Un ricordo di Fabrizio De Andrè

Fabrizio è stato un mio grande amico.
Mi fa piacere ritrovare talvolta nei commenti di questo blog i versi delle sue canzoni.

Fabrizio vedeva lontano. Riporto alcuni suoi testi trascritti dagli originali che allego al post e che pubblico per gentile concessione di Dori Ghezzi e della Fondazione De Andrè.

Quello che ha scritto all’inizio degli anni ‘90 è accaduto, sta accadendo ora.
Ciao Fabrizio.

Globalizzazione:

Penso che la competizione economica est/ovest durerà ancora per molto, almeno fino a quando gli asiatici non si ribelleranno ai loro regimi autoritari e si organizzeranno in sindacati in difesa di una vita degna di essere vissuta dove vale la regola del «produrre per vivere» e non quella del «vivere per produrre»: quando riusciranno ad ottenere delle paghe equiparabili a quelle europee, il costo dei loro prodotti aumenterà e l’Occidente rialzerà la testa. Fino ad allora gli Occidentali devono convincersi che diventeranno più poveri e quelli che lo sono già, che sono abituati ad aiutarsi, saranno sicuramente privilegiati.

FMI:

E’ tutto normale.
Non per niente la logica del profitto prevede che ci siano dei ricchi che vivono sulle spalle dei poveri.
Voglio dire che senza poveri i ricchi non potrebbero esistere.
Il Fondo Monetario Internazionale presta i soldi con la tecnica della mafia: alti interessi con consapevolezza della impossibilità di restituzione.

Recessione:

Se il sistema capitalista senza ormai più lacci inibitori di carattere politico-ideologico continuerà a far lievitare i capitali dei «pochi» a scapito dei molti, s’avrà inevitabilmente fra pochi anni la «recessione» non potendo più i «molti» acquistare i «beni» di cui i «pochi» approfittano. Immediati effetti della recessione: disoccupazione, disordini, rischio di guerra civile, emergere dei demagoghi con ricerca del capro espiatorio; che siano di nuovo gli ebrei?
Da ricordare che già adesso, mancato ormai il tradizionale nemico comunista, i benpensanti piccolo borghesi ne stanno trovando uno nuovo nella «libertà di espressione» riducendo (in America) la grande letteratura di Shakespeare ad un cumulo di libracci immorali.
E in proposito di USA il settimanale New Republic così li definisce: «Il Paese sembra ridotto a “un rotocalco cafone”».

Testo autografo sulla Globalizzazione

Testo autografo sulla FMI

Testo autografo sulla Recessione