Politica, antipolitica e il pollice di Cesare

“L’immaginario collettivo della nazione, teledipendente e acritico, si muove a ondate modaiole da sempre, gettandosi a capofitto in un italianissimo guazzabuglio di pensiero unico omologato che è sempre stato il confronto/scontro tra guelfi e ghibellini. Uscire da questo binario forzato per topi da laboratorio, rimane il primo punto fondamentale di una auspicata rivoluzione culturale, tappa fondamentale per crescere come collettività di cittadini liberi. L’intero sistema mediatico è strutturato, in Italia, in modo tale da spingere a partecipare sempre e soltanto a condizione di porsi come tifoso partigiano, per consentire dei meccanismi di identificazione facili da strutturare (e quindi manipolarne ogni componente) garantendosi il consenso nel nome di principi astratti, teorie, bandiere, divise da indossare, che ruotano intorno alla costituzione condivisa di un immediato ghetto culturale, miope e ottuso, che esclude – in quanto ghetto – chiunque tenti una qualsivoglia forma di elaborazione, argomentazione, magari contestazione di merito, che diano avvio a riflessioni ad uso della collettività. Se oggi, novembre 2012, ci troviamo in una esasperante condizione di totale sbandamento della nazione, è dovuto in grandissima parte al trionfo di questo principio basico dell’immaginario collettivo, vero e proprio trionfo delle oligarchie che gestiscono il potere nel nostro Paese; basterebbe un semplice ed elementare esempio: non c’è stata nessuna forza politica, nessun soggetto politico, nessun intellettuale, nessun economista, nessun gruppo organizzato, movimento, partito, o associazione che fosse, che negli anni’90 ha avviato nel Paese una discussione generale con un tema facile facile da porre, come necessaria e unica domanda: “A noi italiani, e all’Italia come nazione, conviene entrare a far parte dell’euro?“. Non se n’è mai parlato. Ancora peggio: nessuno lo ha mai proposto. Gli italiani hanno aderito all’euro e la domanda è stata posta soltanto nel giugno del 2011, 15 anni dopo. Il dibattito è diventato avvilente, come sarebbe avvilente e tragicamente ridicolo se oggi gli aquilani si riunissero per discutere se è il caso o meno di attuare un piano di ristrutturazione edile e di prevenzione per evitare che venga danneggiato il centro storico, scomparso tra le macerie nel 2009. La nuova moda è finita nel solito calderone guelfi/ghibellini creando due fronti religiosi; da una parte “morire pur di salvare l’euro“, dall’altra “moriamo se non usciamo dall’euro“. Due posizioni estreme e irrazionali, entrambe stupide e prive di significato, perché portate avanti – fondamentalmente – su basi irrazionali emotive, logiche settarie, pilotate e gestite da demagoghi, furbi di varia natura che hanno trovato il cavallo giusto per tirare la volata al proprio specifico padrone, partito, associazione, e dilettarsi nello sport in cui siamo campioni olimpionici: ottenere un vantaggio personale fregandosene della collettività e della condivisione, gonfiare il proprio narcisismo, costruire un baracchino egoico, lucrando con guadagno individuale sull’onda del tifo. Scoperto il nuovo sport italiota guelfo/ghibellino, poiché si trattava di una materia che implicava la conoscenza tecnica di alcuni meccanismi e dispositivi economici, sono diventati tutti economisti, tutti esperti addirittura in complessi micro aspetti di una materia di cui a nessuno è mai importato nulla, introducendo presso il pubblico italiano la nuova generazione di venditori/profeti/guru di tifo: “gli economisti“. Ciascuno con la propria teoria unica e santa, con il proprio libro da vendere dove sono scritte le uniche medicine buone, con il talk show giusto al quale partecipare, con le proprie pagine specifiche e club su facebook.
E così gli italiani hanno scoperto a livello di massa, con qualche centinaio di anni di ritardo, che esistono le banche potenti e impietose; con circa quaranta anni di ritardo che la propria classe politica è immonda; con ottocento anni di ritardo che esistono le dinastie dei signori aristocratici regionali che usano il territorio, il danaro, le persone, come loro esclusiva proprietà e dominio e non intendono in alcun modo che i loro patrimoni e ricchezze vengano intaccati neppure di un grammo; scoprono all’improvviso dopo sessant’anni, che la Fiat è una struttura finanziaria immorale, anti-italiana, del tutto indifferente al destino della nazione; infine, cominciano poco a poco a scoprire con cinquanta anni di ritardo che i guru televisivi, e i colonnelli della cupola mediatica asservita dei giornalisti, sono semplici funzionari e impiegati di quella classe politica immonda e di quelle banche impietose, e così via dicendo.
Nonostante questi vagiti di consapevolezza collettiva, gli italiani persistono a partecipare volontariamente allo “stesso identico gioco di sempre” con goduria somma delle oligarchie al potere che controllano facilmente le apparenti opposizioni.
Sull’onda delle recenti mode, vengono usati termini come Politica e Anti-politica, diventati francobolli mediatici buoni da appiccicare – in un senso o nell’altro – agli avversari membri del club, setta, associazione, o movimento, diverso e/o opposto al proprio.
