La legge elettorale di Ponzio Pilato

Immagine: particolare di Ponzio Pilato riceve Gesù, da un dipinto di Duccio di Buoninsegna
Articolo di Paolo Becchi.

“Nel novembre 2009, il signor X, un comune «cittadino elettore», conveniva in giudizio la Presidenza del Consiglio ed il Ministero dell’Interno perché nelle elezioni 2006 e 2008 era stato costretto a votare con modalità – previste nel Porcellum – contrarie alla Costituzione. In particolare, secondo il signor X, l’impossibilità di esprimere la preferenza ai singoli candidati sarebbe stata in contrasto con il diritto al «voto personale e diretto» e l’attribuzione di un premio di maggioranza avrebbe violato il principio di uguaglianza del voto.
Il Tribunale di Milano respingeva le domande, giudicando inoltre «manifestamente infondate» le eccezioni di incostituzionalità sollevate. La Corte d’Appello rigettava a sua volta l’appello, ribadendo l’infondatezza della questione di costituzionalità.
È stata invece la Corte di Cassazione a riaprire i giochi, valutando l’eccezione di incostituzionalità. La Cassazione ha preso posizione sulla «possibile obiezione secondo cui quella in esame sarebbe un’azione di mero accertamento con l’unico fine di ottenere dal giudice solo un “visto di entrata” per l’accesso al giudizio costituzionale, in tal modo rivelandosi la sua pretestuosità». Il pregiudizio concreto, in realtà, esisterebbe: «lo stato di incertezza» riguardo l’espressione del voto sarebbe, infatti, «fonte di un pregiudizio concreto», come tale «sufficiente per giustificare la meritevolezza dell’interesse ad agire in capo ai ricorrenti».
Ci interessa però, soprattutto la questione dal punto di vista politico. Sia il Presidente della Repubblica che la Corte hanno più volte fatto pressione sul Parlamento affinché fossero le Camere ad intervenire sulla legge elettorale. Non è un caso che Gaetano Silvestri, appena nominato nuovo presidente della Consulta, avesse da subito avvertito che vi erano «aspetti problematici rispetto al premio di maggioranza che non prevede una soglia minima», biasimando però la «tendenza a scaricare sul potere giudiziario decisioni che il potere politico non riesce a prendere». Il “Fate presto” di Napolitano è stato, poi, ripetuto più volte, dall’inizio della sua rielezione («Non sono intenzionato a rivivere, da Presidente della Repubblica, l’incubo dei mesi […] in cui si è pestata l’acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale»), sino ad oggi: «Stiamo giungendo a un nuovo limite estremo a questo riguardo: l’esame della questione cui la Corte costituzionale è stata chiamata e che essa condurrà nell’udienza fissata per il 3 dicembre. La dignità del Parlamento e delle stesse forze politiche si difende non lasciando il campo ad altra istituzione, di suprema autorità ma non preposta a dare essa stessa soluzioni legislative, a questioni essenziali per il funzionamento dello Stato democratico» (23 ottobre 2013).
Politicamente, sia il Presidente della Repubblica che la stessa Corte non vorrebbero che la questione elettorale passasse per la via della giustizia costituzionale. Cosa farà quindi la Corte? Dichiarerà inammissibile il ricorso? Non andrà, al limite, «oltre un monito»? Come pronunciarsi in tema di legislazione elettorale?
Se sotto il profilo giuridico una pronunzia di incostituzionalità potrebbe sollevare diverse critiche e dubbi, è certo che, dal punto di vista politico, nessuno – compresa la Corte – sembra aver interesse a condannare il Porcellum. Paradosso difficile: la Consulta costretta a pronunziarsi su una questione che nessuno avrebbe mai voluto sollevare e, soprattutto, che nessuno – di fatto – ha mai sollevato.
Eliminare la legge elettorale per via giudiziaria significherebbe, poi, registrare la fine dell’operazione politica voluta da Napolitano. La rottura, di fatto, delle “larghe intese” – con il passaggio di Forza Italia all’opposizione – potrebbe favorire paradossalmente, come Letta pensa, la stabilità del Governo e, di conseguenza, l’intervento delle Camere sulla legge elettorale. È possibile, allora, che la Corte non si pronunzi. Decisione che sarebbe ineccepibile, sotto molti aspetti, sul piano giuridico. Ma a chi rivolgerebbe, a quel punto, i suoi moniti?
Ed ecco il secondo è più difficile paradosso: la Corte potrebbe non pronunciarsi per salvare le larghe intese, proprio quando le larghe intese non esistono più di fatto, ma solo secondo una finzione giuridica (formalmente il Governo Letta può vantarsi di esprimere un accordo tra Centrosinistra e Centrodestra – seppur un Centrodestra di berlusconiani senza Berlusconi, nuovo ircocervo della politica italiana).” Paolo Becchi

Nota. Per un approfondimento delle questioni relative all’ordinanza di remissione della Corte di Cassazione, si vedano, tra gli altri, gli atti del seminario Le Corti e il voto. Seminario sull’ordinanza di remissione della Corte di Cassazione e le prospettive dell’innovazione elettorale in Italia, 12 giugno 2013, in «Nomos», 1/2013. Si vedano anche: R. Romboli, La costituzionalità della legge elettorale 270/05: la Cassazione introduce, in via giurisprudenziale, un ricorso quasi diretto alla Corte costituzionale?, in «Il Foro italiano», 6, 2013, pp. 1836-1838; F. Dal Canto, La legge elettorale dinanzi alla Corte costituzionale: verso il superamento di una zona franca?, in «Quaderni costituzionali», 3, 2013, pp. 624-627; D. Carrarelli, Legge elettorale e sindacato di costituzionalità, in «Giurisprudenza italiana», 6, 2013, pp. 1462-1469; E. Olivito, Fictio litis e sindacato di costituzionalità della legge elettorale. Può una finzione processuale aprire un varco nelle zone d’ombra della giustizia costituzionale?, in «Costituzionalismo.it», 2, 2013; G. Repetto, Il divieto di fictio litis come connotato della natura incidentale del giudizio di costituzionalità. spunti a partire dalla recente ordinanza della corte di cassazione in tema di legge elettorale, in «www.associazionedeicostituzionalisti.it», 21 settembre 2013; P. Ziccchittu, L’incostituzionalità della legge elettorale ovvero quando il giudice comune “confonde” Corte costituzionale e Parlamento, in «www.associazionedeicostituzionalisti.it», novembre 2013; R. Balduzzi – P. Costanzo (a cura di), Le zone d’ombra della giustizia costituzionale. Il giudizio delle leggi, Torino, 2007.