Le dimissioni di Fini

Gianfranco Fini non si dimette
(4:17)

Le dimissioni di Fini da presidente della Camera sono una cartina di tornasole. Se deve lasciare il suo ruolo istituzionale perché rappresenta un partito e fa politica a tempo pieno, allora il discorso va esteso a tutti i nostri dipendenti che ricoprono una funzione pubblica elettiva negli interessi dei cittadini.
L’articolo 67 della Costituzione:
Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” è molto chiaro. Chi è eletto risponde ai cittadini, non al suo partito. Un ministro della Repubblica, un presidente del Consiglio, deve fare gli interessi della Repubblica Italiana e, quindi, dimettersi dalle cariche di partito. In Italia abbiamo invece presidenti e ministri in carica in campagna elettorale permanente, nei comizi, nelle televisioni pubbliche. Il tutto sfruttando la posizione ministeriale e con l’uso copioso di soldi pubblici. I ministeri, per chi ancora non lo sapesse, sono sedi abusive dei partiti. Il ministro tiene le riunioni di partito o di corrente negli uffici del ministero, può nominare iscritti al partito come consulenti del ministero, trasforma il ministero in una buvette permanente e, quasi sempre, se non è lui stesso segretario di partito, prende ordini dal partito per ogni sua decisione. Questa la chiamate democrazia? E’ solo una sua caricatura. I nostri dipendenti (…come recita la Costituzione questa gente dovrebbe rispondere a noi) hanno occupato lo Stato, sono membri di comitati di affari e di mutua assistenza che hanno chiamato partiti e ai quali obbediscono. Questi partiti, con questa forma, senza eccezione, come il partito fascista, vanno aboliti. Chi ne entra a far parte, anche in buona fede, anche senza volerlo, non fa più parte della democrazia.
C’è un altro articolo della Costituzione che va imparato a memoria, l’articolo 51:
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro“. Ebbene, dove trovano il tempo necessario i nostri dipendenti per adempiere ai loro doveri? L’assenteismo in Parlamento è la norma, chi non si presenta alla Camera o al Senato senza ragioni di forza maggiore deve essere fatto dimettere. I parlamentari continuano a fare il lavoro che facevano prima, avvocato, attore, amministratore, anche in questo caso devono dimettersi. I parlamentari passano la vita a rilasciare comunicati, fare interviste, comparire in televisione, scrivere libri per acquistare visibilità. Non per questo sono stati eletti, ma per lavorare. Sono dipendenti pubblici e come tali devono comportarsi, non come leaderini da strapazzo, tuttologi del piccolo schermo, giornalisti d’accatto.
Il potere al popolo si è trasformato nel potere ai partiti. I nostri dipendenti in nostri padroni. La democrazia si è rovesciata. E’ tempo di cambiare e di restituire i nostri dipendenti al nulla dal quale provengono e al quale sanno di appartenere. Per farlo è sufficiente che ogni cittadino conti uno e faccia rispettare i suoi diritti. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.