Politica è una parola semplice ed elementare: “scienza o arte o attività che definisce l’esercizio del bene comune nel perseguire le esigenze della collettività“. Il “Politico” è colui/colei che “riceve dai cittadini una delega formale e legale per rappresentare le istanze, esigenze, bisogni e desideri di una intera comunità“. Tutto ciò che esula “dall’interesse collettivo e dall’esercizio di una azione personale che va identificata come proiezione e sintesi della volontà collettiva” viene situato all’infuori della politica. E’ per l’appunto “Anti-politica“.
La confusione che oggi regna è tale per cui viene chiamata “anti-politica” un’iidea, una teoria, un humus. Mentre “anti-politica” ha un suo Senso Oggettivo. Ripeto: “tutto ciò che non riguarda la collettività bensì è riferito a singolo o singoli“. Quindi, coloro che non si occupano della cittadinanza perché perseguono un fine soggettivo (sia individuale o di gruppo) non si stanno occupando di politica, bensì di qualcosa d’altro. Il tornaconto personale è la “non-politica“. Non si tratta né di morale né di etica. Si tratta di etimologia, di logica del Senso. Bisogna ritornare a definire le cose con il loro nome, per ciò che esse sono.
Il solo fatto di far credere ai lettori che un quotidiano (prendo uno a caso) come “Il Foglio” si occupi di “politica” è un FALSO. Notoriamente è gestito da persone che rappresentano interessi privati, il cui obiettivo – con l’aggravante per l’intelligenza degli italiani di essere dichiarato, pubblico e documentato – consiste nel salvaguardare le rendite di posizione di specifiche famiglie e dinastie. E questo vale per tutti gli altri. Compresa la RAI che è “il regno dell’Anti-politica” perché non si occupa di nulla che riguardi la collettività, in quanto il personale non è stato mai assunto, bensì è stato sempre cooptato, evitando la selezione basata sul merito e sulla competenza tecnica specifica. Non è certo un caso che le discussioni, analisi, sui risultati elettorali in Sicilia siano stati argomentati in maniera anti-politica, addirittura presentando dati e documentazioni FALSE. Qui di seguito, in copia e incolla, c’è il commento di un mio lettore, un siciliano intelligente e per bene, che si firma di solito Nino P. In maniera molto chiara ha presentato la situazione reale elettorale siciliana: “PD, calo del -49%, pari a 248.648 voti; UDC, calo è del -38%, pari a 129.281 voti; PDL, calo del -73%, pari a 654.152 voti; M5S: 285.202, incremento di +512% pari a 238.607 nuovi voti. PD, UDC e PDL hanno perso 1.032.211 voti, solo in parte recuperati dai 5 Stelle. Mancano all’appello ben 793.504 voti. Invece di fare polemiche sterili o trionfalismo fuori luogo, i nostri politici dovrebbero cercare di capire come fare a recuperare la fiducia degli elettori. Lo slogan di Nello Musumeci era: “Io mi fido di voi“.” Gli elettori, senz’altro più maturi e disincantati, hanno mostrato chiaramente che non si fidano più di loro!
Il risultato equivale a una sconfitta storica dell’intera classe politica italiana e l’affermazione del MoVimento di Beppe Grillo. Non esiste nessun altro tipo di lettura “politica“, perché “le cifre” e i “documenti oggettivi della collettività” sono, per l’appunto politici. Qualunque affermazione contraria a questa è “anti-politica“, che piaccia o non piaccia. Il risultato non cambia. In data 1 novembre 2012, Il Giornale titola a caratteri cubitali in prima pagina “La casta di Beppe Grillo ci costa 30 milioni di euro l’anno“. Quest’affermazione non viene suffragata da nessun tipo di argomentazione né logica, né documenta né sensata. Non riguarda quindi “la politica“, perché non riguarda la collettività. Riguarda “l’Anti-politica” perché riguarda gli interessi privati di alcune persone. In data 2 novembre 2012 lo stesso quotidiano titola “Grillo sostiene i comunisti” anche in questo caso è la stessa cosa. E così via dicendo. I difensori e rappresentanti delle oligarchie, oggi, diffondono dei falsi dichiarati ormai senza pudore, puntando proprio sulla faziosità di club, alla quale – a seconda dell’interesse personale e privato – i giornalisti aderiscono. Compresi tutti i talk show televisivi, nessuno escluso.
