Gli operai di piazza San Giovanni

Guglielmo Epifani a piazza San Giovanni
(09:53)

Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
non a coloro che erano sul palco,
non ai ai sindacalisti con le mani morbide e un posto che li aspetta in Parlamento,
non ai rappresentanti dei partiti con gli stipendi più alti d’Europa pagati dai lavoratori.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
non ai giornalisti presenti che vivono di finanziamenti pubblici,
non ai filosofi con il culo sempre al caldo e sempre in prima fila alle manifestazioni del popolo,
non ai cacciatori di voti con la loro bandiera pronta per le televisioni,
non ai frombolieri delle parole che non hanno mai risolto un solo problema.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
a chi ha perso il lavoro perché delocalizzato in Cina o in Romania, ma marchiato sempre “Made in Italy“, per colpa di ogni governo, di sinistra o di destra,
a chi è precario grazie alle leggi di Prodi e di Berlusconi con il silenzio assenso dei sindacati,
a chi ha perso il TFR divorato dai fondi grazie ai sindacati,
a chi ha visto migliaia di colleghi morti sul lavoro nel silenzio delle Istituzioni,
a chi ha salutato i propri figli, partiti a decine di migliaia verso altri Paesi europei dopo una laurea pagata dalla famiglia con grandi sacrifici.
Sono per gli operai, per i lavoratori di piazza San Giovanni,
non per il lavoro inutile, a ogni costo, per le centrali nucleari, la TAV in Val di Susa, la cementificazione dell’Italia, per la produzione di carcasse targate Fiat,
a questo ricatto non ci sto.
Sono per un sussidio di disoccupazione dello Stato per vivere in attesa di un lavoro, come avviene in altri Paesi europei,
sono per veri uffici di collocamento che funzionino,
sono per la lotta all’evasione, una lotta dura, implacabile, per evitare che i lavoratori dipendenti paghino sempre per tutti.
Sono per la solidarietà agli operai di piazza San Giovanni,
presi per i fondelli una volta di più da coloro che li hanno venduti,
ad applaudire persone benestanti grazie alle loro tasse,
a vederli dal vivo invece che in televisione,
ad ascoltare promesse da parte di chi non ne ha mai mantenuta una, per incapacità o per calcolo.
Sul palco gli unici autorizzati a parlare erano gli operai. Nessuno li rappresenta più.