Richard Ginori: il made in Italy in frantumi

La Richard Ginori in frantumi
(09:32)

Alfonso Bonafede, deputato M5S: Noi facciamo il nostro in bocca al lupo a tutti i lavoratori della Richard Ginori e gli esprimiamo la nostra solidarietà e soprattutto ci uniamo all’auspicio che qualsiasi soluzione verrà presa sarà una soluzione che prenda in considerazione, come necessità che questo stabilimento torni a lavorare a pieno regime, che quindi la produzione resti saldamente in Italia e che riparta da coloro che hanno investito la loro vita in questa azienda e che vogliono continuare a farla.
Questa è l’idea di economia che noi vogliamo venga proiettata in futuro, cioè una economia che parta dai lavoratori, dalla produzione, all’interno del nostro paese e che poi da lì possa andare nel mondo, ma è il prodotto che deve andare nel mondo, non l’azienda.

“Il caso Richard Ginori è scoppiato a inizio 2012 quando è venuta fuori con tutta evidenza la situazione della società: un buco di 80 milioni di Euro rispetto a un fatturato annuo di circa trenta. L’azienda è stata posta in liquidazione volontaria e è iniziato un percorso per predisporre un concordato preventivo, che ne comprendesse anche la vendita. Alla fine sono rimaste in gara due società, una la Sanbonè di Torino, proprietaria di una fabbrica di porcellana di un marchio altrettanto famoso, l’altra società è una cordata composta dall’americana Lenox e dalla italo rumena Apolum, due colossi nel settore. Su queste due possibilità si è praticata una forte divisione sindacale, perché Richard Ginori oltre a un caso economico, finanziario, addirittura con strascichi giudiziari, è un caso politico. A Sesto Fiorentino, si è creata una divisione sindacale perché i Cobas e la nostra organizzazione sindacale ha optato per un piano industriale, quello della Lenox che prevedeva il reintegro del 90% dei lavoratori e il mantenimento di tutte le produzioni a Sesto Fiorentino, i sindacati confederali (CGIL, CISL, UIL) ma anche il potere, inteso come politica qui a Sesto Fiorentino, ha optato per l’altro piano industriale, quello della Torinese Sambonè, che prevedeva la rioccupazione di un terzo dei lavoratori e dell’esternalizzazione delle produzioni della metà delle produzioni in Germania, presso appunto lo stabilimento Rosental. Alla fine è stata assegnata comunque all’americana Lenox e quindi pensavamo che la situazione fosse risolta in qualche modo. Così non è stato perché il 7 gennaio, che è il giorno per l’appunto in cui i lavoratori dovevano ripartire a lavorare dalla cassa integrazione, il Tribunale di Firenze ha dichiarato inspiegabilmente fallita Richard Ginori, non accogliendo il concordato preventivo. Francamente ci sono state abbastanza oscure le ragioni per cui è fallita. Oggi qualcosa in più, come dire, intravediamo in quel fallimento, e cioè il fatto che fosse stato, forse, propedeutico alla apertura di indagini che sono state fatte alla procura di Firenze, all’ex Presidente della Richard Ginori, Roberto Villa, è stata aperta appunto una indagine per bancarotta fraudolente. Il 7 di gennaio abbiamo occupato immediatamente la fabbrica, perché volevamo dare un segnale rispetto a un atto così grave altrettanto forte, da parte dei lavoratori, per rendere visibile all’opinione pubblica tutto quello che stava succedendo e con il fallimento è stato però decretato anche fortunatamente l’esercizio provvisorio, che ha consentito ai lavoratori, anche se in piccolo numero, di rientrare a lavoro per espletare alcune produzioni, perché siamo nel paradosso che Richard Ginori, nonostante sia fallita e sia chiusa in sostanza, continua sul mercato a reperire ordini, questo a significare anche che la crisi non è stata una crisi di prodotto o di mercato, ma assolutamente una crisi finanziaria addebitabile al passato gruppo dirigente e alle scelte che ha fatto il passato gruppo dirigente, dopo l’occupazione appunto l’esercizio provvisorio, siamo passati al presidio e i lavoratori stanno presidiando i cancelli ormai da un mese e mezzo, perché riteniamo utile, come lavoratori, vigilare su quello che sta succedendo, ma perché siamo convinti che debbano restare accesi i riflettori sulla Richard Ginori, perché è ovvio che Richard Ginori sotto la lente di ingrandimento è le cose devono essere fatte per forza con più chiarezza da parte di tutti. Noi siamo già passati da una esperienza di questo tipo, nel 2005, dove allora tutti i politici di tutti gli schieramenti, tutti i partiti, fecero la passerella davanti alla Richard Ginori, ma con risultati zero, devo dire che a oggi la politica non è stata assolutamente vicino alla Richard Ginori, noi ci auspicavamo che per esempio di fronte a due piani industriali così diversi e così palesemente sbilanciati da una parte o dall’altra, quanto meno la politica locale e non solo, dovesse prendere una posizione, così non è stato, questo ci ha deluso fortemente. Al primo posto c’è il discorso occupazione, tra l’altro è uscito in questi giorni il bando dell’asta con cui si assegnerà Richard Ginori a metà marzo e siamo rimasti molto delusi, perché abbiamo capito dal bando che l’ipotesi nella valutazione del bando, dell’offerta attraverso cui sarà assegnata la Richard Ginori non viene presa in considerazione la parte sociale, cioè quella dell’occupazione, ma anche del piano industriale, ma sarà assolutamente preminente la parte economica. E questo per noi è assolutamente non accettabile. Ovviamente noi ci auspichiamo una soluzione che occupi prima di tutto tutti i lavoratori della Richard Ginori a e che mantenga tutte le produzioni sul territorio di Sesto Fiorentino. Il piano industriale di Sambonè prevede appunto che metà delle produzioni di Richard Ginori vengano esportate in Germania, è vero che l’acquisto della azienda sarebbe effettuato da una società italiana, ma è altrettanto vero appunto che poi metà delle produzioni vengono fatte in Germania, ma non solo, intravediamo dietro a questo progetto soltanto un progetto di acquisizione del marchio. È evidente che dato che il piano industriale di Sambonè prevede che qui a Sesto resti soltanto la parte decorata e la produzione venga fatta in Germania è evidente che produrre in Germania per venire a decorare a Sesto e riportare il prodotto in Germania è una soluzione assolutamente antieconomica, che lascia intravedere la possibilità di una progressiva dismissione della Richard Ginori da Sesto Fiorentino e una sua scomparsa.” Giovanni Nencini