) e addirittura di 3.6% rispetto al picco del novembre 2011 (5% allora contro 1.4% oggi).
Lapalissiano verrebbe da dire, chi lo può negare? Ma questo modo di presentare i numeri è un altro classico esempio di manipolazione e distorsione mediatica data in pasto agli italiani per tenerli mansueti.
La verità non solo è diversa, ma è purtroppo opposta. Sorvoliamo sul fatto che il nostro rapporto debito / PIL è aumentato di 20 punti percentuali da allora, il che rende il nostro finanziamento più oneroso visto lo stock di debito pubblico aumentato ed il PIL che ha continuato il suo trend negativo da allora. E sorvoliamo anche sul ruolo chiave che l’annuncio di ‘Whatever it takes‘ di Draghi nell’estate 2011 ha avuto nel guidare la riduzione dei tassi di interesse a prescindere dalle pseudo riforme neo liberiste che Draghi e Merkel ci vogliono imporre.
Rimaniamo alla fredda analisi dei numeri ma ‘aggiustiamoli’ per ciò che conta ai fini della sostenibilità del debito e quindi guardiamo al rendimento reale dei nostri BTP contro quelli tedeschi, dal momento che l’inflazione (o la deflazione) hanno un ruolo chiave.

Come si vede nella tabella il tasso di inflazione in Italia era al 2.7% a giugno 2011, a 3.3% nel novembre dello stesso anno e a zero oggi. Nel caso della Germania avevamo inflazione a 2.1% a giugno 2011, a 2.4% in novembre e a 0.6% oggi. Quindihe nel giugno 2011 il 4.8% nominale con cui si finanziava l’Italia era un 2.1% reale che diventa 3.8% a novembre dello stesso anno e 1.8% oggi.

Morale della favola? I numeri ci dicono che lo spread reale tra Italia e Germania sui titoli a dieci anni, ossia lo spread nominale tra i tassi dei due Paesi corretto per l’inflazione è aumentato da 1.2% di giugno 2011 a 2% oggi! Un aumento quasi doppio dello spread se corretto per l’inflazione, ossia per il vero potere di acquisto degli italiani. Rispetto ai picchi di novembre 2011 c’e stato effettivamente un miglioramento che risulta pero’ molto più contenuto in termini reali (4.1% contro 2% oggi) rispetto a come viene normalmente presentato in termini nominali (5% contro 1.4%). Il miglioramento rispetto ai picchi dello spread di novembre 2011 pilotato per cacciare Berlusconi e imporre Monti e la sua Three Eyes in grembiulino è dunque meno della meta’ di quello che ci dicono ed è attribuibile all’annuncio OMT di Draghi, non certo alle riforme e all’austerità. Guardiamo ad un Paese che le riforme dovrebbe averle fatte ha fatte e ci dicono di prendere a modello: la Spagna. Se aggiustiamo i rendimenti nominali per l’inflazione notiamo in Spagna una situazione peggiore dell’Italia. Lo spread reale corretto per l’inflazione tra Spagna e Germania a giugno 2011 era 1.4% mentre oggi è più che raddoppiato a 2.9%! Rispetto ai picchi di novembre 2011 il miglioramento e’ stato a malapena di 1 punto percentuale (da 4% a 2.9% oggi). I numeri sono qui sotto.

La conclusione è che le riforme nulla hanno a che vedere con lo spread che invece si è mosso per gli annunci di Draghi (OMT ieri, QE oggi) e per la deflazione. Infatti la situazione spagnola peggiore di quella italiana in termini reali rispetto al 2011 si spiega per la maggiore deflazione (-1.1% oggi in Spagna contro 0 in Italia).
Lo spread è solo uno strumento di ricatto, un cappio messo al collo degli italiani minacciando di tirare la corda se non si allineano al volere del rigore teutonico – massonico che ormai ci governa. Questa è la realtà nuda e cruda dei numeri al netto delle chiacchiere di Renzie. Questo è il bilancio con cui il nostro presidente della Repubblica ci sta finalmente per lasciare con nostra viva e vibrante soddisfazione. Speriamo che lontano dagli incarichi istituzionali abbia più tempo per riflettere sui disastrosi ultimi tre anni del suo duplice mandato.
E’ inutile dire che se la situazione è peggiorata per gli italiani deve essere migliorata per qualcun altro che sono le banche private che hanno incassato ricche cedole sui nostri BTP, pagate con il sangue degli italiani e con le tasse in costante aumento.

Lo spread è raddoppiato, gli italiani si sono impoveriti. Chiedetevi perché questi numeri non li avete mai visti sulla stampa di regime e poi valutate autonomamente a quale basso livello sia giunta la democrazia nel nostro Paese. Fuori dall’Euro!