Federico Aldrovandi: licenza di uccidere

Processo Federico Aldrovandi, condannati gli agenti
(9:25)

Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri sono agenti di Polizia. Sono persone libere di muoversi e di fare ciò che vogliono. Non sono stati espulsi dalla Polizia. Hanno ucciso un ragazzo di nome Federico Aldrovandi a manganellate. Sono stati condannati ieri dal tribunale di Ferrara per eccesso colposo in omicidio colposo a 3 anni e 6 mesi. L’omicidio di un ragazzo, se sei in divisa, vale 3 anni e 6 mesi e non vieni neppure radiato. Equivale alla licenza di uccidere. Se quattro ragazzi avessero ucciso un poliziotto a bastonate che pena avebbero avuto? E avrebbero mantenuto il loro impiego? Chiedo a Manganelli, capo della Polizia, alla luce della sentenza di ieri, di radiare i poliziotti condannati. La loro presenza nella Polizia disonora tutti i poliziotti onesti.

Dall’aula del Tribunale di Ferrara:

La mamma di Federico
Il papà di Federico
L’avvocato Fabio Anselmo

Blog: “Il giudice Filippo Maria Caruso, del tribunale di Ferrara, ha condannato a 3 anni e 6 mesi di carcere i 4 poliziotti accusati di eccesso colposo nell’omicidio colposo di Federico Aldrovandi, il ragazzo di 18 anni morto il 25 settembre 2005 durante un intervento di polizia.
Si tratta di Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, che col beneficio dei 3 anni di indulto non trascorreranno nemmeno un minuto in carcere.
Infatti, gli agenti non sono nemmeno stati licenziati perché svolgono tuttora servizio.
La sentenza di primo grado è arrivata poco prima delle 19, dopo una giornata di arringhe da parte di accusa e difesa e decine di udienze, cominciate nell’ottobre del 2007.
Si chiude così il primo atto di una tragedia. Di quella che da normale controllo si è trasformata in una mattanza ai danni di un ragazzo appena 18enne, disarmato, incensurato e anche ammanettato.
Il pm Nicola Proto, che aveva chiesto 3 anni e 8 mesi, ha detto che Federico è stato ferocemente ucciso senza che fossero state ascoltate le sue richieste di aiuto, come hanno riferito due testimoni che si trovavano nella zona dell’ippodromo di Ferrara, teatro della vicenda. Una collutazione imprudente che è degenerata con manganellate in testa oltre che su braccia, gambe e schiena, il trascinamento sull’asfalto e lo schiacciamento del corpo da parte di uno dei militari che ha portato il giovane alla morte anche per ipossia.
Come Riccardo Rasman, anche Federico Aldrovandi è stato ammanettato e messo a pancia in giù prima di morire.
I risultati della perizia medico legale hanno evidenziato ecchimosi ed ematomi sparsi su tutto il corpo, fra cui una lesione alla testa in sede occipitale, testicoli schiacciati, una profonda ferita su una natica e graffi sul viso.
Secondo la tesi di un cardiopatologo dell’Università di Padova, il professor Thiene, il cuore di Federico avrebbe subito un arresto dopo aver ricevuto un colpo violento.
Inoltre le registrazioni del colloquio telefonico della Centrale operativa nei minuti successivi al fermo di Federico lasciano pochi dubbi: “… l’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto”.
Insomma, secondo il pm l’omicidio è maturato in una condizione di evidente sproporzione fra qualunque entità di agitazione psicomotoria del ragazzo, solo, disarmato e ammanettato, rispetto allo stato degli agenti, che erano in quattro, tutti sobri e anche armati.
La violenza delle botte è stata tale che due manganelli si sono addirittura rotti.
La complicata ricostruzione di ciò che avvenne quella domenica mattina di settembre del 2005 dagli avvocati di parte civile, ha mirato a dimostrare le difficoltà per raggiungere il processo stesso.
Secondo i difensori (Pellegrini, Vecchi, Bordoni, Trombini) che hanno chiesto l’assoluzione degli agenti, hanno detto che le ferite di Federico se le era procurate da solo in uno stato di autolesionismo per effetto delle sostanze psicotrope assunte la notte prima assieme agli amici al Link di Bologna, che gli avrebbero procurato lo scompenso di ossigeno fatale.
Secondo le difese gli imputati agirono rispettando le regole previsto per interventi di contenimenti di persone fuori controllo.
Nell’aula gremita, alla presenza dei genitori di Federico, e anche di due imputati, le arringhe si sono succedute in un clima di silenzio ma anche di tensione, sfociato ad un certo punto nel lancio in aria di decine di volantini su cui si vede il viso di Federico e una scritta.
Quasi alle sette di sera, dopo cinque ore di camera di consiglio, la lettura della sentenza di condanna.

