Passaparola: Il Pd e i ladri di Siena, di Raffaele Ascheri

Il Pd e i ladri di Siena
(07:30)

Il Sistema Siena è una metafora dell’Italia. C’è voluta l’inchiesta della magistratura per iniziare a far luce su un network di potere che ha spolpato una banca e dominato una città nel silenzio complice di politica, informazione e (presunte) istituzioni di controllo. In tutto questo il gruppo dirigente storico del Pd ha gravi responsabilità e il nuovo corso di Renzi non sembra aver cambiato verso, come ci spiega in questa intervista Raffaele Ascheri, insegnante e blogger senese, originale figura di libero operatore dell’informazione, il quale per anni ha denunciato in solitudine la “casta di Siena”, attirandosi attacchi e denunce dei vertici della politica, del Monte dei Paschi e perfino della curia senese. Il suo blog non a caso si chiama L’Eretico di Siena. Piero Ricca

Piero Ricca – Raffaele, perché ti è venuta questa voglia di raccontare il caso Siena quando tutti tacevano?

Raffaele Ascheri – Per un semplice motivo, perché mi sono accorto che la stampa locale, la radio, la televisione, non dicevano niente, assolutamente niente di quelli che erano i veri problemi e quindi ho cercato, pure non essendo un giornalista professionista, di farlo io e quindi sono diventato in questo senso blogger e a modo mio informatore della città.

Piero Ricca – A che punto sono i procedimenti giudiziari sul caso Montepaschi?

Raffaele Ascheri – Dunque, sul caso Montepaschi il primo processo, quello per ostacolo alla vigilanza, è già iniziato da alcuni mesi ed è in corso di svolgimento a Siena, principali imputati sono Mussari e l’ex direttore generale Antonio Vigni.
E poi c’è quello ancora più importante, sostanzialmente sull’acquisizione di Antonveneta. Il Gup Gaggelli, proprio qualche giorno fa, ha accolto le istanze dei difensori che chiedevano lo spostamento da Siena a Milano.
Quello che è interessante è che all’interno di questo processo pare stia prendendo corpo un fascicolo che riguarda proprio i rapporti tra la politica nazionale, la politica locale e l’ex management di MPS per quanto riguarda Antonveneta: quello sarebbe un filone esplosivo.

Piero Ricca – Ci riassumi la vicenda Antonveneta?

Raffaele Ascheri – Nel novembre del 2007 avviene il fattaccio, Banca Mps all’improvviso compra, sotto la presidenza di Mussari, la banca Antonveneta, una banca che aveva molti problemi, molti debiti, e non solo la compra, ma la strapaga, qui c’è una differenza di svariati miliardi di Euro tra il valore effettivo della banca di allora e quanto viene effettivamente pagata. E questo è anche l’oggetto del processo in corso.

Piero Ricca – Si levarono voci critiche?

Raffaele Ascheri – No. La stampa locale plaude, la stampa nazionale con pochissime eccezioni lo stesso, magari qualcuno sottolinea il prezzo un po’ alto, ma plaude, nessuno dice niente: il PD applaude, ma non solo il PD, addirittura anche la C.G.I.L..

Piero Ricca – Risultato?

Raffaele Ascheri – La vecchia gestione MPS, quella di Mussari per intendersi, ha lasciato in pessime acque la banca; non a caso sono dovuti arrivare prima i Tremonti Bond e poi i Monti Bond, che sono aiuti di Stato, cosa che lascia perplessa anche l’Unione Europea.
La banca creata dalla comunità senese nel 1472 non è più sotto il controllo della città, guarderemo ora con questo aumento di capitale di cui la banca ha bisogno, di 5 miliardi, in che mani finirà, ma certamente il rischio di un controllo più estero che italiano è ben presente.

Piero Ricca – E il caso Minucci in quale contesto va collocato?

Raffaele Ascheri – L’ultimo caso apparentemente riguarda solo il Basket, solo lo sport, in realtà è molto di più, perché il caso Minucci è un caso all’interno del sistema Siena, il sistema Siena si è alimentato del “panem et circences”, essenzialmente quindi lo Sport e in primo luogo il Calcio e ancora di più il Basket, che è stata sempre la vetrina attraverso cui i vari Mussari e i vari amministratori del Partito Democratico, hanno voluto creare una immagine, purtroppo, artefatta e falsa di Siena e del loro potere locale.
Non a caso quando parla di Minucci la procura usa espressioni molto dure e forti, si parla di organizzazione, di sodalizio criminale, indicando lui e i suoi più stretti collaboratori, si parla di molto denaro, denaro che era della banca e che secondo l’accusa sarebbe stato utilizzato in parte per la gestione della squadra più vincente degli ultimi anni del Basket in Italia, ma anche per alimentare ricchezze personali dello stesso Minucci e del suo clan.

