L’Italia disabile

“Sono felice di pagare delle tasse eque per quello che è il mio reddito, le pago volentieri come tutti i residenti in Italia, in cambio lo Stato, le regioni e i comuni amministrano ottimamente il territorio e garantiscono i servizi e la protezione sociale a tutti. Le cose funzionano e il primo pensiero di tutti è sempre il bene comune. I miei soldi sono spesi bene perchè qualsiasi sia la decisione da prendere prima vengono le persone e un utilizzo sano e parsimonioso delle risorse. La mattina mi alzo volentieri per andare al lavoro. Vado a guadagnarmi il salario che a me permette di soddisfare le necessità della mia famiglia e allo Stato di programmare il miglior futuro possibile con i contributi che giustamente mi trattengono per l’efficacia dei beni e servizi che mi vengono offerti. Siamo il primo Paese dove nessuno resta indietro e l’idea di comunità ha prevalso su tutti gli interessi. Che bel paese l’Italia. Come si vive bene in Italia. Il problema è che poi mi sono svegliato e questo era solo un sogno. Un sogno forse irrealizzabile che però mi ha fatto venire in mente una citazione che avevo letto da qualche parte: “nulla accade prima di essere stato un sogno“.
Il ritorno alla realtà è stato brusco e doloroso, sul tavolo la busta paga della mia compagna che per due ore di supplenza ha avuto una retribuzione di euro 4,46 totali, il giornale parla di proteste delle commesse per le aperture domenicali, di Regione Lazio e consigli regionali.” marco barbon