La Consob, Di Pietro e la share action

foto di Razor
Ricevo una lettera da Antonio Di Pietro che ha ricevuto dalla Consob una lettera informativa su di me e sulla share action. Non pensavo di essere così importante. Alla lettera della Consob risponderò nei prossimi giorni sul blog.
Ah, mi raccomando: tutti a Rozzano il 16 aprile!
Caro Beppe,
come sai ho deciso di aderire alla tua iniziativa volta a dar voce ai piccoli azionisti di Telecom. Una battaglia molto importante in quanto emblematica: se avesse successo potrebbe essere replicata per ogni azienda presente in Borsa ed introdurre nella nostra economia principi di vera rappresentanza. La mia adesione ha provocato una immediata reazione da parte della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) con una lettera a firma del suo presidente Lamberto Cardia che allego. La comunicazione mi mette in guardia sulla non liceità della tua iniziativa. A questo toccherà a te rispondere, se lo vorrai.
Io, anche attraverso il tuo blog, voglio dire alla Consob che una sua così puntuale attenzione andrebbe estesa ai conflitti di interesse che in Borsa sono la consuetudine. Come si possono altrimenti definire le presenze degli stessi consiglieri in società clienti e fornitrici, in società di controllo e controllate? Il meccanismo delle scatole cinesi va smontato, quella diavoleria che consente di controllare grandi aziende con un pacchetto di azioni irrisorio e a Olimpia di nominare la maggioranza dei consiglieri di amministrazione di Telecom pur disponendo del solo 18% delle azioni. Infine, la rappresentanza dei piccoli azionisti va facilitata e l’Italia dei Valori presenterà per questo un suo disegno di legge. Le regole attuali la rendono di fatto impraticabile.
L’assemblea del 16 aprile di Telecom vedrà, forse per la prima volta in Italia, la presenza dell’azionariato popolare. Una manifestazione di democrazia che spero introduca finalmente il tema industriale, fino ad oggi trascurato, per la più grande impresa del Paese. Con Telecom è in gioco parte del futuro dell’Italia, ma purtroppo si parla solo di Olimpia e della sua necessità di fare cassa. Una storia che dura da mesi e che destabilizza la società. Prima si è cercato di vendere Tim, poi Tim Brasil infine è stata lanciata un’asta destinata al miglior offerente nell’indifferenza degli interessi del Paese. L’infrastruttura di rete va separata dai servizi, chi la compra deve ottenere una nuova autorizzazione dello Stato, che deve prima valutare i presupposti, e i voti si devono poter finalmente contare, non pesare”.
Antonio Di Pietro.

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del 9 Aprile 2007