Mediterraneo di Plastica

Liberazione di una tartaruga a Nora presso Pula
(4:19)

Chi, camminando su una spiaggia italiana, getti lo sguardo nella sabbia alla ricerca di una conchiglia o di un segno del mare lasciati dalla marea, troverà immancabilmente tracce della Civiltà della Plastica. Gli sembrerà di trovarsi in un grande supermercato con bottiglie di plastica di ogni marca e tipo, di acqua minerale, di aranciata, di Coca Cola, di succhi di frutta semi sepolte. In lontananza l’immancabile chioschetto spacciatore di bevande e di sacchetti di plastica con il bidone dei rifiuti semi vuoto (o debordante) e un cartello ammonitore sulle conseguenze per chi abbandona i rifiuti. Non è raro trovare un intero sacco di spazzatura indifferenziata sulla battigia trascinato e riportato dalle onde. Cicche di sigaretta disseminate ovunque insieme ai pacchetti, tra i più presenti Camel e Malrboro. Al largo qualche delfino, tartaruga, talvolta una balena inghiottirà la plastica scambiandola per cibo e morirà.
Ci sono per fortuna anche esempi positivi come Il Centro di recupero dei Cetacei e delle Tartarughe della Laguna di Nora, in Sardegna, dove i pescatori recuperano i rifiuti dal mare e portano tartarughe e altri piccoli animali marini semi soffocati o feriti al Centro, dove sono salvati da volontari e ospitati prima di essere liberati. All’ingresso del Centro c’è un enorme pesce formato dalla plastica recuperata dal mare e un cartello che spiega:
Ogni anno si arena sulle nostre spiagge un’enorme quantità di rifiuti, da 400 a 4.000 kg per km di costa. L’80% di questi “macrorifiuti” arriva in mare dai fiumi e dai canali di scolo. I macrorifiuti sono composti da molti tipi di materiali e quasi tutti cedono sostanze tossiche. il materiale più pericoloso per la vita delle specie marine è la plastica. L’ONU stima che il 70% della plastica presente in mare finirà per depositarsi sul fondo, formando uno strato tossico in grado di impedire gli scambi naturali tra l’acqua e i sedimenti e di generare fenomeni di asfissia. La plastica è biodegradabile in tempi lunghissimi:
– Buste di plastica 10/20 anni
– Prodotti di nylon 30/40 anni
– Polistirolo 1.000 anni
– Bottiglie di plastica mai completamente
Per azione meccanica e a causa degli effetti della temperatura e dei raggi UV, si spezzetta in particelle sempre più piccole fino a diventare invisibile a occhio nudo. Quando assume questa forma viene chiamata “plancton di plastica” e non è più possibile rimuoverla dall’ambiente marino. I frammenti di plastica possono bloccare il sistema digerente e respiratorio di molti orgnismi marini e causarne la morte
.”
Le bottiglie di plastica uccidono il mare e galleggiano purtroppo molto più a lungo degli stronzi che le abbandonano.