Il mercato

foto di Guano
Il mercato è il nuovo riferimento ideologico dei nostri dipendenti. Chiude un’azienda? E’ la legge del mercato. Qualche centinaio di famiglie viene messo in mezzo a un strada? E’ il mercato. Una società fondamentale per l’Italia come Telecom è depredata e venduta all’asta? E’ il mercato. Le Autostrade aumentano i pedaggi, non fanno i lavori stradali e distribuiscono i dividendi? E’ il mercato.
Nessuno può opporsi al mercato, sarebbe contro il liberismo, contro la Boninochefalaspesa, contro Prodidagliocchichiusi. Contro la Comunità Europea che è sempre dalla parte del mercato, mai dei cittadini. Il mercato è la nuova divinità da celebrare con la Santa Pasqua. Un santino della Findomestic o dello psiconano nel portafoglio. Un dio senza ‘competitor’. Se Cristo ha dovuto risorgere, il mercato non è mai morto.
Una discussione sull’acqua, sull’energia, sull’elettricità, sull’edilizia si spegne con la parola magica: mercato. Un’entità superiore che opera con regole sue, insondabili, ma giuste a priori, da non discutere. Vi ricordate gli applausi di Bertinotti e Fassino al tronchetto? Era il mercato. E tutti i fan di Coppola, Ricucci, Gnutti, Fiorani, Tanzi e Fazio della casa circondariale della libertà? Era il mercato. E l’indifferenza verso la condanna per bancarotta a Geronzi? E’ sempre il mercato. E la permanenza di Buora in Telecom dopo lo scandalo dello spionaggio? E’ ancora il mercato. Ma anche le intercettazioni erano (sono?) un mercato.
Se il mercato con le sue scatole cinesi, il suo capitalismo straccione, i conflitti di interessi, la sua totale mancanza di regole, decide delle nostre vite. Se questo è vero, ed è vero, i nostri dipendenti non servono a nulla. Si possono fare assumere direttamente dalle concessionarie statali, dalle industrie assistite, dalle holding dei vampiri moderni. O forse sono già assunti? Il Parlamento, giusto per specularci un po’, si potrebbe quotare in Borsa.