Giornalisti OGM: Riotta

Qualcuno si ricorda ancora di me. E’ Riotta in uno dei suoi imperdibili editoriali dal titolo: “Il vero pericolo per gli italiani: non essere capaci di uscire dal coro”. Di cui lui non fa parte. Così scrive: “Grillo … quando vi assicura che la ricerca genetica vi ammazzerà seduta stante è un conformista della più bell’acqua, parla di cose di cui poco sa e fa un danno ai poveri che di quella ricerca han bisogno”. Prima di leggere il mio articolo ripetete con me: “Riotta non è un conformista, Riotta è un giornalista – Riotta non è un conformista, Riotta è un giornalista”.
“Cos’é un organismo transgenico? E’ un nuovo tipo di essere vivente creato dagli ingegneri molecolari incorporando con una forte scarica elettrica i geni di una specie, cioè alcune molecole, dentro le molecole del genoma di una cellula riproduttiva di un’altra specie. Nei rarissimi casi in cui il trapianto ha successo, si crea un organismo transgenico. Questa tecnica viene usata per trapiantare i geni anche tra specie molto diverse, per esempio da un merluzzo a un pomodoro. Se invece si vogliono mescolare i geni di due animali molto simili come un cavallo e un’asina, non occorre l’ingegneria genetica; basta favorire la copulazione tra i due animali, al resto pensa la natura.
Se io però avvicino, anche molto, un merluzzo a un pomodoro, difficilmente la natura li indurrà ad accoppiarsi. Ma gli ingegneri molecolari sì. Lo hanno fatto sperando di rendere il pomodoro resistente al gelo con una sostanza presente nel sangue del merluzzo. Negli USA, per esempio, hanno creato il pecoragno, un pecora che produce seta. Hanno prelevato da un ragno il gene per la seta e lo hanno incastrato nel genoma di una pecora. Forse con una piccola modifica si potrà un giorno fargli fare anche le uova, magari già sode. La seta pecoreccia si munge dalle mammelle del pecoragno: servirà all’esercito statunitense per i giubbotti antiproiettile.
Non esistono limiti alla fantasia degli ingegneri genetici, se non l’incapacità di sopravvivere della maggioranza degli organismi transgenici. Per questo motivo è più giusto parlare di manipolazioni che non di modificazioni genetiche. Hanno incastrato geni di batteri nelle piante, geni umani in maiali e topi, geni di pesci nelle fragole.
Anni fa il marketing delle multinazionali della genetica escogitò una trovata pubblicitaria che suonava così: Da sempre l’uomo crea specie nuove: ha creato il mulo dall’asino e dal cavallo; ha creato le odierne specie dei cani; ha creato le odierne rose; ha creato gli ibridi del mais. Gli ingegneri genetici fanno la stessa cosa che gli antichi agricoltori e gli antichi allevatori. Continuano quest’opera di miglioramento della natura, aiutandola a creare nuove specie dove essa non arriva da sola.
Questo argomento pubblicitario, secondo cui un mulo e un pecoragno sarebbero egualmente “innaturali”, ha talmente coperto di ridicolo le multinazionali che le azioni di molte di loro hanno perso valore. Secondo i sondaggi, la grande maggioranza degli europei non hanno fiducia nei cibi transgenici di queste aziende e tendono a non credergli, anche quando dicono la verità. In Gran Bretagna, per esempio, i giornalisti hanno spiegato bene la differenza tra un mulo e un pecoragno e la necessità di diffidare della propaganda commerciale. In Italia invece molti dei maggiori quotidiani fanno campagna per creare accettanza ai cibi transgenici con argomenti che gli stessi pubblicitari delle multinazionali hanno abbandonato perchè controproducenti.
L’esempio migliore che ho trovato, finora ineguagliato, è un editoriale su La Stampa di qualche anno fa (Gianni Riotta, “Il nostro pane quotidiano”, 17.7.2000) (i punti esclamativi sono miei):
“I nostri alpini durante la ritirata di Russia si nutrirono a malincuore dei carissimi muli, caduti stremati. Era carne transgenica (!), ottenuta artificialmente (!) accoppiando un asino a una cavalla. Il mulo è un animale il cui DNA ibrido è identico (!) a quello che gli scienziati creano in laboratorio tra tanta paura. Nessun alpino soffrì per il cibo transgenico (!), molti ne ebbero salva la vita.” (…) “… i cani e i gatti che amiamo, le specie di ovini, bovini e suini che proteggiamo con cura non sono naturali (!). Sono ibridi, innestati, selezionati, da antichi ingegneri genetici (!) che si chiamavano contadini e pastori.”
Una delle missioni del giornalista è fare chiarezza sulle cose complesse. Quando invece semina confusione, siamo di fronte a un giornalista mutante. Definire “cibo transgenico” la carne di mulo e “ingegneri genetici” gli antichi contadini e pastori è una tale sciocchezza, che non salverebbe uno scolaro da un cattivo voto. Definire non naturali gli ovini e suini ottenuti facendo copulare diverse varietà è inoltre socialmente pericoloso. Non naturale sarebbe allora anche il figlio mulatto di un piemontese e di una nigeriana.
Il giornalista mutante attribuisce la diffidenza verso i cibi transgenici alla “paura” (tre volte), alla “irrazionalità” (due volte) e alla “fobia”, forse senza rendersi conto che è proprio la confusione che favorisce l’irrazionalità. Il giornalista mutante definisce poi innocui i cibi transgenici e assicura che ridurranno l’uso dei pesticidi e sfameranno il mondo. Le stesse multinazionali dei cibi transgenici ammettono invece che nessuno – nemmeno loro – può ora accertare se una pianta o un cibo transgenico saranno davvero innocui in tempi medi o lunghi. Il giornalista mutante, sembra invece essere l’unico a saperlo.
Le due promesse dell’ingegneria genetica, “meno pesticidi” e “più cibi per gli affamati“, sono già state smontate da biologi e agronomi. Le stesse multinazionali sono ora più prudenti con questi argomenti. Se un propagandista delle multinazionali dell’ingegneria genetica scrivesse ora nei suoi comunicati stampa che quella di mulo è “carne transgenica”, probabilmente verrebbe licenziato e citato per danni. Invece Riotta continua a fare il giornalista anche se modificato geneticamente”.