Arriva la dittatura

“Questo è certamente il peggior Presidente della Repubblica che ci sia mai stato. Segni e Cossiga gli fanno un baffo! Già lo sapevamo, ma adesso sta andando oltre ogni limite. E’ in corso un tentativo di revisione costituzionale senza precedenti, che tocca la stessa forma di governo della Repubblica, non dico che nel merito questo sia un bene o un male, che si debba fare in un modo più che in un altro, dico soltanto che, per la sua importanza è il maggiore mai profilatosi in sessantasei anni dalla proclamazione della Carta costituzionale. Si immagina, pertanto, che la discussione debba essere al livello delle ambizioni di dare agli italiani un nuovo ordinamento costituzionale e che questo richieda il tempo e la profondità di discussione necessari, e questa dovrebbe essere materia riservata al Parlamento. Soprattutto, che la discussione avvenga nel modo più libero, senza condizionamenti di sorta del Parlamento.
Invece abbiamo:
una iniziativa di governo discussa e decisa da un Parlamento eletto con un sistema elettorale dichiarato incostituzionale
senza un ampio consenso fra le forze politiche presenti in Parlamento, ma deciso sostanzialmente solo da due, di cui una rappresentata da un interdetto dagli incarichi pubblici e perciò decaduto dal Senato con modalità anomale che applicano un contingentamento dei tempi, che sarebbe tollerabile per una legge ordinaria, ma che non lo è affatto per una riforma costituzionale.
tutto questo si aggiunge un Capo dello Stato, che ha giurato fedeltà alla Costituzione (quella vigente, non una qualsiasi Costituzione presente o futura) e che dovrebbe svolgere funzioni di garante super partes, che invece si spoglia della maglietta dell’arbitro per indossare quella di centravanti di una delle due squadre e che interviene a gamba tesa nella discussione, minacciando lo scioglimento delle Camere se non dovesse passare la riforma voluta dal governo.

Insomma: se non è un colpo di Stato ci manca davvero poco!
Il Presidente minaccia lo scioglimento delle Camere non si capisce bene per quale motivo formale: non c’è una crisi di governo insolubile, non c’è un blocco dell’attività legislativa. Certo: questo Parlamento non è rappresentativo del corpo elettorale, ma questo lo sapevamo già dalla sentenza della Corte costituzionale, quel che non ha impedito al Presidente di considerarlo pienamente legittimo, al punto di avviare (proprio lui!) una riforma dell’art 138 con procedure assolutamente incostituzionali. Insomma, adesso lo sciogliamo perché non fa quello che il Presidente vorrebbe?
Ma, poi, che minaccia sarebbe questa? Votare per la palese non rappresentatività di questo Parlamento era la richiesta delle opposizioni (in particolare del M5s), già dai primi del 2014, per cui, in sé la decisione sarebbe pienamente condivisibile e sarebbe quello che andava fatto già in Primavera. Ma, sia chiaro, non con una legge elettorale nuova: se si deve sciogliere il Parlamento perché non più rappresentativo, non può, quello stesso Parlamento, decidere sulle regole con cui eleggere il successivo e, per di più, con regole che somiglierebbero terribilmente a quelle già dichiarate incostituzionali. Bisognerebbe votare con il “Consultellum“, cioè la vecchia legge Calderoli senza premio di maggioranza e con preferenze. Magari! Il Pd potrebbe sognarsi l’attuale maggioranza assoluta alla Camera ed avremmo un parlamento di eletti e non di nominati.
Ma, qualcuno dice, prima votiamo l’Italicum che è già passato alla Camera ed attende solo il voto del Senato. Solo che è per lo meno discutibile che una Camera sciolta possa discutere e votare una nuova legge elettorale, perché lo scioglimento mette immediatamente in moto la macchina elettorale, con le sue norme per la definizione dei collegi, la formazione delle liste ecc per cui, una volta avviata non si possono modificare le regole in corso d’opera. Dunque, occorrerebbe prima cambiare la legge elettorale per poi votare. Ma in quali tempi? E con quale certezza di risultato? E se il Senato bocciasse l’Italicum? In fondo avrebbe tutto l’interesse a farlo per impedire il suo stesso scioglimento.
Basterebbe anche solo che ne modificasse qualsiasi per doverlo rispedire alla Camera. Inoltre, il calendario del Parlamento è già pieno di adempimenti irrinviabili (ad esempio l’elezione dei membri laici del Csm, senza dei quali, l’organo non può insediarsi). Dunque, si tratterebbe di uno scioglimento “a futura memoria” o se preferite “a babbo morto”. Poi c’è un altro problemino: il Senato non è stato abrogato per cui, intanto, occorrerebbe rieleggerlo e, siccome l’Italicum riguarda solo la Camera, occorrerebbe rieleggerlo con la legge Calderoli che non è stata toccata dalla sentenza della Corte. Sulla carta, stando alle elezioni di maggio, il Pd potrebbe conquistare la maggioranza assoluta anche al Senato vincendo in tutte le regioni, ma chi può garantire che si riproduca lo stesso risultato? I sondaggi per il Pd sono buoni, ma non sarebbe la prima volta che poi le urne lo rovescino. In fondo, c’è stata una marea di astenuti che potrebbero tornare a votare e non è detto che l’elettorato reagisca bene a quella che, a tutti gli effetti, sarebbe una grave sconfitta politica di Renzi. E saremmo di nuovo all’anatra zoppa con due maggioranze diverse fra Camera e Senato. L’unico vantaggio per Renzi sarebbe quello di togliersi dai piedi gli oppositori massacrando bersaniani, cuperliani e civatiani che, però, consci di questa possibilità, potrebbero iniziare a muoversi in modo diverso dal previsto, compreso il rischio di una scissione che metterebbe in forse lo strepitoso successo che Renzi si attende.
Poi ci sono altri piccoli problemi da risolvere: votare va bene, ma quando? In autunno è teoricamente possibile, ma solo rinunciando ad ogni nuova legge elettorale, perché non ci sarebbe il tempo di farla. Inoltre non è mai successo che un paese votasse mentre il suo capo del governo è il presidente di turno nel “semestre europeo”.
Nella primavera prossima: non prima di marzo, perché, in caso di legge elettorale nuova occorrerebbero i tempi tecnici per rifare i collegi e poi ci sono le regionali ed un abbinamento è impossibile per legge. Poi a maggio inizia l’expo e le due cose si intralcerebbero a vicenda e, sino alla fine del 2015 non se ne potrebbe parlare. Ci sarebbe la possibilità di votare a marzo per le regionali ed aprile per le politiche, ma i primi ad insorgere sarebbero i corpi di polizia che sarebbero assoggettati ad un tour de force fra regionali, politiche ed expo, inoltre dopo le regionali ci sarebbe il rischio di un “effetto saturazione” con conseguente astensionismo. Si potrebbero invertire le date, ma occorrerebbe procedere con legge apposita… Insomma, come la voltate e la girate, la scadenza del 2015 sarebbe molto disagevole e dovremmo andare al 2016. E questo cosa è? Uno scioglimento a scoppio ritardato? E Napolitano nel frattempo resta sempre al Quirinale? Insomma, come minaccia, questa dello scioglimento non mi pare una grande minaccia. Il che non toglie che Napolitano sia sempre più un pericolo per la democrazia in questo paese. Bisognerà pensarci”.
Aldo Giannuli