Piemonte radioattivo

Giampiero Godio: le scorie nucleari in Piemonte
(14:16)

Il Piemonte è una regione radioattiva. Grazie ai centri di Saluggia, Trino e Bosco Marengo è prima assoluta in Italia per le scorie radioattive. L’85% delle scorie. Un record insuperabile. Per la vecchia regola che spazzatura chiama spazzatura (provate a buttare un sacchetto per strada e per miracolo in poco tempo ne appariranno altri dieci), le scorie piemontesi chiamano altre scorie. Obiettivo 99%. La società Sogin si occupa di rifiuti nucleari, dovrebbe quindi trovare una collocazione più sicura per quelli esistenti in Piemonte. Che sono vicini a centri abitati, alla Dora Baltea, a falde acquifere. Sogin invece raddoppia. E vuole costruire un sito nucleare a Bosco Marengo. Le associazioni di cittadini bloccano Sogin con un ricorso al Tar. Sogin si rivolge al Consiglio di Stato. I membri delle associazioni mi hanno chiesto aiuto e visibilità sul blog. Se vince Bosco Marengo in Italia nessuno potrà costruire una centrale senza l’assenso dei cittadini. E’ una battaglia importante. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Intervista a Giampiero Godio:
L’eredità della prima stagione nucleare
Scorie nucleari lungo fiumi e falde
L’emergenza nucleare di Bosco Marengo

L’eredità della prima stagione nucleare

“Sono Giampiero Godio, sono per Legambiente responsabile del settore energia in Piemonte e qui in Piemonte in questi giorni è già emergenza nucleare. Purtroppo il Piemonte non ha bisogno di cercare la parola nucleare nell’enciclopedia, qui in Piemonte, ma d’altronde anche in altre parti d’Italia, quello che il nucleare lascia sul territorio è già molto ben evidente. In Piemonte negli anni di funzionamento del nucleare pregresso, del nucleare che c’è stato negli anni 70/80 in Piemonte è rimasta l’eredità e a fronte di un certo qual numero di chilowattora di energia elettrica prodotta, chilowattora scarsi, alcuni miliardi sì di chilowattora, ma l’equivalente di poche settimane di consumi elettrici del nostro paese, a fronte di questa scarsa quantità di elettricità in Piemonte sono rimasti tanti, tanti rifiuti radioattivi e per combinazione e destino della sorte, il Piemonte si trova a ospitare oggi l’85% dei rifiuti radioattivi di tutta Italia, quindi qui quando si parla di nucleare si ha davanti quello che è il problema principale del nucleare è che è proprio questo che a fronte di una moderata produzione di elettricità, si ha una sconfinata produzione di materiali radiotossici, la cui pericolosità è grande e è durevole nel tempo, si parla di decine e decine di migliaia di anni.
Allora noi, tutto sommato potrei dire che siamo fortunati a poter avere questo campanello di allarme che ci può servire per valutare i benefici e i rischi del nucleare e abbiamo fatto anche dei conti in Piemonte. Abbiamo visto che per ognuno di quei chilowattora che sono stati prodotti, dentro alla nostra centrale, ma anche dentro alle altre centrali il funzionamento è esattamente lo stesso, per ognuno di quei chilowattora e un chilowattora è la quantità di corrente elettrica che serve per cuocere una torta nel forno elettrico, se lo si tiene acceso per un’ora si consuma un chilowattora di energia elettrica, per produrlo con la fissione nucleare, dentro la centrale per la produzione di quel solo chilowattora si formano 50 milioni di becquerel, di sostanze radioattive e non è che si formano se c’è un incidente, si formano mano a mano che i chilowattora vengono erogati dalla centrale.
Allora 50 milioni di becquerel sono tanti o sono pochi, ci si potrebbe chiedere, a fronte di un solo chilowattora? A Chernobyl dove c’è stato l’incidente che ha avuto le conseguenze più drammatiche della storia del nucleare, c’è un’area dove per decreto del governo Ucraino che non è un governo antinucleare c’è un’area che è interdetta, non ci si può più accedere, la zona di esclusione che è circa 30 chilometri intorno all’areatore che è scoppiato. Lì c’è una contaminazione di un milione di becquerel per ogni metro quadrato. Se per un chilowattora si producono dentro la centrale 50 milioni di becquerel, vuole dire che si produce l’equivalente di 50 metri quadrati dell’area più contaminata al mondo. Certo che per un solo chilowattora non si sa se il gioco vale la candela, anzi è proprio esplicito, la fonte nucleare pur essendo un’alternativa e non si può dire di no, ai combustibili fossili è l’alternativa più pericolosa, quella che mette in gioco la più grande quantità di sostanze pericolose e quando viene la fissione nucleare e è qui da vedere in Piemonte, non lo dobbiamo cercare sull’enciclopedia. O si formano prodotti di fissione perché si rompe il nucleo dell’atomo di uranio e allora la rottura produce i frammenti di questo nucleo che sono queste sostanze radioattive, questi milioni di becquerel, oppure il nucleo non si rompe, il neutrone viene catturato e il nucleo si ingrandisce e da uranio diventa plutonio e allora il plutonio è ancora più radiotossico di materiali di cui parlavo poco fa, dei prodotti di fissione e non solo, e può essere utilizzato per fare gli armamenti nucleari, per fare le bombe atomiche, allora ha una doppia colpevolezza.

