L’articolo 18 bis

Si discute di costo del lavoro e di flessibilità, di modificare l’articolo 18 per rilanciare l’economia, ma si ignora che il costo del lavoro è gravato da tasse e contributi vari degni di uno strozzino, tra i più alti del mondo, e che gli stipendi italiani sono tra i più bassi d’Europa. Al tavolo di una qualunque azienda sono seduti tre soggetti: l’imprenditore, il lavoratore e lo Stato. Quest’ultimo, come il banco, incassa sempre e, non soddisfatto, ti indebita pure a tua insaputa. L’imprenditore non si trasferisce all’estero per ciò che eroga al suo dipendente, ma per la tassazione sul lavoro, tralasciando gli altri motivi per carità di patria, come la burocrazia e la corruzione. Uno studio dell’Eurostat (*) conferma le basse retribuzioni italiane. Nell’industria manifatturiera italiana la retribuzione lorda è di 17 euro/ora, inferiore di 3,5 alla media UE dell’area euro, pari 20,5 euro. Siamo superati da tutti tranne Spagna, Grecia e Portogallo. In Germania è maggiore di 9,10 euro, in Belgio di 7, in Irlanda di 6,4, in Francia di 5,1. Dal mese di marzo 2012 la situazione si è aggravata con l’aggiunta delle imposte locali per i dipendenti e delle trattenute Inps per dipendenti e aziende. In Italia le imprese sono tassate anche se in perdita attraverso l’IRAP. E’ il meraviglioso mondo delle tasse. Un’ imposta proporzionale al fatturato e non all’utile di esercizio.
Quando un’azienda assume un impiegato o un operaio, in realtà assume anche lo Stato. Paga due, prende uno. In queste condizioni è difficile impedire alle aziende italiane di andarsene, spesso per motivi di pura sopravvivenza. Invece di accanirsi sull’articolo 18 e sul licenziamento libero, è urgente un nuovo articolo 18 bis per diminuire il carico fiscale sui lavoratori e sulle imprese. L’IRAP va cancellato. Gli stipendi devono essere allineati alla media europea. Lo Stato deve dare priorità assoluta alle PMI e impedire la loro delocalizzazione. L’Italia sta diventando un deserto produttivo. Un asino che sopporta carichi incredibili, ma che una sola pagliuzza in più sulla sua schiena può far stramazzare al suolo. E’ il tempo dei tagli, caro Rigor Montis, inizi dalle aziende più improduttive e dannose del Paese, dai partiti e dai giornali che insieme ci costano quasi un miliardo e mezzo di euro. Loro non si arrenderanno mai. Noi neppure. Ci vediamo in Parlamento.
(*) dati 2008