Malati di burocrazia terminale

La burocrazia italiana è cresciuta come un immenso ficus. Chi ne entra in contatto è soffocato dalle spire di un boa. Passo dopo passo diventa uno straccio bagnato, un pezzo di carne urlante, un pazzo che cerca vendetta. La burocrazia terminale è il vero fiore all’occhiello della nostra classe politica. Gente che non saprebbe gestire un bagno pubblico diventa sindaco, sottosegretario, ministro, assessore. Promossa fino al massimo delle sue incapacità. Mai responsabile di nulla verso il cittadino. Colui che gli paga lo stipendio. L’unica difesa è evitare ogni contatto. Ignorarla, far finta che la burocrazia non esista, che sia una pagliacciata per pagare lo stipendio a qualche milione di italiani integrati con il Sistema. Quando ciò non è possibile, come per Alessandro, ci aspetta il buco nero.
“Mi iscrivo all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) tramite il Consolato alla fine di Novembre dell’anno scorso. Agli inizi di quest’anno il Consolato mi richiama per dirmi, che dopo aver consultato il Ministero degli Esteri per casi simili al mio si sono sentiti rispondere che c’e’ bisogno di una prova della residenza e non solo l’autocertificazione. Nel mio caso la Permanent Resident Card.
Ho inviato via fax la richiesta al Consolato come da loro richiesto. Li ho richiamati per accertarmene. Mi hanno confermato la ricezione. Qualche giorno fa, esattamente il 27 di marzo, dopo il fatidico giorno 26, termine ultimo per i Consolati per dover spedire le buste per il voto, mi sento rispondere che sono si iscritto all’AIRE, ma non alle liste elettorali. Devono faxare la richiesta al mio comune di residenza in Italia. Il giorno stesso faxano la richiesta.
Il comune, che dovrebbe rispondere nelle 24 ore, non risponde. Rifaxano. Niente da fare. A questo punto chiamo io direttamente il comune. Mi indicano un altro numero di fax. Tutto sembra procedere per il meglio se non fosse che il Comune non rilascia l’autorizzazione al Consolato per farmi votare all’estero. Siamo fuori dai tempi massimi dicono.
Richiamo il Comune. Conferma la versione. Scarica la colpa sul Consolato perchè non avrebbe mandato il fax in tempo. Si scopre che oltre alla richiesta di elettorato lo stesso Consolato avrebbe per la prima volta mandato al Comune la richiesta di iscrizione all’AIRE (che appunto avevo fatto a fine novembre dell’anno precedente). Il Comune per una direttiva del Ministero degli Interni non può fare più niente. C’e’ anche una direttiva del Ministero degli Esteri che perrmetterebbe ai Comuni più di “manica larga” di accettare le richieste dell’ultimo momento.
Comprendo tutti i problemi burocratici, non comprendo però perchè il cittadino non possa godere del diritto di votare.Dovrei tornarmene in Italia, cosa che non ha senso e che è ovviamente onerosissima. Mi sono sentito un cittadino di serie B per due motivi:
– sono stato residente nel comune sbagliato. Se lo fossi stato in un altro comune forse mi avrebbe dato il permesso di votare, come ho visto succedere
– non sono uguale nei diritti agli altri italiani perche’ de facto non posso votare e magari mi sento dire che non e’ bello che non si vada a votare. Io voglio votare, non per concessione, ma per dirittto. Voglio anche scegliere di non votare, ma la busta per votare mi deve arrivare a casa, altrimenti non mi sento trattato come un cittadino.” Alessandro Calia, Devon, Pennsylvania

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