Scorie nucleari lungo fiumi e falde

Perché però tutto questo ci preoccupa oggi? Ci preoccupa oggi perché mentre il governo, mentre una parte della collettività scientifica vuole ritornare al nucleare. Bene, non si riesce neanche a mettere in una condizione di decente sicurezza, il risultato della stagione nucleare passata, noi qui in Piemonte abbiamo l’85% di questi rifiuti radioattivi e sono suddivisi su tre siti: 1) il più pericoloso pertanto è il sito di Saluggia, ha la sfortuna di essere stato uno di quegli impianti dove si portano le barre di combustibile, gli elementi di combustibile per recuperare il plutonio e quindi lì sono stati accumulati negli anni diversi di questi elementi di combustibile, diverse barre perché dovevano servire per poter, nel tempo, recuperare sempre più plutonio perché era un materiale strategico.
Poi il progetto è andato avanti per un certo periodo, fino al referendum del 1987 dove il popolo italiano ha scelto di rinunciare a questa pericolosa tecnologia, visto cosa era successo a Chernobyl, però è rimasto il materiale su cui si è lavorato e lì ci sono 5 chili di plutonio e lì ci sono dell’85% di rifiuti che ci sono in Piemonte, ce ne sono l’84% , è quasi tutto lì, dell’85% di rifiuti che ci sono in Piemonte, ce n’è l’84%, è quasi tutto lì il materiale, purtroppo è l’area di gran lunga più inidonea, siamo vicinissimi alla Dora Baltea che è uno dei più grandi, in Piemonte è il più grande affluente del Po e siamo paradossalmente appena un chilometro e mezzo a monte del più grande acquedotto del Piemonte che ha i suoi pozzi proprio lì, a valle di questi impianti nucleari, quindi Saluggia grida vendetta, grida vendetta, non lo dice solo Legambiente, non solo Pro Natura, non solo Medicina Democratica, non solo i comitati, lo dicono tutti, lo ha detto Carlo Rubbia, il premio nobel quando pro tempore essendo Presidente dell’Enea, era il proprietario di quei materiali radioattivi, ha detto: c’è un solo posto al mondo dove c’è una pericolosità così elevata e quel posto era Saluggia.
Poi c’è un secondo sito che è Trino dove c’era la centrale nucleare e dove in riva al Po c’è una quantità meno elevata, ma ugualmente, tristemente grande di materiali radioattivi e c’è il nocciolo stesso della vecchia centrale.
Quello è il secondo luogo, il terzo luogo è Bosco Marengo, quest’ultimo aveva ospitato negli anni 70/80 un impianto di fabbricazione di combustibile, lì arrivava l’uranio arricchito e veniva trasformato in pastiglie che venivano infilate dentro agli elementi di combustibile per poi andare a funzionare nelle centrali e ha fatto il suo lavoro, questo impianto era fatto per questo e ha ovviamente accumulato anche esso dei rifiuti radioattivi, rifiuti radioattivi che sono in gran parte di uranio naturale e di uranio arricchito, non sono quindi prodotti di fissione perché non c’è mai stata in quel luogo la fissione nucleare. Era un luogo dove il combustibile si preparava, quindi come quantità di becquerel e di radioattiva a Bosco Marengo ce ne è di meno che negli altri due siti in Piemonte.

