Con il #DecretoDignità il popolo italiano è tornato sovrano

estratto dell’intervento di Luigi Di Maio in Aula alla Camera durante la discussione generale del Decreto Dignità

Vorrei innanzitutto esprimere grande soddisazione per il risultato che abbiamo raggiunto oggi. Il provvedimento che giunge in Aula oggi, così come è stato descritto poco fa dai relatori, è frutto di un lavoro condiviso del governo e delle commissioni parlamentari. Quello che arriva qui oggi è un Decreto Dignità 2.0, migliorato rispetto a quello approvato dal Consiglio dei Ministri qualche settimana fa. Questo provvedimento è nato sotto forma di Decreto Legge perchè ad avviso di questo governo erano e sono urgenti le necessità e i bisogni dei cittadini che va a soddisfare.

Urgente è la necessità di porre un freno al precariato dilagante. Negli ultimi anni i governi che si sono succeduti sono andati in una direzione completamente opposta, agitando il mito della flessibilità e lo spauracchio della rigidità. L’unico risultato che è stato raggiunto è stato quello dell’azzeramento dei diritti dei lavoratori e dei loro portafogli. Noi siamo convinti che tanti dei drammi che stanno vivendo gli italiani al di fuori di questo palazzo siano strettamente collegati alle diffuse condizioni di precarietà in cui vivono ormai milioni di persone. Il calo delle nascite, il calo dei consumi, l’aumento allarmante dell’uso degli antidepressivi.

Come si può metter su famiglia e mettere al mondo un figlio quando il tuo orizzonte lavorativo è di 12 mesi? Come si può accendere un mutuo per una casa quando non sai se il prossimo mese il tuo contratto sarà rinnovato? Come si può in definitiva vivere sereni sapendo che puoi essere licenziato da un giorno all’altro, anche ingiustamente e con indennizzi pressoché ridicoli? Queste sono le domande che tante persone che ho incontrato in questi anni di attività istituzionali mi hanno posto e a cui finalmente diamo una prima risposta con le misure che da oggi discuterete in quest’aula. Il Parlamento dovrà dire se è giusto che ci debba essere un limite all’abuso della reiterazione dei contratti a termine, così come suggerisce anche la direttiva europea 99/70 che condanna questa pratica. Sarà il Parlamento a decidere se è giusto o meno incentivare il contratto a tempo indeterminato rispetto a quello determinato o in somministrazione. Il Parlamento dovrà stabilire se i lavoratori illecitamente licenziati abbiano diritto a un cospicuo indennizzo o meno.

Eliminare i diritti di chi lavora, secondo certe teorie oggi in voga e a cui tanti si sono appassionati anche qui nel nostro Paese, sarebbe la panacea di tutti i mali per il trionfo della concorrenza, della ricchezza e del libero mercato. I fatti hanno dimostrato chiaramente che non è così. Questo governo fa un’inversione a U su questo campo. Da oggi i diritti di chi lavora non si toccano più. Saranno anzi protetti e aumenteranno perché siamo convinti che solo in questo modo si sentiranno persone libere e potranno dare il meglio per il bene della comunità.

Quando parlo dei diritti di chi lavora non intendo solo i dipendenti, mi riferisco in generale a chi si spacca la schiena ogni giorno per portare a casa il pane. All’interno di questa definizione considero anche tutti gli imprenditori italiani, in particolare quell’oltre 90% di piccoli e piccolissimi imprenditori che spesso sono tutelati ancora meno dei loro dipendenti e che lo Stato ha troppo spesso trattato come cittadini di serie B.

È chiaro che la domanda interna per i loro prodotti aumenterà nel momento in cui i loro dipendenti potranno avere la serenità per fare acquisti. Quindi eliminare il precariato, piuttosto che i diritti, a dispetto di ciò che gli è stato raccontato in questi anni, gioverà anche a loro. Ovviamente non è questa l’unica misura prevista per loro nel Decreto Dignità. La ricchezza più grande che abbiamo come impresa italiana è il nostro “know how“, la capacità di saper fare certe cose come nessun altro al mondo.