Piero Ricca – Un sodalizio che ha generato scalate nazionali…

Raffaele Ascheri – Evidentemente è un qualcosa che non riguarda solo lo Sport né solo lo Sport senese, perché se pensiamo che Minucci, già sotto inchiesta da più di un anno, due mesi fa è stato eletto, 14 voti a favore e due soli contrari, come Presidente della Lega Basket, si capisce che il sistema Minucci era più articolato e ramificato anche fuori dalle mura senesi.
E tutto ciò è coerente con quello che era successo in precedenza a partire dal 2010, con Mussari, Presidente della Banca, poi eletto alla presidenza dell’Abi, della confindustria delle banche, e ancora più clamorosamente rieletto nel 2012, quando già tutta l’Italia sapeva delle condizioni in cui versava il Monte dei Paschi e il suo grande sponsor è stato proprio Alessandro Profumo, l’attuale presidente di Monte dei Paschi.
Carriere, quindi, sia quella di Minucci sia quella prima di Mussari, costruite partendo da Siena, partendo con i soldi del Monte dei Paschi di Siena, per poi arrivare a Roma ai massimi consessi nazionali.
Un altro esempio, anche se lì per ora la magistratura non si è interessata, è il caso di una persona molto vicina sia a Minucci sia a Mussari, il giornalista senese Stefano Bisi, che per alcuni è l’ideologo del sistema Siena, il quale qualche mese mesi fa è diventato il capo, il Gran Maestro del Goi, cioè del Grande Oriente d’Italia, la loggia massonica più importante che ci sia in Italia.

Piero Ricca – Il nuovo PD di Renzi sta cambiando qualche cosa?

Raffaele Ascheri – Apparentemente Renzi, come sempre, si pone come una persona nuova e che quindi dovrebbe dire anche parole di novità e di freschezza sul Monte dei Paschi, in realtà la posizione di Renzi è molto ambigua.
Lui ufficialmente non dice niente sul Monte dei Paschi, non si pronuncia, il che è già un po’ ambiguo, ma soprattutto quello che conta è che Renzi ha un legame speciale con Verdini, e questa è una cosa che deve essere sempre tenuta presente anche nella gestione del potere su Siena.
Bisogna anche dire che Renzi, qualcuno lo ricorderà, concluse la sua campagna elettorale per le primarie, le prime primarie, quelle perse contro Bersani, proprio a Siena. Ci si aspettava che arrivasse e che dicesse chissà che cosa su Monte dei Paschi, invece quando arrivò fece un discorso in realtà molto cauto, molto prudente, in cui non citò nessuno personalmente degli esponenti del disastro del sistema Siena.

Piero Ricca – Quali sono le costanti del caso Siena?

Raffaele Ascheri – La stampa non ha svolto il suo ruolo di controllo e di vigilanza, la stampa locale e spesso anche quella nazionale, grazie al fatto che il Monte dei Paschi con la sua pubblicità era molto influente. La politica ovviamente ha una enorme responsabilità, il Pd è il partito egemone, ma anche consociativamente il Pdl che si è spesso accordato con il Pd stesso. Pure la chiesa, la curia senese, ha partecipato al sistema, senza mai dire niente contro questo genere di cose. E poi la vigilanza istituzionale a livello nazionale di Banca d’Italia e Consob non c’è stata, si pensi all’affare Antonveneta. Quindi tutto è accaduto nell’assenza di controlli. Sicché l’unico argine è stata la magistratura.

Piero Ricca – Chi sono i centri di potere che ti hanno querelato?

Raffaele Ascheri – Tutti quelli del sistema Siena, più o meno. L’arcivescovo; Mussari, in quel momento presidente del Mps; l’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi. Quindi la politica, la chiesa e la banca. Il fatto è che a Siena non si spara, almeno fino a questo momento, e quindi il potente si difende con queste querele che sono querele aggressive, per fare vedere che non bisogna alzare la testa.
Io per quanto ho potuto non l’ho messa sotto.

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