L’importante è dormire tranquilli – di Dario Fo

di Dario Fo
“La storia di Alua, una bambina di sei anni che con la madre Alma Shalabayeva è stata letteralmente sequestrata, come da noi sono usi fare i criminali della ‘ndrangheta, per poi caricarla su un aereo pagato dallo stato del Kazakistan, ha scosso fortemente una quantità immensa di uomini e donne del nostro paese. Ognuno, a cominciare dai personaggi di potere e responsabilità politica, ha pronunciato parole di indignazione profonda e si è detto spesso sgomento sia per la brutalità con cui l’ambasciatore di una nazione straniera è arrivato ad indurre la nostra polizia a compiere un blitz da cattura di boss mafiosi sia per le menzogne e i “non sapevo“, “non mi immaginavo“, “nessuno mi ha avvertito” con cui il responsabile del Ministero degli Interni e i suoi collaboratori si sono tratti d’impaccio, così dimostrando, se ce ne fosse stato bisogno, una sfacciataggine davvero poco onorevole.
A questo punto, come in tutte le farse che si rispettano, almeno da noi, eccoci al momento del redde rationem, cioè alla resa dei conti.
Chi è il responsabile maggiore? Dove si è mancato? Chi ha dato false informazioni dell’avvenuto? Chi ha truccato i dialoghi e gli avvenimenti? Chi si è lasciato corrompere? E qui ancora, dobbiamo ammettere, noi italiani siamo i maestri del mondo. In tutti i paesi civili l’espressione italica del: “Io non c’ero e se c’ero dormivo” è un escamotage del tutto sconosciuto. Da noi, a ‘sto punto, c’è la danza degli stracci che volano, e chi li lancia in aria, guarda caso, sono proprio loro, i veri colpevoli in abito da sera con cravatta. Volano capi di gabinetto, poliziotti di secondo peso, assistenti, segretari maschi e femmine, di ruolo decorativo. Se guardate bene è una ecatombe di povere figure di contorno che danzano nel vuoto, e nel momento in cui vengono defenestrate nemmeno respirano, non balbettano nemmeno: “Ma che c’entro io?“.
A questo punto ogni persona civile che incontri nella giornata chiede attonita: “Come è possibile che una nazione di poco conto, storicamente parlando, possa agire con tale smaccata protervia su un paese che invece una memoria ineguagliabile, specie nel suo passato, la possiede e come? E allora ecco che appaiono i sapienti che fin nel profondo conoscono le ragioni della spudorata imposizione. Quando ci dicono: “Fai questo”, “Abbassa la testa”, “Mettiti a nostro servizio”, “Datti da fare subito e in fretta” dietro c’è sempre un grande ricatto che, guarda caso, è immancabilmente o quasi sempre lo stesso: petrolio, gas solido o liquido a volontà, materie prime. Ed ecco che subito l’Italia dei grandi musicisti, dei pittori celeberrimi, dei grandi scrittori e poeti, degli ingegneri e degli architetti più famosi nel mondo, per non parlare della gente di spettacolo, finisce dentro la discarica dell’oblio e dell’inutilità dell’arte e della cultura. È il giro d’affari che conta, è il pericolo di un contraccolpo economico che ci butterebbe indietro di un secolo. Quindi silenzio, abbassa la testa, coglione, e ubbidisci, se no niente commesse, niente forniture, niente giro d’affari, niente mazzette e faccendieri che volano alto dove osano soltanto le aquile, pardon, le banche quotate.
Quindi cerchiamo di stare nella realtà, non alziamo né i toni né il linguaggio.
Eh no, per dio, l’unica cosa che ci rimane ancora disponibile, non so per quanto (dipende da noi) è il diritto alla parola e perfino ai gesti, mimici s’intende, solo quelli. Dobbiamo parlare, in ogni occasione e con chicchessia, non con l’intento di far quattro chiacchiere ma con quello di informare, di aprire l’attenzione a chi è facile a spegnersi e soprattutto a ripetere i luoghi comuni imparati dai servizi televisivi e dalla gran quantità di quotidiani di regime. Mio dio, che ho detto! Regime! Mi è sfuggito? No, sono convinto di quello che dico. Lo so che dispiaccio tanto alle persone tranquille, serene, che non vogliono farsi trascinare nella indignazione quotidiana, che vogliono mangiare tranquilli e digerire senza il rutto dell’angoscia e della colpa. Mi dispiace, ma è dovere di ogni persona civile, in certi momenti, levare la voce e svegliare le coscienze, intorpidite dalla solita tiritera dei mass media e dei buoni maestri della banalità.
Il maggior timore per quanto riguarda questa vicenda ignobile di una bambina sconvolta dal sentirsi catturata, trasportata senza ragione fuori dal proprio luogo di vita insieme alla madre per un semplice ricatto di bassa politica, è che, come succede spesso nel nostro paese, si giunga al lassismo totale e collettivo, un fenomeno a cui siamo facilmente soggetti e che, dopo una vampata di indignazione abbastanza imponente, vede l’interesse da parte della popolazione scemare fino ad estinguersi totalmente.
Bisogna che impariamo, tutti insieme a prendere le nostre responsabilità, che non possono limitarsi al poter dichiarare con orgoglio: “Sono pulito”, “Non faccio che il mio dovere”, “Pago le tasse”, “Aiuto i diseredati”, “Lotto contro il licenziamento e l’ingiustizia dello sfruttamento“. Non basta. La cosa più dura e noiosa è quella di tener accesa la luce, quella che gli antichi chiamavano la lampada dell’intendimento. A costo di apparire ossessivi, rompiscatole e velleitari. Come diceva Rousseau, intelligenza poco ascoltata: “Sfuggire al tormentone dell’uomo che si impegna dinnanzi ad ogni iniquità è un dovere per la tua serena gestione della vita. Evitalo, vivrai senza angosce e senza senso di colpa. Certo, vivrai una vita mediocre, ma importante è non aver grane“. Dario Fo