Buon Natale, Franco Bernabè!

Mi ha risposto Franco Bernabè, e di questo lo ringrazio. La sua lettera è una fotografia del pensiero debole del management italiano. Un pensiero che ha trascinato il Paese in una recessione che ha i contorni di una catastrofe. Caro Bernabè, non c’è bisogno delle sue capacità e del suo stipendio per licenziare 9.000 persone (per ora) e aumentare il canone perchè “le aziende non vivono d’aria e di promesse“. Mio figlio Ciro che va alle elementari sarebbe capace di fare lo stesso. Lei dice che i problemi della Telecom sono nati dieci anni fa con la cessione a debito. E questo è vero, ma non fa i nomi. Nessun manager fa i nomi, neppure lei. Fu Massimo D’Alema, allora presidente del consiglio, a distruggere la Telecom e a consegnarla ai capitalisti con le pezze al culo Colaninno e Gnutti. Tronchetti finì l’opera.
Lei scrive che il “resto lo lascio alla Magistratura“, forse alludendo all’uso illegittimo di risorse Telecom per la più grande operazione di spionaggio della Repubblica. La Magistratura farà il suo corso, ma lei deve fare il suo come amministratore. Tronchetti e Buora sono responsabili, erano presidente e amministratore delegato, Tavaroli dipendeva da loro. I danni economici e di immagine provocati a Telecom e ai suoi azionisti, soprattutto ai piccoli azionisti, sono di sua precisa competenza.
Siamo l’unica nazione al mondo in cui il numero di famiglie che accede alla Rete è diminuito, ci sono migliaia di comuni senza banda larga e lei mi parla di pc. In alcune parti d’Italia non ci si collega neppure con il cellulare. Infine non credo che ci possa essere sviluppo e libero mercato senza, usando le sue parole: “l’accesso per gli altri operatori in termini di parità di condizioni e di trattamento“. Operatori di servizi e gestione della rete vanno separati.
Caro Bernabè, lei non è reticente, è molto di più, fa parte del sistema e tiene famiglia. Meglio comunque lei di Tronchetti e Colaninno, ma, ne converrà, non ci vuole molto. Ci vediamo in assemblea. Saluti a lei e a Napoletone. Beppe Grillo.

Caro Grillo,
non solo non sarò reticente nel risponderle in Assemblea, ma lo faccio subito, approfittando degli strumenti della comunicazione e della ospitalità del suo Blog. Lei ha ragione su molti punti. Quando dice che siamo indietro nella informatizzazione del Paese, della pubblica amministrazione, dei cittadini, e quando dice che lo sviluppo dell’Italia passa anche da una corretta gestione del principale asse portante della connettività del Paese, che è Telecom Italia. Quanto ai problemi della Telecom, sono nati dieci anni fa, e forse anche lei ricorderà che mi trovavo allora nella stessa responsabilità in cui mi trovo oggi, e che cercai di difendere con tutte le mie forze e con quelle di tutta l’azienda la scalata a debito che ne ha poi minato redditività, sviluppo e prospettive. Senza la scalata a debito, oggi forse il Paese sarebbe meglio attrezzato sul piano infrastrutturale, meno diviso culturalmente e in termini di distribuzione delle opportunità. L’Italia ha sempre avuto primati e posizioni di grande rilievo nel settore delle telecomunicazioni a livello internazionale, dall’invenzione del telefono allo sviluppo dei cellulari come strumento moderno e personale per tutti, solo per citare le cose più note al grande pubblico, fino alla posa della fibra ottica. Su alcune cose invece ha torto. Siamo fortemente convinti che occorra dare un impulso allo sviluppo dell’informatica sia pubblica che personale. Ma noi non vendiamo computer per mestiere, e la connessione oggi disponibile per accedere a Internet con un’ampia disponibilità di banda riguarda il 96% dei cittadini e la totalità delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Abbiamo anche iniziato a favorire la diffusione dei PC, ma ripeto, non