È chiaro che quando si lascia campo libero alle multinazionali di poter venire nel nostro Paese, di poter comprare le aziende per un tozzo di pane e di poter delocalizzare depredando proprio questo tesoro di conoscenze e competenze, non si sta facendo un buon servizio agli imprenditori italiani. Quindi anche a questa pratica selvaggia abbiamo dato una stretta sancendo il fatto che chi viene aiutato dallo Stato con soldi pubblici non può delocalizzare, o meglio può farlo ma restituendo quanto ha ricevuto con gli interessi se va in un altro Paese della UE e pagando anche delle sanzioni se delocalizza in altri Stati. La stretta alle delocalizzazioni selvagge è una protezione per gli imprenditori onesti e una dura sanzione per i “prenditori“.

Tuteliamo i diritti degli imprenditori anche quando eliminiamo la burocrazia inutile e cervellotica che sono costretti a subire. Il principio è semplice: gli imprenditori hanno il diritto di fare impresa. Lasciamoli in pace e facciamoglielo fare con il massimo comfort possibile. E allora via lo spesometro e via il redditometro, almeno per iniziare. E via anche lo split payment per le partite IVA. Basta compilare scartoffie e dover sempre dimostrare di essere onesti. Per me sono onesti fino a prova contraria. Anche questo significa restituire dignità alle persone. In quest’Aula dovrete decidere se sancire questi principi sacrosanti o se è meglio lasciare tutto com’è.

In ultimo, anche se non certo come importanza, abbiamo deciso di intervenire con fermezza per tamponare una piaga che sta infettando milioni di italiani: la piaga dell’azzardopatia. Ci sono ormai troppe famiglie che sono state distrutte a causa del gioco d’azzardo. Tra slot online, slot sotto casa, la truffa semantica del gratta e vinci i miliardi che vanno nelle casse di queste società anziché nelle tasche di commercianti e artigiani sono diventati davvero troppi. Secondo una ricerca della Caritas di Roma i primi contatti con il gioco d’azzardo (soprattutto tra gli adolescenti) arrivano per l’80% dalla pubblicità in tv e per il 60% da quella su Internet.

È chiaro che se un ragazzino vede il suo idolo calcistico che incentiva quel comportamento penserà che è una cosa bella e lo imiterà. Questo non deve più succedere. Qualsiasi forma di pubblicità al gioco d’azzardo in Italia è morta e sepolta, esattamente come è stato fatto per le sigarette. Questa norma, oltre alla dignità, decreta anche civiltà. Potremo dirci orgogliosi di essere il primo Paese europeo a fare questa scelta di campo pionieristica. E mi batterò personalmente in sede di Unione Europea per estendere questo impianto di legge anche agli altri Paesi europei.

Le lobby del gioco d’azzardo che possono contare su fondi immensi si sono opposte, hanno fatto di tutto per evitare che arrivassimo fino a qui, ma non ci sono riusciti. In passato quando si toccavano questi temi, improvvisamente succedeva qualcosa nelle commissioni che inceppava e bloccava tutto e poi si rimandava all’infinito, cioè non si faceva mai. Non c’è stato nessuno spiraglio per gli interessi delle lobby, ma solo porte aperte per gli interessi dei cittadini. Questo è sintomo di forza e di compattezza e per questo ringrazio tutti i parlamentari della maggioranza per aver tenuto duro e mantenuto fede a quanto previsto dal contratto di governo.

Possiamo pensarla diversamente su tutto quello che c’è scritto in questo decreto, ma qui dentro non c’è nessun interesse di partito, non ci sono commi nascosti che celano qualche vergogna, non ci sono favori a nessun prenditore o a nessun banchiere, a nessun amico, a nessun parente. Questo decreto non è nato dalle pressioni del FMI, della BCE, della Commissione Europea o di qualche Paese o ente straniero. Questo decreto non ha grandi sponsor tra i media nazionali o internazionali, è anzi stato terribilmente osteggiato anche con la diffusione di informazioni false o non verificate. Questo decreto nasce solo ed esclusivamente per realizzare quanto promesso in campagna elettorale e quindi ciò di cui secondo noi hanno bisogno gli italiani. Né più né meno. E questa è Politica con la P maiuscola, quella che da troppo tempo, secondo noi, non si faceva più perchè anzichè gli interessi dei comuni cittadini, si dovevano sempre fare quelli di qualcun altro che era considerato, da chi stava qui al nostro posto, più importante del popolo italiano. Questa prassi è finita.

Quando questo decreto sarà definitivamente approvato potremo dire che è il popolo che rinizia a esercitare la sua sovranità, come stabilisce la Costituzione. Sovranità è una bella parola! Oggi posiamo la prima pietra di una nuova Italia che mette al centro il cittadino e i suoi diritti. E questo è solo l’inizio. Grazie a tutti!