Lettera dal figlio di un imprenditore suicida #OmicidiDiStato

Un suicidio ogni 2 giorni e mezzo. Nell’anno 2013 sono state complessivamente 149 le persone che si sono tolte la vita per motivazioni economiche, rispetto agli 89 casi registrati nel 2012 di cui il 40% nel solo ultimo quadrimestre. L’altra notte si è tolto la vita il papà di Francesco Evangelisti, attivista M5S e collaboratore del gruppo consiliare del M5S Lazio. Francesco ha scritto questa lettera:
Essere il figlio unico di un imprenditore che si è suicidato è un’esperienza che spero debbano vivere in pochi. In sintesi la mia giornata è stata questa: sveglia, colazione nel consiglio regionale del Lazio e seguente visione della seduta, da tre giorni bloccata sul fatto che per non far dispiacere il centrodestra e i democristiani del listino e del PD è meglio non usare la parola “genere“. Dopo pranzo, mentre si commentavano le solite amenità dell’orribile baraccone mi è arrivata una telefonata: “Francesco, tuo padre si è sentito male o si è impiccato“. La frase naturalmente aveva le sue ambiguità, non risolte con la chiamata all’ospedale e con quella ai carabinieri di Tarquinia quindi nel dubbio mi sono messo in marcia verso nord. Durante il viaggio ho avuto modo di leggere sul Messaggero che si, mio padre si era suicidato e di ricevere la telefonata dei carabinieri che mi chiedevano di passare da loro, visto che tanto il corpo era a disposizione giudiziaria. Non ho espresso alcun tipo di obiezione dato che mi rifiuto di ricordare mio padre in quella posizione, sicuramente più adatta a dittatori e rockstar che a uno che nella vita ha fatto l’archeologo subacqueo, il fotoromanziere, il commerciante e l’imprenditore nautico. Se esiste un settore deprecabile, soprattutto per la moralità di chi lo popolava prima della caccia alle streghe, è quello della nautica, lo dice uno che è stato concepito in mare che su come solcarlo è stato visto semi obbligato a basare le proprie estati e che è cresciuto a debita distanza da quella feccia che negli anni ha fregato mio padre, abusando di questa maledetta signorilità tipica degli Evangelisti.
Sull’articolo del Messaggero c’era scritto che papà si era suicidato per la crisi ma il problema è molto più complesso.
A prescindere dalle sue doti imprenditoriali , uomo più di visione che di numeri, il fatto che un uomo di 67 anni con una compagna amorevole, un figlio simpatico e una serie di amici e fans decida di mettere termine alla propria vita dipende da numerosi fattori, oltre che dalla solitudine. Prima della “grande crisi” decise di abbandonare la nautica da diporto e di concentrarsi su quella professionale, avendo visto che nell’Adriatico avevano sostituito i pescherecci di piccole dimensioni in legno con quelli di vetroresina. Prende un ingegnere rumeno e gli fa progettare il modello, considerando la possibilità di dotarlo di motori inclusi nelle licenze più accessibili. Inizia a vendere i primi, nel frattempo scopre che c’è un problema legato ad una regia legge sulla costruzione di piccoli scafi, mai abrogata ed interpretata in maniera eterogenea. I primi non pagano, i secondi aspettano il mutuo dalla banca, i terzi che si sblocchino i fondi europei. I primi continuano a non pagare dopo un paio d’anni, il mutuo è ormai un miraggio e i fondi europei sono finiti nelle tasche di qualche zoticone ben piazzato nei giusti uffici regionali. Ha lasciato una lista dettagliata dei crediti che vantava, abbastanza, una volta riscossi, per fargli godere una specie di tranquillità prima della morte naturale. Ma se non entrano i soldi, soprattutto se vuoi mantenere attiva la produzione, finisce la liquidità, i fornitori bisogna pagarli, come? Ricordo con gioia la soluzione che mi offrii uno zelante impiegato di banca più vicina allo strozzinaggio fraudolento che a quella spinta di credito per le PMI tanto amato da chi inietta miliardi in istituti malati e gestiti da malfattori tracotanti. A questo si aggiungano i molti altri mascalzoni che hanno sempre abusato di quel che era mio padre, “un uomo mite, amava il mare come me” lo ha definito oggi il maresciallo, anche lui con una tristezza che esulava dai doveri di ufficio ed è la stessa che traspare dagli altri con cui ha condiviso la sua mirabolante vita e che non lo hanno tradito per tre denari. Nel biglietto che ha lasciato sotto di se c’è scrittoSpero che dove vado ci sia qualche cosa da fare e la gente paghi
Buon viaggio papà che la tua speranza sia realtà perché nessuno debba mai più provare questo dolore” Francescomaria Evangelisti