L’emergenza nucleare di Bosco Marengo

Ma perché oggi siamo qui a parlare di un’emergenza nucleare proprio a Bosco Marengo? Perché a Bosco Marengo proprio perché è il caso, tra i tre casi del Piemonte di nucleare pregresso, forse più semplice, meno preoccupante. Lì si è manifestata la strategia di Sogin, quest’ultima è la società pubblica che si occupa o che si dovrebbe occupare di nucleare in Italia, si occupa e si dovrebbe occupare di rifiuti radioattivi pregressi e cosa decide di fare Sogin? Non decide di dire: va beh, questi rifiuti radioattivi sono rimasti a Trino, Saluggia, Bosco Marengo in luoghi del tutto non idonei, troviamo un posto un po’ più idoneo e pazienza, ormai sono stati prodotti, vediamo di metterlo in un posto un po’ più razionale, non certo vicino ai fiumi come Saluggia e come Trino e non certo in una pianura a alta vulnerabilità della falda e densamente abitata come la zona dell’alessandrino e di Bosco Marengo.
Individuiamo, certo con fatica e con sofferenza un luogo oggettivamente un po’ più sicuro, sono convinto che non ci siano luoghi sicuri per tenerci materiali nucleari, questa è la ragione per cui sono contrario al nucleare, il problema è proprio quello, ma certo a fronte di materiali già prodotti, bisognerà trovare una sistemazione la più idonea possibile e cosa ti fa Sogin? Non fa questo passo di ricerca di una situazione a livello nazionale o anche internazionale di maggiore sicurezza relativamente maggiore, niente, decide di fare i depositi nucleari laddove i materiali nucleari già si trovano e quindi proprio in quei siti che erano stati localizzati in modo del tutto irresponsabile 30, 40 anni fa quando si potrebbe pensare che il nucleare si riteneva come fosse ricostituente anziché pericoloso, quindi decide di fare sia a Bosco Marengo, sia anche a Trino e a Saluggia, i depositi nucleari esattamente all’interno degli stessi siti in riva ai fiumi etc., etc., siccome a Saluggia era necessaria una procedura di valutazione di impatto ambientale, a Trino anche stante la quantità e la qualità di rifiuti, Bosco Marengo che secondo Sogin non richiedeva questa procedura perché era un caso relativamente più semplice, è già disponibile un’autorizzazione a procedere, quindi Sogin ne ha già iniziato i lavori e noi non ce ne siamo accorti perché ovviamente nessuno ci avvisa come cittadini, come associazioni, ci siamo accorti che il processo di trasformazione di quel sito di Bosco Marengo in deposito era già in corso e abbiamo improvvisato un ricorso, raccogliendo tra cittadini, tra quelle poche associazioni che siamo in Piemonte, ricorso chiedendo di bloccare questo processo che è contrario alla legge, perché la legge oggi dice, per i rifiuti radioattivi in Italia bisogna trovare un sito centralizzato dove metterli in condizioni di sicurezza relativamente maggiore e dice anche che questo deposito, cosiddetto deposito nazionale, deve essere individuato, avrebbe dovuto essere individuato entro il 2008, invece di fare quello come era nel suo mandato e Sogin parte a fare il deposito a Bosco Marengo. Noi ricorriamo al Tar, diciamo le nostre ragioni, diciamo: se si farà lì il deposito sarà più pericoloso che in qualunque altro posto d’Italia leggermente più intelligente e quindi perché fare lì e aumentare il rischio anche se questi materiali radioattivi già ci sono e bisogna comunque da qualche parte tenerli, chi si assume la responsabilità? E allora il Tar ci dà ragione, sospende i lavori di realizzazione di questo deposito lì a Bosco Marengo, ovviamente Sogin reagisce. Intanto si procura l’avvocato più in gamba che riesce a trovare sul mercato, insieme un controricorso al Consiglio di Stato a cui ci troviamo in questi giorni a dover rispondere. I ricorsi al Consiglio di Stato sono certamente fonte di giustizia, ma bisogna portare gli avvocati e numerare le proprie ragioni e questo è molto costoso, sono decine di migliaia di euro e non a misura di associazioni come Legambiente, Pro Natura, Medicina Democratica che avevano racimolato con fatica già le poche migliaia di euro che servivano per un ricorso al Tar.
