Saipem va a fondo

L’interrogazione M5S sul caso Saipem
03:15

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“Tutto ha avuto inizio nel 2007 quando Saipem ha dovuto procedere ad uniformare tutti i suoi mezzi operativi all’uscente codice Internazionale ISM (International Safety Management System). Una certificazione importante, senza la quale la commercializzazione dei Drilling Rigs e dei mezzi Montaggi Mare non avrebbe potuto operare e acquisire contratti. Per poter noleggiare un mezzo alle Majors petrolifere la prima cosa in assoluto è che il mezzo sia certificato secondo le norme vigenti: “Law, Rules and Regulations“. Il sottoscritto era in quel tempo il Coordinatore delle Certificazioni degli Asset navali di Saipem e quindi, con la valigia sempre pronta, sono andato su tutti i mezzi a preparare il personale, seguire gli ispettori, informare i Comandanti e con l’aiuto di un ispettore di terza parte nominato da Saipem ( teste n. 1 ) e, obbligatoriamente per il codice ISM, a ispezionare lo stato dei mezzi per approntarli e adeguarli a quanto il severo codice imponeva. Biglietti aerei, viaggi, alberghi cantieri navali, ispettori degli enti di certificazione navale, equipaggi, verifiche etc. sono stati per due anni il pane quotidiano. Il problema è subito sorto perché i mezzi navali non erano adeguati al codice ma c’era di peggio, erano sottomarca (anello di Plimsoll) dovuto agli eccessivi pesi delle strutture operative aggiunte. Ristabilire la galleggiabilità del mezzo significava apportare tali e tante modifiche allo scafo che sarebbe stato meglio alienarlo e vararne uno nuovo. Spese gigantesche, meglio pagare gli ispettori navali ed ottenere le certificazioni essenziali. Però anche questo non sarebbe bastato. L’unica soluzione era cambiare le bandiere di comodo dei mezzi Saipem e registrarle tutte sotto la bandiera di Bahamas che nel suo MERCHANT ACT offre l’immunità a quell’ispettore che per suo conto emette un certificato sbagliato purché emesso in buona fede. In quel periodo tutti i mezzi importanti di Saipem sono stati trasferiti sotto il registro navale di Bahamas. Ma anche tante altre cose non funzionavano come i mezzi di salvataggio, a volte assenti, o la mancanza del third party location approval essenziale per le garanzie assicurative dell’ormeggio dei drilling rig sui pozzi. Ma per ottenere l’importante certificato assicurativo era necessario cambiare verricelli e catene, questo variava i pesi e quindi la galleggiabilità, poi gli impianti elettrici andavano modificati, i freni sui verricelli, etc. etc. Una reazione a catena che sconvolgeva i bilanci e gli investimenti. Meglio cercare altre strade ed ottenere comunque i certificati. Solo in seguito, dopo il disastro di Macondo da parte della Deep Water Horizon forse Saipem ha compreso quali rischi si corrono ad avere mezzi obsoleti e male equipaggiati, e forse questo ha inciso o aiutato la decisione di vendere la società. Ma torniamo ai fatti.
C’era una organizzazione: gli “Asset“, con un Direttore: Sergio Polito, con un ufficio Internazionale, con Ispettori interni, con sedi sparse in tutto il mondo, con sei enti certificatori navali, con cantieri navali Internazionali, con altri uffici e direttori coinvolti come l’HSE o quello Legale e non in modo minore HR eppure nessuno si è mai accorto di nulla. Solo Franzoni. L’importante era avere il certificato, poi la corrispondenza fra il certificato e il mezzo era un particolare minore. Anche se questo metteva a rischio il Seaworthiness.
Con un andazzo del genere fare il Coordinatore delle Certificazione significava essere omertoso e non interferire, toppe persone erano coinvolte oltre al buon nome della società. Che fare? Tacere, adeguarsi, prendere promozioni e stipendi a danno del personale imbarcato oppure denunciare tutto come il codice Saipem ed ENI imponeva?
Come si dice in Italia, “Tengo Famiglia” e quindi bisognava evitare il licenziamento in tronco ( a 56 anni trovare un altro lavoro in Italia era impossibile) ma anche stare sereno con la coscienza che mi urlava di non accettare di appartenere ad un sistema che violava le regole “Il Codice etico di Saipem e di ENI“. Ho così deciso di denunciare tutto al Garante, la cosa mi dava una certa immunità, ma il Garante era uomo di sistema e l’idea si è rivelata catastrofica. A nulla sono valse le foto, le perizie, le mail, la testimonianza dell’Ispettore di terza parte, la denuncia all’organismo di vigilanza, (Bernini, Giannini, Riva, Galizzi etc.) e a nulla sono valse le e.mail al COO O’Donnel.
