Rossita, la nave dei veleni


Varare Rossita, nave di 1.700 tonnellate destinata a trasportare scorie radioattive e resti di sottomarini nucleari russi (ma dove li porterà?) di venerdì 17 dicembre vuol dire sfidare la sorte.
“Alla presenza del ministro allo Sviluppo Economico, Paolo Romani, e del suo omologo russo, Viktor Khristenko, è stata varata nel cantiere spezzino del Muggiano di Fincantieri la nave Rossita. Concepita per trasporto di combustibile irraggiato e rifiuti radioattivi derivanti dallo smantellamento di sommergibili nucleari russi, la sua realizzazione era stata avviata nel 2008 in seguito al contratto da 70 milioni di euro erogati dal dicastero allo Sviluppo, ma la consegna dell’imbarcazione è parte di un accordo da 360 milioni del 2003 nell’ambito di una “Global Partnership” ratificata dal Parlamento nel 2005. Frutto di un “progetto fortemente innovativo” di Fincantieri, Rossita è lunga 84 metri, larga 14, ha una capacità di carico di 640 tonnellate e potrà viaggiare alla velocità continuativa di 12 nodi con un equipaggio di 23 persone. La sua importanza è legata ai sempre più cogenti standard internazionali previsti per il trasporto di contenitori per combustibile nucleare esaurito e rifiuti radioattivi. Una nave dei veleni, insomma. Ma in regola, rispondente alle norme di sicurezza più severe, varate per contrastare quello che per i mari di tutti i continenti, è stato un anno nero.
Rossita si distingue per la sua originale missione. Nella sua stiva non viaggeranno solo anonime scorie radioattive inumate in mezzo mondo, ma anche malinconiche spoglie di sottomarini nucleari dismessi dalla Marina Russa dopo anni di onorato servizio. Ne sono già stati smantellati quattro e un quinto aspetta l’ordine di demolizione. Due in più rispetto alle stime di partenza, grazie a una gestione dei costi oculata condotta alla pari da Russa e Italia. Di fronte a questi relitti giganteschi, spiaggiati negli hangar come balene fredde e colossali, il tuffo nella memoria è inevitabile. Di questi antichi sottomarini, partoriti alla fine degli anni ’50 in competizione con gli Stati Uniti, se ne contano almeno un centinaio dispersi chissà dove. E su tutti soffia l’aura sinistra, sospinta in molti casi dal vento hollywoodiano, del K-19. Fu il primo sottomarino russo equipaggiato con missili balistici… varato prima del tempo necessario per ragioni di prestigio. E regalò a molte mogli una precoce vedovanza. Mestizia, megalomania, ma anche eroismo, nella scia tracciata dal funesto K lungo la storia truce della guerra fredda.Trent’anni di sciagure e di sacrifici su cui spira un epos melvilliano. Cimenti indimenticati come quello di alcuni uomini dell’equipaggio che nel luglio del 1961 si immolarono alle radiazioni per fermare un’avaria che avrebbe portato alla morte tutti i passeggeri del sottomarino maledetto. Forse ispirato dalla brezza immaginifica che soffiava su La Spezia, Paolo Romani si è segnalato sul molo ligure per una dichiarazione altrettanto evocativa. All’indomani dell’ennesimo suicidio che ha funestato il penitenziario di Sollicciano, il ministro dello Sviluppo ha avanzato un’ipotesi risolutiva: «Quello delle carceri galleggianti, io l’ho trovato sul tavolo come problema e come una possibilità. Ne ho parlato con il ministro della Giustizia, ma è un problema ancora da approfondire perché se quello delle carceri galleggianti puo’ risolvere i problemi di un sito produttivo, ci sono poi delle altre questioni che emergono». Di nuovo il mito che si profila nel lungomare della realtà. Galeotti sferzati mentre infuria la bufera, i capelli irsuti smossi dal vento, i remi impugnati tra le nocche allo spasimo, gli insulti tremebondi del capitano dall’occhio sfregiato: «Traite, fili de le pute!». Quando si dice un’idea controrivoluzionaria, una scoria di inarrivabile creatività. È il caso che Rossita prenda servizio in anticipo.” Walter Ganapini