America selvaggia

“Un video girato da un turista ha immortalato l’ennesima assurda violenza perpetrata dalle sedicenti “forze dell’ordine” nella sedicente “terra della libertà“. L’uccisione a sangue freddo, da parte di una dozzina di poliziotti-sceriffo, di un nero disarmato e isolato, che indietreggiava leggero come il primo Cassius Clay di fronte all’avanzare della muta latrante. Il tutto, non nel profondo Sud del film “Mississipi burning“, ma nella centralissima Times Squares a New York. Reato degno dell’esecuzione immediata, come lo sciacallaggio in guerra: aver fumato uno spinello! Non possiamo dedurre da questo episodio che gli Stati Uniti siano una nazione malata e razzista. Infatti, dobbiamo dedurlo da una miriade di altri episodii. Ad esempio, l’esecuzione in Texas, quattro giorni fa, della condanna a morte di un minorato mentale, con la benedizione della Corte Suprema, che ha sì proibito con una mano l’esecuzione dei minorati mentali, ma con l’altra ha delegato ai vari Stati. E per il Texas di George Bush, ovviamente, un quoziente intellettivo di 61 non è sufficiente. La favola della nazione “land of the free“, e del suo presidente “leader of the free world” è facilmente smascherata dalle cifre relative alla popolazione carceraria. A fronte di una media europea di un carcerato su 2000 abitanti, negli Stati Uniti sta in galera un cittadino su 150. Esattamente la stessa percentuale di quelle altre due note “land of the free“: Russia e Cina. Naturalmente, la maggioranza dei prigionieri negli Stati Uniti è nera o ispanica: senza di loro, la percentuale dei bianchi scende a quella europea, a dimostrazione della concezione razzista dell’ordine pubblico. Guardare il video dell’impietosa esecuzione sommaria, lascia interdetti. Ma il disgusto è accresciuto dal fatto che anche un video come questo sia preceduto, senza pietà, dalla pubblicità”. Lalla M., Arezzo