Questo preambolo era per introdurre la mia opinione sull’esternazione di reprimenda da parte di Beppe Grillo nei confronti di una candidata eletta che ha scelto di andare a un talk show. La persona è un attivista del M5S (altrimenti non avrebbe potuto essere eletta), di conseguenza ha aderito a un programma, a un codice collettivo, a delle regole di comportamento che non sono “etiche o morali” bensì squisitamente politiche, il che è diverso. Si è quindi impegnata, a nome della collettività, ad interpretare esigenze della comunità. L’idea base di Grillo è “politica“, ruota intorno al concetto di “gestione comune della cosa pubblica al servizio della collettività“. In Italia non esiste nessuna rete televisiva che si occupi di “politica“, perseguono tutte interessi a fini privati, personali. Tutte hanno aderito in maniera consociativa al principio di eliminazione dal panorama del dibattito italiano degli intellettuali, pensatori, artisti, promuovendo il concetto di “visibilità” inteso come anticamera narcisista dell’Anti-politica. La propria presenza in video diventa trampolino di lancio per attività personali a fini di mercato, quindi “è fuori della Politica“. Beppe Grillo ha smascherato dall’inizio l’intera cupola mediatica televisiva italiana come “il regno dell’Anti-politica“. Non ha alcuna importanza se sia bello oppure brutto, è un dato oggettivo; in conseguenza della sua interpretazione ha stabilito il divieto per gli eletti di partecipare a dibattiti televisivi. E’ un fatto notorio, fondamentale per Grillo. Perché è un ATTO POLITICO, non è un vezzo isterico. Chi viola quella regola, si sta mettendo fuori della Politica, perché con il proprio atto sta dicendo che “non sono interessato al rispetto delle regole del movimento al quale appartengo, perché non credo in un’idea collettiva bensì penso al mio bisogno di visibilità, quindi approfitto dell’occasione“. Tradotto vuol dire “scelgo l’Anti-politica” ovvero l’esigenza del singolo a scapito della regola collettiva.
Chi sostiene che, in questo specifico caso Grillo sia isterico o dittatoriale sbaglia (se è in buona fede) oppure cerca di fare il furbo manipolatore (se è in malafede). Si tratta di POLITICA.
Il M5S, in questo momento, è l’unica realtà immune dall’Anti-politica. Forse finirà come gli altri. Non lo sappiamo. Non si può dire. Gli eletti meritano il credito sulla fiducia: questa è la scommessa. Noi non possiamo che sperare rimangano Politici. La candidata eletta che ha commesso questo atto ha compiuto un gravissimo errore, proponendosi come “aderente all’Anti-politica“. Se voleva andare in televisione doveva farsi candidare con una lista che ha regole diverse. Rosy Bindi, Matteo Renzi & co. stanno in tivù tutte le sere, pagati con i soldi dei contribuenti. Ha inoltre dimostrato, subito, di non essere persona rispettosa delle “regole comuni” (base della Politica). In Politica, la severità civica è la Somma Virtù. E’ la garanzia per la collettività. Non c’entra nulla la dittatura, anzi.
L’Italia è stata messa in ginocchio dalla videocrazia gestita in totale consociativismo da Berlusconi insieme a Prodi Veltroni & co., nessuno escluso. Nel 2007 Fausto Bertinotti stava tutte le sere in tivù mentre durante il giorno organizzava il suicidio della sinistra per consegnare il Paese alle destre su un piatto d’argento. Partecipava alla bagarre dell’Anti-politica. Se si fosse occupato di Politica, nel silenzio dell’esercizio della sua funzione, non andando mai, ma proprio mai, in televisione, forse l’Italia starebbe meglio.
La scelta di Beppe Grillo è molto chiara e netta: ha smascherato la Grande Truffa dell’Italia: la Videocrazia oppiacea delle oligarchie del privilegio. Se uno non lo capisce, allora è meglio che non si candidi neppure nel M5S. Oppure, se cominciano ad andare in video pure loro, allora vuol dire che il movimento di Beppe Grillo sta scegliendo l’Anti-politica. Tutti a casa a seguire i gladiatori al grande Colosseo della Vanità Narcisista, facendo il tifo per l’uno o il tifo per l’altro. Tanto a decidere se il pollice è verso l’alto o verso il basso, sarà sempre Cesare. Perché l’ultima parola è sempre quella dell’Imperatore. Per fare Politica, oggi, e farla come opposizione, c’è soltanto un’unica maniera e un’unica possibilità: disinnescare il meccanismo perverso che ha devastato la nazione, sottrarsi al balletto narcisista di chi gestisce l’Anti-politica. NON comparire in televisione è un Atto Politico micidiale. L’unico possibile. Chi conosce i media italiani, sa che le cose stanno esattamente così. Tutto il resto sono chiacchiere dei cultori dell’Anti-politica. Perché se passa questo, per loro è davvero l’inizio della fine. La gente comincerà a pensare e ragionare con la propria testa: è l’ultima cosa che vogliono. Altrimenti non pagherebbero così tanto i camerieri in onda nei talk show, sempre pronti ad imboccarvi e farvi credere alle illusioni. E se è il caso, addirittura pronti a venire a casa vostra a rimboccarvi le coperte. Basta che dormiate: è l’unica cosa che pretendono da voi. I dati elettorali parlano chiaro e sono incontrovertibili. I siciliani, la svegliata se la sono data. Comunque vogliate vedere le cose, le cifre parlano chiaro. Non appena nessuno li vota più, perdono subito la testa e cominciano a straparlare: sono davvero fragilissimi e pieni di terrore. Chi ha paura sono loro. Si stanno rendendo conto che lo schermo televisivo non vi spaventa più come una volta. Per l’Anti-politica è una pessima notizia. La considero un’ottima notizia di Politica.
Da non sottovalutare per chiunque si occupi di Politica.” Sergio Di Cori Modigliani, scrittore e blogger