La risposta di Antonio Manganelli

Antonio Manganelli, capo della Polizia, ha risposto alla lettera aperta che gli avevo indirizzato attraverso il blog. E’ un gesto importante, non frequente da parte di chi rappresenta le Istituzioni. Manganelli afferma di voler discutere le mie proposte: identificativo per le forze dell’ordine e incontri pubblici con i rappresentanti della Polizia per riavvicinare cittadini in borghese e cittadini in divisa. A settembre cercherò di avviare entrambe le proposte. Manganelli spiega che nessuno può essere sospeso se non è condannato in via definitiva, non possono quindi essere sospesi i responsabili della morte di Aldrovandi, condannati in appello, e Alessandro Perugini, oggi dirigente ad Alessandria, che ha sferrato un calcio in faccia a un ragazzino indifeso a terra, ed è stato filmato e fotografato mentre compiva il suo atto eroico. Questi signori mi risulta siano tutti in servizio per “proteggere” i cittadini. Manca una legge per sospenderli? Allora questa legge va fatta urgentemente e io farò il possibile perchè ciò avvenga. Perché nessuno l’ha ancora proposta? Cosa ne pensano i sindacati di Polizia? Chi sporca la divisa, mette tutti i suoi colleghi in difficoltà e mina la fiducia con i cittadini. Non può rimanere in servizio. Ringrazio Antonio Manganelli per la sua risposta e gli invio i miei migliori saluti. Beppe Grillo

Caro Beppe Grillo,
rispondo volentieri alla Sua lettera e mi piace partire proprio da un punto che Lei stesso ha sottolineato.
Migliaia di poliziotti rischiano ogni giorno la vita, e spesso la perdono, per proteggere i cittadini“. E’ proprio così. Questa è la Polizia, un Corpo democratico, da trent’anni smilitarizzato e con rappresentanze sindacali riconducibili alle varie aree di pensiero del nostro Paese. I lavoratori di polizia compiono ogni giorno, in ogni parte d’Italia, veri e propri atti di eroismo che confermano l’amore e la vicinanza per il prossimo;purtroppo non sempre la comunicazione mediatica ne dà il giusto risalto.
Condivido, ovviamente, che questi poliziotti, come Lei scrive, “non meritano di essere associati a chi ha macchiato la divisa e il Corpo a cui appartengono durante il G8“.
Bene. Noi però siamo tenuti a seguire le regole dell’ordinamento giuridico che vige nel nostro Paese. Intanto,”chi ha macchiato la divisa“, violando la legge, lo deve dire una sentenza penale definiva, cioè quella della Cassazione, che a distanza di dieci anni non è ancora arrivata. Io non mi nascondo dietro un dito. Al di là delle responsabilità di chi è arrivato a Genova per fare guerriglia e per devastare, colpevolmente cancellate con un colpo di spugna anche dai ricordi del decennale, vi sono certamente responsabilità riconducibili ad appartenenti alla Polizia. Ci penso continuamente e sono ben consapevole (mi riferisco ad esempio a chi ha introdotto nella Scuola Diaz false prove) che tutto ciò ha minato il necessario rapporto di fiducia tra il cittadino e chi è chiamato a tutelarlo. La nostra legge dice però che un procedimento disciplinare a carico di un operatore di polizia non si può avviare se esiste a suo carico un procedimento penale e, qualora fosse stato avviato, deve essere immediatamente sospeso in attesa delle definizione del procedimento penale. A qualcuno non piace questa legge? Questo è quello che la norma prevede e impone a ciascuno di noi.
La legge dice, inoltre, che fino alla sentenza passata in giudicato, cioè quella della Cassazione, l’innocenza è sempre presunta. Non ci piace neanche questa legge? Spesso pero’ la invochiamo quando qualcuno è “giustiziato” prima che sia esaurito il processo in ogni suo grado e sia pronunciato il giudizio inappellabile di condanna. Attualmente esistono poliziotti imputati ma non condannati in via definitiva. Essi, dunque, devono ritenersi, per legge, non per mia volontà, innocenti fin quando la Cassazione non metterà la parola fine, dopo un numero interminabile di anni, nel corso dei quali la graticola mediatica ha rappresentato comunque un’ “anticipazione di pena“, inaccettabile per chi dovesse risultare “non colpevole” all’esito del giudizio definitivo.
Hanno “fatto carriera“? Quando la loro anzianità di servizio lo ha imposto, sono stati valutati negli ordinari scrutini di avanzamento, assieme ai colleghi, per la complessiva attivita’ svolta nei venti-trent’anni di servizio che ciascuno aveva. Qualcuno ha avuto l’avanzamento della propria qualifica, qualcuno no, secondo le ordinarie procedure. Nessuno e’ diventato “questore di Genova“, tutti sono stati valutati non quali “condannati” perché, come ho detto, non lo sono.
Accolgo con molto interesse l’invito a discutere le proposte contenute nella Sua lettera al più presto, come le ho anticipato telefonicamente, perché trovo davvero prioritaria l’esigenza di ripristinare il corretto rapporto tra cittadino e poliziotto, laddove questo risultasse incrinato, per qualsiasi ragione. Colgo l’occasione per inviarLe un cordiale saluto.” Antonio Manganelli