Allora abbiamo lanciato un appello, un appello a tutte le persone che volessero aiutarci, consce di aiutare non tanto il singolo caso Bosco Marengo, ma di aiutare il primo esempio di mentalità, di trasformazione di questi siti in depositi colpevolmente e sulla stampa internazionale qui ho un articolo, diceva a dicembre quando l’autorizzazione è arrivata, il primo esempio di autorizzazione per uno smantellamento, per un “decommissioning” in Italia e ne veniva data notizia, Bosco Marengo è il primo caso in cui in Italia si procede alla disattivazione di un impianto, ma è una disattivazione falsa perché se fosse disattivazione: la disattivazione è definita come il rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica. Ma no signori, il sito non viene rilasciato esente da vincoli di natura radiologica, perché gli viene costruito sopra un deposito, dove i materiali radioattivi restano lì!
Altro che green field, prato verde che è l’obiettivo, detto in gergo della dismissione, viene rilasciato il prato verde, no signori, viene coniato un altro termine, il brown field, il prato marrone tradotto alla lettera che vuole dire: si trasforma in un deposito che resta lì e vincola quindi da un punto di vista radiologico il sito.
Allora queste sono anche ragioni formali, noi non possiamo permettere che questa mentalità passi, perché se passa Bosco Marengo passerà a Trino, passerà a Saluggia, a Latina, a Sessa Aurunca, a Rotondelle e a Caorso e in tutti i centri dove il nucleare c’è, noi invece che un deposito centralizzato, scelto non come si fece a Scanzano, si tentò di fare a Scanzano, ma scelto con razionalità, con oggettività, con democrazia, anziché uno ce ne troveremmo una quindicina in Italia e questo forse fa felice Sogin, ma fa triste chi si preoccupa anche del nucleare le potrà venire, il nucleare che potrà venire deve fare i conti con questo problema e se noi gli faremo trovare 15 depositi, sarà sicuramente un’agevolazione, allora noi vogliamo che invece questa sia una situazione dove chi vuole il nucleare nuovo dica prima come risolvere il problema del nucleare vecchio almeno in una situazione di sicurezza decente. Il partire in questo modo è invece il massimo dei tradimenti, è il modo di affrontare il problema in maniera irresponsabile.
Non sapevamo come fare, abbiamo lanciato questo appello e fortunatamente l’amico Beppe Grillo è stato raggiunto da questo appello che abbiamo lanciato e si è dato disponibile a metterci la sua persona e anche dei contributi anche significativi e noi non possiamo che esserne felici che la nostra famiglia che reagisce a questa provocazione di Sogin che è una famiglia fatta di cittadini, comitati e di associazioni ambientaliste, possa contare su una personalità importante, conosciuta, famosa e anche capace di comunicare come quella di Beppe Grillo che ringrazio di cuore e allargandosi la famiglia in questa maniera così qualificata, penso che anche il problema sarà più facilmente vittorioso, penso che Sogin avrà qualche problema in più e quindi tutti insieme avremo mostrato che il nucleare è un problema ancora da risolvere, altroché di andare verso il futuro con la sconsideratezza con cui si sta andando.” Giampiero Godio, Legambiente

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Causale: nucleare Alessandria
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