La mia droga si chiama Tamara

Ricevo e pubblico una drammatica lettera.

Egregio signor Grillo,
Le scrivo in quanto so che lei è sensibile ai problemi degli animali a quattro e due zampe. Mi chiamo Tamara e sono una bufala campana. Già da tempo avevo notato uno strano sapore nei mangimi, e anomale reazioni digestive nelle mie colleghe. La mia amica bufala Sofronia , ad esempio, dopo ogni pasto, produce trecento litri di latte cantando ‘Ricominciamo’ di Pappalardo. La bufala Camilla arrotola l’erba medica formando spinelli di un metro e mezzo di lunghezza. La bufala Armida si è fatta tatuare su una coscia una foglia di marijuana e sull’altra un ritratto di Gasparri. Per ultima la bufala Mary, in un crisi di astinenza, ha mangiato un contenitore di plastica e ha sparato fuori, al posto del latte, più di seicento mozzarelle imbustate, con relativa data di scadenza.
Totò o’pushero, il nostro allevatore, ha detto che non è vero, che c’erano soltanto piccole dosi di hashish nel fieno, ma sappiate che siamo drogate da anni. Alcune di noi, di notte, vanno a cercare stramonio e funghi allucinogeni nei pascoli. Altre guardano Bonolis. La nostra vita è devastata.
Ma oltre al danno, la beffa. Ho letto sui giornali la rivelazione che un politico italiano su tre consuma droga. Ebbene subito deputati e senatori si sono affrettati a dire che è colpa nostra. Che essendo notoriamente questo un parlamento di abbuffoni, tutti dopo la seduta correvano a ingozzarsi di mozzarella di bufala nei ristoranti romani, e questo li ha inconsapevolmente drogati.
Ebbene no. Basta guardarli. Osservate gli occhi sbarrati di Calderoli, il tremito del baffo di D’Alema, l’occhio pendulo di Bondi, il labbro tremante di Gasparri, i tic di Cicchitto, l’ipereccitabilità di Rutelli, la narcosi di Fini, il biascicamento di Prodi, lo sguardo non più umano di Silvio.
Qua non c’entra la mozzarella. Qua non siamo nella modica quantità. Non sappiamo che mostruosi tipi di droghe circolano nel parlamento italiano, ma noi non c’entriamo.
E se vi dicono che non è vero, è una bufala”.
Testo di Stefano Benni, il lupo.