Alla fine il direttore delle HR mi ha chiesto di mollare o mi avrebbe licenziato, in cambio grazie ad un accordo fatto con il Vicepresidente Kimon Ardavanis io passavo alla gestione materiali. Decisione infausta, i materiali erano gestiti peggio degli asset navali e con gravi ripercussione fiscali. Ormai la mia permanenza in Saipem era a dir poco compromessa, i testimoni scomodi vanno eliminati. Rimaneva una ultima carta, scrivere a Scaroni. Errore madornale. Dopo 20 giorni ho ricevuto tre raccomandate di richiamo, mai ricevute in 50 anni di lavoro, e subito licenziato. Eppure nelle raccomandate e nelle risposte si menzionava la vicenda certificazioni come causa del licenziamento. Sei mesi dopo, per lo scandalo Algeria legato al Direttore Operativo Varone, sono saltati tutti. Bernini, Galizzi, Riva , il CEO TALI , il COO O’Donnel, Ardavanis, etc. e poi via via tutti gli altri.
Adesso Saipem è in vendita perché ha un passivo di 6 miliardi di euro, quando verrà verificata la reale situazione certificatoria degli asset navali il debito salirà forse a 8 o 10 miliardi. Altro che Alitalia, per venderla bisognerà prima risanare il debito, tanto paga ENI e quindi lo Stato. Scaroni però è a Londra, lavora per la banca d’affari Rotschild è ha in portafolio la vendita di Saipem, il suo gioiellino . Una volta in Italia gli affari si facevano così: “Scavo un buco nella società, la indebito, poi lo svuoto, lo riempio di M… , lo ricopro, la vendo” possibilmente allo stato” o ad un Pollo così ci guadagno anche sulla vendita.
Allego parte della lettera scritta a Scaroni, che con 8 mesi di anticipo sugli eventi preannunciava che gli Audit non erano regolari né di fatto esistevano, che la situazione generale di Saipem non era trasparente e che le cose non erano chiare. Varone è stato arrestato e i giudici hanno sempre messo in dubbio lo svolgimento omertoso degli Audit. Io e il collega Giulio Melegari siamo la prova che prima del caso Varone la gestione degli Audit non era trasparente, quindi una reiterazione del reato che comporta un aggravio delle pene. Forse questo è il motivo per il quale la magistratura di Milano ha dimenticato le nostre denunce. Parallelo al mio va considerato e citato il caso del sopra menzionato Giulio Melegari. Responsabile delle Attività Subacquee e delle Attività di Posizionamento e Prospezione, posizioni e incarichi in campo internazionale (e.g. Presidente di IDSA – International Diving Schools Association, rappresentante ENI in DOSC – Diving Operations Safety Committee, u.s.w.), quasi quarant’anni di affermato lavoro in Saipem ed ENI. Ha segnalato, nelle mie stesse corrette modalità, la esistenza di certificati falsi di formazione professionale e di competenza di Operatori Subacquei (OTS) e di Supervisori (DOS) forniti da subcontrattisti in accordo di connivenza con gli Organismi Direttivi di Saipem. Eliminato nelle mie stesse pretestuose modalità e sostituito con uomo di paglia incompetente nel settore ma ottemperante agli ordini di accettare e convalidare ad occhi chiusi le documentazioni presentate dai subcontrattisti conniventi. Abbiamo avuto l’appoggio di gruppi indipendenti, del M5S che ha emesso tre interrogazioni parlamentari, di alcuni media che pubblicano su web e di un articolo o due sul Fatto Quotidiano. Ma il resto dei media ci ignora, forse ha ragione Reporter quando dice che prima di scrivere di ENI si deve chiedere il permesso a Bisignani che regola il portafoglio della pubblicità ENI e che non vuole nessuno perda il lucroso cliente. Concludo osservando che tutte le norme della navigazione derivano da risoluzioni IMO (International Maritime Organization) che delibera sotto l’egida dell’ONU. Quando la direttiva IMO viene emessa tiene conto delle leggi e norme del diritto Sassone. Severo contro la negligenza, ne sa qualcosa la BP che ha pagato per un errore fatto da terzi noleggiati: Deep Water. Ne sa qualcosa la Price Waterhouse che è fallita. Nel diritto Sassone e nel Commonwealth la legge punisce severamente la negligenza, ed è dal 1848 che nei tribunali di Londra si discute della negligenza (Mann vs Thomas) e del famoso asino che è il perno del diritto Sassone. Poi la norma pensata in Inglese arriva in Italia e la negligenza diventa nel diritto Romano non un crimine ma un reato colposo. Se a questo sommiamo la derubricazione del falso in bilancio e che il controllato paga e controlla di fatto il controllore perché ne decide gli incassi e il budget allora possiamo capire come mai falliscono con buchi vertiginosi Banche, Soc. Di navigazione, Grandi Industrie etc.” Gianni Franzoni, ex dipendente Saipem

Allegati:
Memoria colloquio con il garante
Estratto lettera a Scaroni
Mail Riva comitato direttivo, organismo vigilanza garante
Relazione motivazioni