è il nostro mestiere e altri dovrebbero approfittare di questo ampio mercato potenziale, primo tra tutti il settore pubblico. La gestione dei servizi per i clienti Telecom Italia e l’accesso per gli altri operatori in termini di parità di condizioni e di trattamento non è stata affrontata in nessun paese del mondo con la separazione strutturale della rete. E’ un falso mito e va detto con chiarezza. Con la nostra volontaria dichiarazione di impegni pro competitivi basati sulla struttura, questa si funzionalmente separata, di Open Access, siamo all’avanguardia in Europa su questo tema, e il Paese vedrà come il nostro impegno in questo senso, in una nuova stagione di dialogo con tutti gli interlocutori che ho personalmente voluto fortemente instaurare, porterà risultati evidenti e positivi. L’Italia ha oggi il maggior numero di clienti tra i paesi europei collegati alla rete principale ma totalmente in carico ad altri operatori. Evidentemente questo dimostra come la concorrenza sul fisso ha funzionato meglio qui che altrove. Per la questione dei licenziamenti ho già pubblicamente dichiarato che non metteremo per strada nessuno, e lo ribadisco. Telecom Italia ha molte persone con decenni di servizio in azienda, e sull’accordo sottoscritto a metà settembre con le organizzazioni sindacali per 5.000 esodi volontari in tre anni, in soli tre mesi ne sono usciti 2.000. Non abbiamo cacciato nessuno. Gli ulteriori 4.000, che purtroppo sono una necessità dovuta proprio all’introduzione delle nuove tecnologie, li gestiremo con gli stessi criteri e abbiamo molto tempo per trovare anche qui un accordo con i rappresentanti dei lavoratori ampiamente soddisfacente per tutti. Nel frattempo le garantisco che anche i manager, le strutture centrali, e tutto ciò che soffre di processi di sovrapposizione di strutture sommate e non razionalizzate nel tempo, sarà parimenti sistemato, sempre senza strappi e imposizioni, ma con il dialogo e il buon senso.
Per l’aumento del canone devo purtroppo ricordare che le aziende non vivono d’aria e di promesse. La crisi prima dei mutui subprime, poi delle banche e del credito, conseguentemente dei mercati finanziari, ci ha detto chiaramente che non si possono fare sconti alla solidità delle imprese, del loro conto economico, degli investimenti necessari allo sviluppo. Il canone non è mai aumentato dal 2002, mentre dai dati dell’Autorità delle Comunicazioni dal 1995 ad oggi i prezzi delle telecomunicazioni sono scesi del 18,1% quelli dell’energia saliti del 27,9 %, del gas del 56,7%, i servizi autostradali del 40,8%, l’acqua potabile del 91,9%, e potrei continuare. Se si chiede a Telecom Italia di tornare a guardare con attenzione alla qualità del servizio, occorrono risorse che in questi anni sono state destinate altrove. Mi permetta infine di dire a lei e al suo vasto pubblico che queste sono le mie priorità, che questo è il mio modo di lavorare, che il mio obiettivo è di fare di Telecom Italia quello che avrebbe già dovuto essere dopo 10 anni di liberalizzazione: l’asse portante della modernizzazione di questo Paese. Il resto lo lascio alla Magistratura, per ciò di cui è competente, e agli Azionisti, che stanno supportando questo sforzo anche loro non senza sacrifici. Quindi mi spiace deluderla, non venderò a nessuno, e soprattutto voglio ritirarmi a Vipiteno, o magari altrove se lei me lo consente, solo quando avrò finito il mio lavoro. E non certo alla prossima assemblea di aprile, alla quale naturalmente La aspetto con piacere.” Franco Bernabè
Ps: oggi il titolo (la scorsa settimana, ndr) Telecom Italia ha chiuso con un +4,8% a 1,12 Euro, Negli ultimi 3 mesi l’SP MIB ha perso il 23,8%, il settore delle TLC il 6,2%, noi abbiamo guadagnato l’8,56% (il titolo in in un anno ha perso circa il 45% del valore, ndr).