Competitività: Italia non pervenuta

“E’ uscita la classifica che ogni anno il World Economic Forum realizza sulla competitività delle nazioni e per l’Italia cattive nuove, in un anno abbiamo perso 7 posizioni passando dal 42esimo al 49esimo posto. In realtà il nostro punteggio in termini assoluti (4.4 su 7) è rimasto immutato ma altri paesi si sono migliorati superandoci. In classifica siamo appaiati al Kazakistan a cui assomigliamo sempre più. Il piazzamento è il frutto di una media composta da 114 differenti valutazioni. A tenerci in questa posizione è in primo luogo la dimensione di quella che resta una delle prime dieci economie del pianeta e l’eredità di un recente passato da benestanti. Siamo sesti come speranza di vita, 14esimi per telefonini e 18esimi nei voli aerei, 28esimi per numero di studenti, ma 72esimi per qualità del sistema educativo.
Poi si aprono due universi, quello delle imprese e quello di competenza dello Stato. Non esiste nessun paese in cui la differenza tra i due mondi sia così abissale. Nella sfera imprenditoriale e dell’Innovazione siamo in quasi tutti i fattori davanti alla nostra media; 14esimi per quantità di imprese, 11esimi per competitività, 27esimi per sofisticazione dei processi produttivi e addirittura secondi in assoluto per quanto riguarda i distretti produttivi.
Nel capitolo dedicato alle Istituzioni l’Italia è sotto la media in 20 parametri su 22. Perché siamo l’unico paese G7 dove non c’è crescita? Forse perché il nostro sistema giudiziario è al 145esimo posto? O è la trasparenza nei processi decisionali pubblici che manca, visto che solo 8 paesi fanno peggio di noi? O magari è il peso della regolamentazione a tenere lontani gli investitori, ci sono solo 2 paesi su 148 peggio di noi. Come debito pubblico solo 4 peggio di noi. E come effetto della tassazione sulla creazione di lavoro? Ultimi di 148 paesi. Con dati di questo genere qualsiasi governo, di destra, di sinistra o di centro non penserebbe che a una cosa; tagliare tasse e spesa pubblica in modo consistente e continuativo. Il nostro preferisce fare il contrario.” Marco Di Gregorio