Chi attacca l’Italia sbaglia: Les Echos, con un editoriale, difende la Manovra del Popolo

Traduzione dell’editoriale di Edouard Tétreau pubblicato sul quotidiano francese Les Echos

“Sono pazzi questi romani”. L’antifona giocosa di Asterix e Obelix, di fronte alle legioni di Cesare che vogliono scontrarsi con il villaggio degli irriducibili galli, prende una nuova piega nel 2018.

Da Parigi a Berlino passando per Francoforte e Bruxelles, non si trovano che dei giudizi abbastanza duri per sgridare l’Italia dopo la nascita di un governo non conforme alle attese degli europei virtuosi. È vero che l’accoppiamento barocco della Lega Nord e del MoVimento 5 Stelle, che ha portato Matteo Salvini e Luigi Di Maio al potere in giugno, non dovrebbe durare aldilà dell’esperienza di vita media dal 1946 di un governo italiano, ossia 360 giorni.

Questa è apparentemente la scommessa che fanno la Francia, la Germania, la Commissione di Bruxelles e la BCE. Le pressioni diplomatiche si alternano agli attacchi verbali a ripetizione e talvolta scadono semplicemente nell’insulto. Bruxelles ha deciso di aprire il fuoco tecnocratico e di colpire al portafoglio. Là dove può fare molto male a un Paese che ci assomiglia tanto, per quanto riguarda il debito pubblico eccessivo, la crescita fiacca e la disoccupazione strutturale elevata, specialmente presso i giovani. Il 37% degli italiani che ha meno di 35 anni è senza lavoro.

La sentenza del Commissario agli Affari Economici è arrivata il 18 ottobre: sforamento del budget “senza precedenti nella storia del patto di stabilità e di crescita”. Cavoli. L’affare è sufficientemente grave da spingere la Commissione a respingere il budget 2019 dell’Italia. Gli scansafatiche sono pregati di rinviare una nuova versione, altrimenti ci sarà una sanzione disciplinare – così si chiama una procedura per deficit eccessivo.

Attacco in regola sui mercati

Alla fine del sentiero, la Commissione potrebbe infliggere a questi cattivi studenti una ammenda che arrivi fino al 0.2% del PIL, e cioè 3,2 miliardi di euro. Messaggio ricevuto dagli investitori mondiali in obbligazioni, che portano avanti da quest’estate un attacco in piena regola contro la firma dello Stato italiano. Si vorrebbe scientificamente provocare una nuova crisi dell’euro che non lo si prenderebbe diversamente.

Chi sono i pazzi e i virtuosi in questa vicenda stupefacente, dove le principali istituzioni dell’Europa sembrano decise a fare piegare il più velocemente possibile un governo nato da un voto democratico, a priori non manipolato dalle potenze straniere? L’Italia, questo paese e questo popolo che ci assomiglia tanto e con il quale noi abbiamo una storia comune di 2000 anni, è stato pertanto lasciato solo di fronte ai flagelli che gli ha inflitto la storia recente e la sua geografia, dai terremoti (700 morti dal 2000), la lebbra mafiosa e, cambiando registro, i 750.000 migranti arenati sulle sue coste dal 2011.

Che abbiamo fatto noi durante tutti questi anni per l’Italia? Niente o pochissimo. È questa una ragione sufficiente per farsi perdonare e infliggergli delle lezioni europee di ortodossia economica e fiscale, respingendone alla sua frontiera i migranti che non volevamo?

Punti in comune con la Francia

Guardiamo un po’ più da vicino il bilancio spaventoso che l’Italia si è data per il 2019. Un deficit al 2,4% del PIL? Una gran storia: il deficit francese sarà del 2,6% alla fine del 2018. Sempre meglio del 4,3% prodotto dal Ministro delle Finanze Pierre Moscovici nel 2013.

Secondo scandalo: un’età di pensionamento che scenderebbe a 62 anni. Vergogna ai pigri? Si tratta tuttavia dell’età legale di pensionamento in Francia, la quale non si comprende perché, nel 2018, non è stata elevata a 65 o 67 anni sul modello della Germania e della Gran Bretagna.

Terzo casus belli: un reddito universale per i disoccupati di 780 euro al mese. Quale orrore: 229 euro di più del RSA francese per una persona sola e senza bambini – ma 46 euro di meno del RSA per una persona con bambino a carico.

Infine, indignazione suprema: la riforma fiscale del governo Conte propone di semplificare e abbassare l’imposta sulle società e gli individui, ha 2 fasce del 15 e 20%. Questo non è effettivamente molto furbo in un paese dove lo Stato è così povero e i patrimoni privati così elevati, e di cui l’evasione delle imposte è uno sport nazionale. Ma la Francia, campione del mondo per i prelievi obbligatori è credibile su questa lezione fiscale? E il presidente della Commissione europea, primo ministro per 18 anni di uno dei peggiori paradisi fiscali dell’Unione europea, può senza ridere mostrare una qualsiasi virtù in questo campo?

L’Italia, paese pilastro della costruzione europea dal trattato di Roma, non merita questi insulti e una messa al bando della comunità internazionale, con la scusa che i suoi probabili effimeri leader del momento sarebbero meno presentabili dei governi tecnocrati di Renzi, Monti e Letta, che hanno fallito nelle urne così come nei loro tentativi di risollevare l’economia del paese.

Senza voler gettare l’Italia nelle braccia dei veri fascisti – visto che la Lega Nord di Umberto Bossi non è il MSI di Giorgio Almirante – o nel campo di Vladimir Putin, è venuto il momento di andare non sul ponte di Arcole, o di Canossa, ma a Roma. Per ristabilire e rinforzare dei legami evidenti tra i nostri due paesi, in vista di reinventare una Unione europea moribonda, priva di leadership morale e di vigore democratico. Altrimenti, né l’Europa né evidentemente l’euro sopravviverebbero a una tale lacerazione.