Parole, parole, parole…

Pubblico questa letteradi Norberto Lenzi, giudice di Bologna.

“Abbiamo appreso dalla politica che esistono gli uomini del dire e gli uomini del fare. Ce lo ha spiegato Berlusconi, che si è iscritto di diritto a quest’ultima categoria, senza nemmeno dirci se ce ne sono altri.
Anche in magistratura era lo stesso. Solo che oggi gli uomini del fare sono stati costretti alla inattività, mentre rimane campo libero agli uomini del dire.

Le pagine dei giornali sono piene delle “dirompenti” esternazioni di Pietro Grasso, il nuovo procuratore antimafia. Ma (a parte il fatto che Grasso non avrebbe dovuto essere lì perché, dopo tutto quanto era stato fatto contro Caselli, tutti i colleghi, per solidarietà e per dignità, avrebbero dovuto ritirare le loro domande) che cosa ha detto?

Che la latitanza di Provenzano è stata facilitata da sostegni nella politica, nell’imprenditoria e nelle forze dell’ordine.
Ma che vi sia stata collusione tra mafia, politica, massoneria e finanza è storicamente accertato e considerato politicamente corretto ammetterlo anche al Rotary.

Il problema è un altro: sono i nomi. Se ne fai uno grosso, o anche soltanto medio, si scatena un putiferio.
Ho sentito alcune volte Grasso parlare nei convegni di questi problemi. Lo ha fatto con parole energiche, con toni violenti. Cose che se le avesse dette Caselli sarebbe stato incaprettato. Per Grasso nessuna reazione. Ci sarà un perché.

Il fumo della genericità è come una scarica a salve. Avete mai sentito Grasso fare un nome? Avete mai sentito il suo predecessore Piero Vigna, pur grande chiacchierone, pronunciare la parola “Andreotti” durante i lunghi anni di un processo in cui si parlava di mafia, la sua materia?

C’è una evidente continuità nelle istituzioni, per cui si può dire, parafrasando Dante, che oggi ha tolto l’uno all’altro Piero la gloria della mafia, ma che, purtroppo, non sembra nato chi “l’uno e l’altro caccerà di nido”.
Perché allora queste reazioni allarmate al solito discorso di Grasso?

Non c’è nulla da temere. Alla richiesta di fare i nomi lui ha risposto che li aveva già fatti e li ha coraggiosamente elencati: il sindaco di Villabate, che ha procurato un falso documento a Provenzano, un carabiniere che è diventato assessore e un maresciallo della Guardia di Finanza che faceva la talpa. Dirompente?

Se fossero stati questi gli ominicchi che dovevano proteggergli la latitanza Provenzano sarebbe da tempo in galera.
Per cui, signori della politica e della finanza, state tranquilli perché, come direbbe Celentano, Grasso è lento. E’ Caselli che è rock!”