La corda che si spezza


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Nel 2008 la crescita della produzione in Italia è stimata in 0,5%. Solo qualche mese fa si scommetteva sull’unoequalcosa%. Finirà sotto lo 0%. Una possibile stima è di MENO 0,5%. Ci sarà una recessione dura, ma all’italiana. Il calo della produzione equivale a un calo dell’occupazione. Una recessione si traduce in centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno. In Italia l’occupazione invece salirà e scenderanno gli stipendi. E’ il trend degli ultimi anni.
Come funziona? Si trasforma un lavoratore dipendente in precario. Un terzo dello stipendio di prima, addio alla pensione e nessuna sicurezza (che costa) sul lavoro. L’equazione è semplice. Più recessione = meno stipendio, più precari (e quindi più occupazione) e più caduti sul lavoro. Il numero di precari è arrivato a circa cinque milioni, c’è spazio per migliorare. L’intera popolazione italiana. L’abolizione dell’articolo 18 di cui si discute è, in fondo, un aiuto alla crescita del precariato e dell’occupazione. E anche dei morti di fame. La recessione è mondiale, ma la coppa del mondo l’abbiamo già vinta noi. Stime di crescita in Europa e dintorni per il 2008: Slovacchia 7,4%, Russia 7,0%, Ucraina 6,4%, Polonia 5,3%, Repubblica Ceca 4,8%, Turchia 4,6%, Norvegia 3,4%, Irlanda 3,2%, Grecia 3,1%, Svezia 2,5%, Olanda 2,3%, Ungheria 2,2, Belgio 1,9%, UK-Germania 1,7%, Francia-Danimarca-Portogallo 1,6% (*).
Siamo gli ultimi degli ultimi, ma proposte reali per il rilancio del Paese non ci sono. Il motivo è semplice: per cambiare vanno travolti gli equilibri sui quali si regge il Sistema. Che da solo non si riformerà mai. Quanti sono rimasti a produrre reale ricchezza in Italia? Quanti sono i parassiti? I primi diminuiscono, i secondi aumentano a vista d’occhio insieme ai precari, ai nuovi poveri, al debito pubblico. Prima dell’euro si svalutava la lira, oggi si indebita, con allegria, la Nazione con nuove emissioni di titoli di Stato.
I problemi economici del Paese, per esempio l’Alitalia, si risolvono indebitandolo. Ma la corda si spezzerà. Nel 2008 pagheremo circa 70 miliardi di euro di interessi sui titoli emessi. Circa quattro finanziarie, belin. Nel 2009 gli interessi saranno di più, per tre motivi. Il primo è che l’Italia è considerata a rischio e per competere con i titoli di Stato degli altri Paesi deve garantire interessi più alti. Il secondo è che il debito pubblico aumenta. Il terzo è che la nostra produzione sta calando. Alla catastrofe, ma con ottimismo.
(*) Fonte: Consensus Economics

Esempio di giornalismo:
La Repubblica (più di 16 milioni di euro di contributi pubblici annui al gruppo L’Espresso) dopo il V2-day riporta: “In 50mila allo show di Grillo” e un articolo di Francesco Merlo

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La Repubblica per il primo maggio 2007: “Piazza san Carlo dove hanno parlato i leader sindacali davanti a 100mila persone

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