La persecuzione dei Mapuche

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“Rodrigo Melinao Lican, giovane mapuche di 26 anni della comunità Rayen Mapu, padre di 3 figli piccoli e di un quarto in arrivo, è stato assassinato con un colpo di fucile in pieno petto. Sono stati i familiari e alcuni altri membri della sua comunità a scoprire il 6 agosto 2013 il suo corpo, abbandonato in un campo ben visibile dalla strada, non lontano da un posto di blocco delle Forze Speciali di Polizia a Pidima, alle falde del monte Chiwaihue nella IX Regione del Cile. Circa 5.000 persone hanno partecipato ai suoi funerali. Il fatto che il corpo sia stato trovato proprio in quella zona e in maniera così plateale non è casuale: spesso l’omicidio politico ha l’obiettivo di eliminare persone scomode, (in genere esponenti particolarmente carismatici), ma altre volte – e sembra questo il caso – ha lo scopo di terrorizzare la popolazione per non farle alzare la testa contro il sistema dominante che le nega i suoi diritti. Insomma: un’esecuzione a scopo intimidatorio in piena regola. Ma perché questo omicidio?
La risposta va ricercata nella lotta dei Mapuche, popolo indigeno del Sudamerica che abita nel Wellmapu, il loro territorio ancestrale che comprende buona parte degli attuali stati di Cile ed Argentina. I mapuche si battono per i propri diritti civili contro la repressione dello Stato cileno, (ma anche argentino): il diritto all’autodeterminazione, alla propria cultura, alla propria storia, alla propria spiritualità, e soprattutto il diritto alla propria terra che stanno tentando di recuperare dall’usurpazione dei coloni e dei latifondisti bianchi iniziata nei primi decenni del XX secolo, oltre che da quella più recente e vorace delle multinazionali del legname, minerarie, idroelettriche o del salmone.
Nonostante il prezzo altissimo che pagano a causa della criminalizzazione mediatica della loro protesta sociale, (molto più pesante di quella in Italia contro il Movimento NO TAV), della militarizzazione capillare del proprio territorio, dei violenti raid armati nelle proprie comunità, del clima di costante e quotidiana minaccia, delle continue ingiuste incarcerazioni a scopo persecutorio, e degli omicidi politici, i mapuche combattono fino in fondo la loro battaglia, con una coscienza così chiara e determinata, (fin dall’infanzia), da essere diventata addirittura una loro caratteristica antropologica.
Questa loro coscienza, ricorda molto una canzone di Enzo Jannacci, La poiana, che non vuole abbandonare le sue montagne per nessun motivo: i mapuche non abbandonano la loro terra e la difendono, vivendo fianco a fianco con l’apparato repressivo dello Stato cileno, incontrandolo letteralmente tutte le mattine, e assumendosi a viso aperto e senza chiedere sconti, tutti i rischi e le responsabilità che ne conseguono.
L’incubo ad occhi aperti che improvvisamente ha colpito la famiglia Melinao, fa parte di questo tremendo prezzo che i Mapuche sanno di poter essere chiamati a pagare in qualsiasi momento pur di difendere el Mapu, la Terra, con cui hanno un legame intenso e difficile da spiegare. E’ in nome di questa solenne promessa che i mapuche orientano la loro vita e continuano la loro lotta tra mille angosce, compresa la recente profanazione della tomba del loro congiunto assassinato.
Sarà forse per questa dignità silenziosa che le gocce di condensa sulle pareti di lamiera della casa di Rodrigo che non fermano il freddo pungente dell’inverno australe,emblematico della povertà dignitosa di questo popolo, sembrano le lacrime silenziose del mondo che non sa dove trovare le parole per spiegare al quarto figlio di Rodrigo, quando nascerà, che non conoscerà mai suo padre.” David Monticelli, Osservatore internazionale dei Diritti Umani, Associazione Il Cerchio Onlus