La scelta dell’aldilà


Per Ferragosto, un bel libro: “Manuale per una morte dignitosa” di Andrè Ruellan.

In un periodo di insicurezza, di degrado, di miseria alle porte bisogna guardare avanti. Non farsi prendere dallo sconforto e dalla rassegnazione. Far tesoro delle poche certezze che ci rimangono. Coltivarle con cura. Quale certezza è più sicura della morte? Perché trascurarla in vita? “La vita non è mai troppo lunga per imparare a lasciarla”. La Grande Consolatrice va però aiutata. Il luogo della nostra eterna permanenza va deciso in anticipo e nei minimi dettagli. La scelta dell’aldilà non ci è ancora stata sottratta dai Governi e dalle Istituzioni. Fate la vostra puntata prima del “rien ne va plus”.
“Gli aldilà sono tanti e di valore disuguale: molti di essi restano al di qua di ciò che gli si domanda, e quasi tutti implicano un’odiosa disuguaglianza tra i destini d’oltretomba. Usiamo il termine “odiosa” perché le ragioni di arrivare a un qualunque paradiso si fondano su delle convenzioni e variano a seconda della religione professata. In quest’ottica, certe disavventure sono da temere. Prendiamo, ad esempio, il caso di un cristiano che ha trascorso l’intera esistenza nella rigida osservanza del comandamento “Non uccidere“, e che, al momento della sua morte rimane vittima di un errore di orientamento e viene mandato nell’aldilà dei Vichinghi. Una volta lì, non avrà alcuna chance di entrare nel Walhalla, luogo riservato ai guerrieri, e perciò si vedrà respinto nell’Hel, che offre un soggiorno decisamente poco piacevole.
D’altro canto, invece, quando tale arbitraria disuguaglianza non esiste, ci si trova di fronte a un livellamento dei più preoccupanti: l’Aralu mesopotamico accoglie tutti i morti indistintamente, a prescindere dalle loro virtù, ma, una volta lì, essi passano il tempo a mangiar polvere e a battere i denti nell’oscurità. Vale a dire che, di primo acchito, la scelta non è facile.
Nel frattempo, però, qualora la preparazione del decesso non sia stata trascurata, si sarà comunque cercato di conoscere dei morti influenti. Questo metodo è quello che offre maggiori garanzie di sicurezza, ed è l’unica vera speranza cui possiamo appigliarci se pensiamo agli scambi di pratiche che possono verificarsi tra un ufficio e l’altro. Ciò vale in particolar modo per gli aldilà cinesi, che sono terribilmente burocratici; ma vale, altresì, per tutti gli altri, visto che, per fare un esempio, i cristiani riconoscono l’efficacia della preghiera in quest’ambito. I santi, per loro, sono dei personaggi assolutamente da frequentare se si vuole suonare la tromba anziché bruciare tra le fiamme.
Una volta prese tali precauzioni, si può iniziare seriamente a studiare le proposte delle varie religioni. Due sono gli atteggiamenti possibili: seguire alla lettera i precetti morali di una di queste e prepararsi così – con l’aiuto di un defunto eccellente – una dimora di beatitudine; oppure scegliere una religione che preveda un inferno sopportabile, il che presuppone di comportarsi in vita da porco e da selvaggio. La prima soluzione richiede forza di volontà; ciò rende l’esistenza estenuante, ma al tempo stesso l’accorcia in modo vantaggioso. La seconda, invece, è molto difficile da applicare poiché gli inferi sono stati descritti perlopiù da sadici e, in genere, non è bello finirci. Malgrado ciò, ci si potrà sempre indirizzare a un inferno transitorio, come quello del Mazdeismo o dell’Islam, anziché andare volontariamente a rischiare un inferno eterno, tipo la geena ebraica o l’inferno cristiano”.


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del 10 agosto 2008