Economia del kamikaze

Al Qaeda è un’azienda in franchising, un modello di distribuzione a basso investimento e grandi ritorni. Chi vuole usa il suo brand e ne replica i comportamenti. Un kamikaze costa poco: la sua vita, un breve addestramento, dell’esplosivo.
Il ROI, o Ritorno dell’Investimento, è molto interessante, come direbbe un manager: centinaia di morti, paralisi delle città, psicosi della paura, diffusione dell’immagine. Il tutto con due lire.
E i dividendi? Quelli li intascano, insieme ad Al Qaeda, i produttori di armi, le compagnie petrolifere, Bush, Berlusconi, Blair…

Un economista statunitense Lawrence Iannaccone dice che il mercato degli attentati suicidi è alimentato dalla domanda delle società e non dall’offerta.
L’offerta dei kamikaze è inesauribile finché c’è una richiesta da parte di popolazioni che non vedono altri mezzi per ottenere i propri diritti. Bisogna quindi agire sulla domanda, promuovere giustizia e democrazia in tutto il mondo, e non ricorrere a sistemi illegali come la tortura che contribuiscono ad ingrossare le file dei terroristi.

Io voglio dire che non c’entro. Voglio tirarmi fuori da questa guerra di marketing e di economia applicata al terrore.

Basta!
Basta con i “portatori di pace”!
Basta con la tutela degli interessi delle compagnie petrolifere!
Basta con l’introduzione del modello occidentale, globalista, consumistico nei Paesi musulmani!
Basta con la delega data a incapaci per la costruzione del nostro futuro!
Basta con la continua limitazione delle nostre libertà a causa di questa situazione, con il controllo di telefonate, email, file.
Basta con le dichiarazioni di circostanza del c..o dei nostri politici.
Basta con il ritiro a sei mesi dall’Iraq, o l’anno prossimo, o quando vogliono loro. Ma loro chi? Chi rappresentano realmente oggi i nostri politici?