La realpolitik delle poltrone

Beppe Grillo a Bologna – 7 maggio 2011
(08:32)

Nella competizione elettorale i partiti minori spesso non partecipano e “appoggiano” il candidato di uno dei due poli. Si chiama “realpolitik“. In sostanza il partito minore contratta a tavolino con il Pdl o il Pdmenoelle due consiglieri regionali, quattro consiglieri comunali, un assessore. Decide di non presentarsi, o di far finta per poi far confluire i suoi voti al ballottaggio. In pratica è la spartizione delle spoglie del cittadino elettore a sua insaputa.
A Torino, solo per fare un esempio, c’è Fassino che corre (ma dove corre povera anima?) con l’appoggio di tutti i partiti del centro sinistra di ordinanza che non hanno perciò presentato una loro lista, ma hanno già i consiglieri in Sala Rossa. Il partito minore può anche appoggiare indifferentemente un polo o l’altro. La candidatura della Bresso alla Regione Piemonte fu sostenuta dall’UDC di Casini. Il prezzo della rinuncia a una lista indipendente è l’assegnazione di un cospicuo numero di consiglieri a chi si presta a fare da mosca cocchiera. Il partito minore non è interessato alla percentuale di voti che avrà, ma al numero di poltrone che contratta prima. E’ il modello “captive” contro quello del libero mercato. Un’azienda “captive” ha un solo cliente a cui fattura, se il cliente cambia le sue logiche o entra in crisi, l’azienda “captive” fallisce. E’ successo a centinaia di società che lavoravano per Fiat o per Telecom.
La realpolitik di vendersi il culo conto terzi ti mette al riparo dal libero mercato, dal giudizio dei cittadini, vinci anche se perdi e non hai nessuna barriera da superare per entrare in Consiglio. Le aziende “captive” non sono interessate alla competizione, al miglioramento del prodotto, agli elettori, al rispetto del programma, vivono per il loro unico cliente. I partiti captive hanno Bersani e Berlusconi come clienti. Alcuni sono fedeli a un solo polo, altri sono ondivaghi, come i radicali, per alzare la posta. Per i partiti “captive” non esiste il rischio di impresa, non investono sui cittadini o sul rispetto del programma, ma solo su quello che chiamano alleato, ma in realtà è un elemosiniere che li tiene in vita. Una bella vita. Il potere di contrattazione dei partiti “captive” si affievolisce nel tempo insieme ai loro voti (dopo un po’ il cittadino preferisce votare l’originale) fino alla loro scomparsa, In quel caso i sopravvissuti, di solito i vertici, confluiscono nel partito maggiore e si godono i frutti della realpolitik. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.