Durban, conferenza sul clima, chi rema contro?

Il mondo è distratto dalla crisi economica e ha accantonato quella ambientale. I governi pensano a come accendere il camino di casa mentre l’appartamento va a fuoco. La chiamano crescita. Dicono che è necessaria per il Pil, per il benessere. Non un solo Stato occidentale ha messo in discussione l’attuale modello di sviluppo. Anzi, nuovi alfieri (più affidabili) di questa economia moribonda stanno sostituendo i vecchi politici alla guida dei governi in tutta Europa. Da almeno 20 anni è in corso una guerra mondiale per l’energia, dai tempi di Bush padre e la guerra in Iraq. L’ultimo conflitto per l’oro nero si è svolto in Libia dove avvengono massacri nell’indifferenza dei nuovi colonialisti. Più energia, più consumi, più potere economico. In questo ventennio di sangue per il predominio delle risorse e di disastri ambientali, si sono susseguite le conferenze per il clima. Rituali, liturgie, prese per il culo. L’ultima fu quella di Copenhagen, la prossima si terrà da lunedì a Durban, in Sudafrica. Si dovrà approvare il “Green Climate Fund“, un fondo di 100 miliardi di di dollari da qui al 2020, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a combattere i cambiamenti climatici dovuti all’effetto serra. Gli Stati Uniti, che non hanno mai ratificato il protocollo di Kyoto, non hanno firmato l’accordo e con loro l’Arabia Saudita che vuole più contributi per i Paesi produttori di petrolio per la perdita di ricavi dovuti alle misure contro il surriscaldamento globale. Arabia Saudita e USA, il produttore e il consumatore. Obama si sta sbiancando, assomiglia sempre più a Giorgdabliùbush. Nel frattempo il costo del carbone sta diminuendo ed è sempre più utilizzato dalle economie in crisi. Stiamo segando il ramo su cui siamo seduti.
Le multinazionali, le vere grandi elettrici dei governi, vogliono mantenere lo status quo. Il loro obiettivo è il profitto. Greenpeace ha pubblicato un rapporto per Durban “Who is holding us back?” (Chi rema contro?). Chi sono queste multinazionali? “Soltanto negli Stati Uniti, ogni anno si spendono 3,5 miliardi di dollari in attività di lobby a livello federale. Royal Dutch Shell, Edison Electric Institute, PG&E, Southern Company, ExxonMobil, Chevron, BP e ConocoPhillips sono nella lista dei 20 più grandi lobbisti. L’organizzazione non governativa 350.org stima che il 94% dei contributi dell’US Chamber of Commerce siano stati usati per sostenere candidati che negano l’esistenza dei cambiamenti climatici. Associazioni di categoria di settori specifici, come l’American Petroleum Institute, la Canadian Association of Petroleum Producers, l’Australian Coal Association, l’Energy Intensive User Group in Sud Africa o le associazioni europee dell’acciaio e della chimica come la Cefic, la BusinessEurope e l’Eurofer hanno preso apertamente posizione contro le misure per tagliare le emissioni di gas serra e fatto campagne per l’utilizzo indiscriminato di fonti fossili di energia.”
Si discute di debito economico, ma il vero debito lo abbiamo con la Terra che non ci farà alcuno sconto.