L’intervista del Corriere a Luigi Di Maio

Di seguito l’intervista a Luigi Di Maio pubblicata sul Corriere della Sera di oggi.

Otto sì su dieci alle proposte del Pd (che, sciolte le riserve su premio di maggioranza e doppio turno, potrebbero trasformarsi in un en plein di risposte positive) e un paio di sorprese in serbo per il vertice in programma domani. Luigi Di Maio sembra fiducioso sull’esito del tavolo con i democratici. Il vicepresidente della Camera prende le distanze dalle offese al capo dello Stato («Io sono stato tra i primi ad attaccarlo politicamente, ma certe battute vanno evitate») e punta dritto al summit che definisce «una opportunità storica per l’Italia».

Per Grillo la lettera del Pd un «compitino». Lei che cosa pensa?
«Al momento bisogna guardare al risultato, che è dare al Paese una nuova legge elettorale in cento giorni. Quello che c’è stato non è fondamentale, è meglio sorvolare sugli interessi o gli screzi di parte. Il Pd vuole sapere le nostre risposte prima di sedersi al tavolo: bene, se hanno bisogno di qualche risposta gliela daremo».

Ma Debora Serracchiani ha detto che l’incontro non è certo.
«Ho sentito Lorenzo Guerini e ci siamo accordati per lunedì (domani, ndr ) alle 15. Non credo che un vicesegretario possa smentire l’altro, probabilmente il disguido nasce dal fatto che uno sta a Roma e l’altro in Friuli-Venezia Giulia. Noi andremo all’incontro e ci andremo consapevoli di essere davanti a una opportunità storica per cambiare l’Italia».

Cosa direte al Pd? Il nodo principale è la governabilità, sia per le critiche al vostro Democratellum che per il doppio turno e il premio di maggioranza…
«Abbiamo riflettuto e stiamo valutando. Questo è per noi un weekend di lavoro. Vogliamo mettere sul tavolo il concetto di stabilità, che è il presupposto per la governabilità. Stiamo mettendo a punto e porteremo una proposta che modifica il Democratellum e sarà una svolta che non potranno rifiutare».

E il doppio turno? E il premio di maggioranza?
«L’ho già detto al tavolo con Renzi, non siamo contrari a prescindere né al doppio turno né al premio di maggioranza. Stiamo valutando i dettagli, al vertice li esporremo».

Il Pd vuole collegi meno estesi.
«L’estensione dei collegi è legata alle preferenze negative, che il Pd critica. Noi siamo disposti a rinunciarci, a patto che una norma più stringente escluda – eccetto per i reati d’opinione -i condannati dal Parlamento».

Il Pd chiede un controllo preventivo della nuova legge elettorale da parte della Consulta.
«Noi siamo d’accordissimo. Ma con i tempi e modi che hanno proposto non si può fare, devono spiegarci loro come vogliono farlo».

Per i democratici alcune competenze devono tornare allo Stato.
«È un tema importantissimo, ma manca la sanità: così come è non funziona ed è stata al centro di numerosi scandali negli ultimi anni. Siamo disponibili a un confronto a un tavolo apposito sulle riforme costituzionali. E poi…».

Dica.
«Ci sono anche altri punti che si possono affrontare. L’abolizione del Cnel, per esempio, per noi è scontata. E anche sulla riduzione delle indennità noi non ne sentiremmo la differenza: già ci tagliamo lo stipendio senza che ci sia la norma».

Sul Senato invece?
«Abbiamo appoggiato il ddl Chiti che già prevedeva quanto ci propone il Pd: una camera che non esprime la fiducia e non vota il bilancio. Bisogna fare però una riflessione sul perché e in quali condizioni. Noi siamo per appoggiare una riduzione dei parlamentari, tagliando anche il numero dei deputati. Ripeto, il ddl Chiti, tra l’altro espressione di una parte del Pd, è solo una traccia».

Ma il fatto che non sia elettivo può essere motivo di scontro?
«Già i padri costituenti avevano messo in chiaro che il Senato doveva essere eletto su base regionale. Un ruolo diverso si può discutere, quello che noi non vogliamo è un Senato di nominati».

Sull’immunità ci sono state molte polemiche in questi giorni.
«Infatti voglio chiarire. Noi siamo contro l’immunità. Salviamo il comma 1, sull’insindacabilità di voti ed opinioni, per il resto politici e cittadini devono essere uguali davanti alla legge».

Lei è visto come l’uomo del dialogo nel M5s. Se la trattativa sulla legge elettorale andasse male, teme che il Movimento possa tornare a chiudersi?
«Io credo che stiamo facendo un percorso perché ora c’è un’altra prospettiva. Abbiamo altri 4 anni di legislatura davanti – un’era geologica in politica – e dobbiamo affrontarla cercando di migliorare quello che questi signori stanno facendo. Comunque ora non si potrà più dire che non siamo stati seri e coerenti».

Dal Corriere della Sera di oggi, 6 luglio 2014