La mamma di Federico

Blog: Signora Aldrovandi, le posso chiedere che cosa prova, a caldo?
Mamma di Federico: Adesso cosa potrei dire? E’ giusto!
Blog: E’ stata fatta giustizia?
Mamma di Federico: Sì. Io non ho capito tutto. Ho sentito ‘condanna’ poi …
Blog: Tre anni e sei mesi.
Mamma di Federico: L’importante è che ci sia la condanna. Il tempo non riesco a giudicarlo. L’importante è che questo Tribunale abbia sancito la condanna. Abbiamo fatto tanto e voi sapete quanto ci è costato. La condanna è l’unica cosa giusta.
Blog: Rimane soltanto l’enigma della ferocia, della violenza usata nei confronti di suo figlio.
Mamma di Federico: E’ violenza gratuita. Pura ferocia. Non ci hanno fornito nessuna spiegazione …
Blog: Lei non si è mai data un motivo di tutto questo?
Mamma di Federico: Ci ho pensato tanto, assolutamente no, se non la pura ferocia degli imputati che adesso sono condannati colpevoli.

Il papà di Federico

Papà di Federico: Il sogno sarebbe poter far tornare Federico, vederlo rientrare magari accanto al giudice. Non si può. Però per Federico voglio giustizia – e c’è stata, in parte – rispetto e dignità. Tutte quelle persone, anche in divisa, che hanno parlato male di Federico si ricredano e chiedano scusa …
Blog: Quello che rimane è la ferocia, la violenza usata nei confronti di suo figlio. Perché?
Papà di Federico: Non lo so. Non lo so. Che fossero loro, quella mattina, in uno stato tale che non li abbia frenati. Non so. Hanno tentato di trovare qualsiasi cosa su Federico, ma … Quelle persone, quella mattina, erano a posto?
Blog: Non c’era stato nulla prima che avesse potuto far presagire qualcosa di simile?
Papà di Federico: Con Federico? Ci vivevo praticamente sedici ore al giorno con lui quindi … era controllato … quello che è successo quella mattina è qualcosa di incredibile, assurdo. Se avesse fatto qualcosa di sbagliato, avrebbe dovuto anche pagare per quello che aveva fatto. Ma non aveva fatto niente!
Blog: Condanna giusta o insufficiente?
Papà di Federico: Come si fa a dire condanna giusta? Io avrei dato l’ergastolo a queste persone, per quello che ho potuto constatare durante il processo, cioè le violenze che sono state usate nei confronti di Federico. Le falsità che sono state palesate da questi nelle loro relazioni di servizio.
Un domani, se mai, racconterò certe cose. Però, va bene così. Adesso mi auguro che queste persone vengano licenziate. Perché non è giusto che noi per 47 mesi abbiamo pagato lo stipendio a quattro persone, e non solo a loro, perché c’è anche l’inchiesta bis che sta andando avanti, su presunte ommissioni e presunti depistaggi che saranno al vaglio della magistratura, sulla quale ripongo la massima fiducia. So che faranno il loro lavoro con la massima coscienza, come hanno fatto finora.
Quindi chiedo il licenziamento di queste persone per il male fatto non solo a Federico, ma anche alle stesse istituzioni e a persone che vestono la divisa in maniera onesta, come me, e non è giusto che ci rimettano loro.

L’avvocato Fabio Anselmo

Blog: Avvocato Anselmo, rispetto alla vicenda Rasman
Avvocato: Beh, non amo fare paragoni, anche perché non spetta a me farli. Io credo che questi siano casi terribili che meritano una riflessione di carattere generale. Certamente questa è una sentenza che toglie qualsiasi tipo di possibilità e di dubbio sulla responsabilità degli imputati e sulla gravità di quanto da loro commesso. È una sentenza, questa, terribile. Perché, cosa significa? Significa che noi come generazione abbiamo creato un mondo terribile per i nostri figli, per i ragazzi di diciotto anni. Abbiamo creato un mondo spietato e questa sentenza lo certifica. E quindi la responsabilità, come generazione, dal punto di vista politico, genitoriale, scolastico eccetera, ce la dobbiamo prendere tutti. Perché noi abbiamo creato questo mondo nell’ambito del quale Federico Aldrovandi è morto. In quelle condizioni e in questo modo. E questo è una responsabilità di tutti e non solo dei quattro poliziotti. “