EXPO 2015: il costruttore suona sempre una volta e mezza

L’EXPO 2015 a Milano è una colata di cemento. Anzi due colate di cemento. Un piccolo tsunami lombardo. Il 50% degli edifici infatti sarà abbattuto terminata l’esposizione. Dopo Comunione e Liberazione i lombardi avranno Costruzione, Demolizione e Ricostruzione. Il tutto nello spirito autentico dell’EXPO dedicato all’alimentare nel mondo. Infatti le imprese costruttrici potranno mangiare almeno una volta e mezzo. Rimane il senso di incredulità per la costruzione di una grande area espositiva quando Milano ne ha già molte. La stessa idea dell’esposizione universale è un concetto ottocentesco. Spostare, costruire, consumare, distruggere l’ambiente per cosa? Per trasportare e esporre quello che si può vedere in Rete seduti in salotto? E i cittadini, come sempre, sono esclusi dalle decisioni. Le società immobiliari sono invece ospiti fissi. Il professor Boatti del Politecnico di Milano spiega al blog l’EXPO 2015.

“L’Expo è il progetto di ospitare a Milano l’esposizione internazionale che si svolgerà nel 2015 che ha come tema l’alimentazione umana per tutto il pianeta. Il progetto è stato proposto su un’area che si trova al limite del comune di Milano molto vicina all’area del nuovo padiglione fieristico di Rho-Pero ed è quindi un progetto che insiste su un’area che ha problemi già oggi rilevanti di congestione della viabilità, quindi la prima cosa che si può dire sul sito è che vi è il rischio concreto che aggiungendo alla nuova fiera questa nuova struttura espositiva con le punte di traffico che ci saranno in occasione dell’esposizione, ma anche dopo se rimarranno degli insediamenti i problemi di traffico sull’area possano aggravarsi.
L’altro aspetto è l’impostazione del bando per la realizzazione del quartiere espositivo che prevede di sostituire, subito dopo l’uso, grande parte degli edifici espositivi. Questa sostituzione non è, secondo me, una scelta scontata e non è neanche detto che sia una scelta ambientalmente sostenibile, cioè costruire molte decine di edifici, uno staccato dall’altro, destinati a vivere qualche mese poi buttare tutto e fare altre cose, non mi sembra una scelta di sostenibilità ambientale…”

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del 1 giugno 2008